Già proprietari di Volvo, i cinesi di Geely puntano a controllare anche Mercedes. Per accedere alle tecnologie dell'auto elettrica
LUPUS IN FABULA Geely-Daimler, la vicenda potrebbe essere giunta a un punto di svolta. In questi giorni, sostiene la stampa locale, le autorità tedesche si pronunceranno in merito alla leicità della aggressiva campagna di acquisizione da parte di Li Shufu, fondatore e uomo chiave di Geely, di un ulteriore pacchetto azionario Daimler dal valore di circa 7,5 miliardi di euro, operazione che consentirebbe al costruttore cinese di assumere il controllo del 9,7% del capitale. E di recitare così, questo il punto, il ruolo di singolo maggior investitore. In Germania, politica ed industria si interrogano: può Daimler essere in futuro governata dall'azionista di maggioranza di un competitor come Volvo? Si attendono sviluppi.
UNA FETTINA ALLA VOLTA Breve riepilogo della questione. Prima, il due percento. Oggi il nove, e così via. Presto per dirlo, tuttavia con Volvo hanno fatto sul serio, e ogni scenario è aperto. Che sulla borghesia cinese le berline deutsche esercitino un fascino magnetico, non fa più notizia. Ma che Geely potesse addirittura entrare nella proprietà di Daimler, sino a poco tempo fa sarebbe stata fanta-industria. Già, sino a qualche tempo fa. Perché laggiù non scherzano, i conti correnti sono gonfi di liquidità e una scalata a Daimler rientra in fondo nei progetti espansionistici della Repubblica Popolare. Soprattutto, nei piani di una galoppante rivoluzione elettrica.
SHOPPING ALLA CINESE Il Dragone addenta la Stella, e se in novembre Daimler oppose resistenza, rinunciando a vendere a Zhejiang Geely Holding Group uno stock di azioni collocate in forma scontata (uno share equivalente al 5% del capitale), le scorse settimane una quota oscillante tra il 2% e il 3% si era sbloccata e aveva imboccato la Via della Seta. Non è chiaro se già allora le intenzioni di Geely fossero quelle di mettere le mani su una fetta di torta ancor più grande: sta di fatto che proprio il 3% era lo soglia oltre la quale l'offerta avanzata dai proprietari cinesi dei marchi Volvo e Lotus avrebbe dovuto essere sottoposta a disclosure da parte delle autorità tedesche. Ora, invece, Shufu esce allo scoperto, e accetta di sottoporsi allo scrutinio di Berlino.
FORTE SCOSSA IN ARRIVO Il concreto interesse di Geely per Daimler non risponde solo a logiche finanziarie. Il Governo cinese ha di recente formalizzato un programma di progressiva conversione delle fonti di alimentazione. Fissando come obiettivo un tasso di elettrificazione del parco auto del 10% entro il 2019, e alzando l'asticella a una quota del 20% di auto a zero emissioni entro la scandenza del 2020. In Cina hanno fame di tecnologia per batterie ad alta capacità, e i ben informati riferiscono di un piano Geely per stabilire con Daimler una apposita joint venture in loco. Precisamente nella città di Wuhan, la capitale della provincia cinese di Hubei.
ARMI DI SEDUZIONE Daimler si è in passato ripetutamente smarcata, sostenendo come a Stoccarda non sentano al momento l'esigenza di stringere nuovi accordi con compagnie cinesi. Preferendo semmai rafforzare la preesistente partnership con BAIC, società con la quale Daimler ha tra l'altro appena stretto un accordo da 1,9 milioni di dollari per la costruzione di un sito di assemblaggio nei pressi di Pechino. Ma a quanto pare Geely non demorde, insistendo sul tema della crescita esponenziale che l'auto ibrida ed elettrica sta vivendo oggi in Cina, un fenomeno destinato in futuro a conoscere un boom senza eguali al mondo. Il corteggiamento è ancora in corso, ma è possibile che alla fine Daimler riconosca il mutuo vantaggio. E si arrenda a entrare in libreria, e a comprare un dizionario di Mandarino.