Una settimana con la nuova Duster. Per scoprire com'è cambiata (oppure no...)
CAPITOLO SECONDO La aspettavo con ansia, cosa strana parlando di una Dacia. Ma la Duster negli anni ha conquistato il pubblico come poche auto nell'ultimo decennio hanno saputo fare. Senza essere al top della categoria in qualche voce specifica, se non il prezzo. Ecco perché sono proprio curioso di testare la nuova Dacia Duster 2018 appena apparsa in concessionaria. Anche per capire che cosa sia effettivamente cambiato.
DUSTERISTI SI DIVENTA La prima serie della Duster è stata una fenomeno sociale: ha venduto più di un milione di esemplari e fatto fiorire attorno a sé migliaia di community e fan club. Costa poco, è vero, ma la chiave non è tutta qui; lo dimostra il fatto che, in tempi di crisi, anche altri hanno provato a far breccia puntando sul prezzo basso tout-court, senza successo. Il successo della Duster nasce invece da un mix di fattori, oliato da uno spot televisivo azzeccatissimo (ricordate i due che non compravano la Duster perché volevamo spendere molto di più). Risultato: l'auto simbolo del low-cost è diventata esempio di un acquisto intelligente. Tant'è che la maggior parte degli aficionados, invece di strappare il primo prezzo, punta agli allestimenti superiori.
SLANCIATA Può piacere o non piacere, ma è sempre stata un'auto dalla forte personalità stilistica. In questo la nuova Dacia Duster 2018 è una conferma. I designer francesi hanno preferito semplicemente limare qualche spigolo nel look, reso il profilo più filante il profilo, più da SUV il frontale e più riconoscibile la coda grazie alla nuova fanaleria. Qualcuno potrebbe insinuare che le luci posteriori riprendano il motivo a LED lanciato dalla Jeep Renegade: obiezione accolta.
MISURE FURBE Poi, la Duster è sempre stata un'auto spaziosa senza essere ingombrante. E con i suoi 4,34 metri da paraurti a paraurti, lo rimane. Prenderle le misure, in movimento come in parcheggio, è relativamente semplice. Con o senza l'aiuto della telecamera, che permette di selezionare dallo schermo la visuale preferita: frontale, laterale o posteriore, a seconda della manovra in corso. Dentro ci si può accomodare, in cinque con tre persone sistemate sul divanetto, e andare via per qualche giorno: il bagagliaio di (minimo) 478 litri non è da record ma si riempie bene.
UNOPUNTOZERO Quello che cambia è il colpo d'occhio. Attorno al posto guida l'ambiente non è più così spartano come sulla prima Duster. Certo, le plastiche sono ancora dure da toccare, ma più piacevoli da vedere. L'infotainment è sempre piuttosto basico e dalla grafica agée, ma sulla nuova Duster giace in una posizione più felice: più alta e più orientata al posto guida, per non distrarsi; rimane la grave pecca di non poter usare né Apple CarPlay né Android Auto né alcun tipo di software di mirroring per lo smartphone. La plancia ha un design senza guizzi, toni cupi ma una pulsantiera più moderna. Insomma, aria fresca dentro la nuova Duster, e non solo perché il clima automatico è finalmente disponibile.
PU' FACILE Su strada il miglioramento più netto è nella maneggevolezza: lo sterzo elettrico rende le traiettorie più precise e le manovre più leggere, facendo dimenticare il peso (solo fastidioso) del vecchio meccanismo idraulico. Subito dopo viene il comfort: per il sostegno dato dai nuovi sedili e per l'isolamento acustico migliorato, soprattutto nel tenere a bada i rumori del motore ai bassi carichi, anche se le auto silenziose sono altre e in autostrada la Duster me lo rammenta.
IL MOTORE GIUSTO Dovessi comprarla, sceglierei è esattamente il motore che mi ritrovo sotto il cofano in questa prova: il 1.5 dCi portato a 110 cavalli. Coppia ne ha (260 Nm) ed è presto pronta all'uso: esattamente quello che serve in città e nelle salite tra le colline, dove, senza pensarci troppo, sto trascinando la Duster a sporcarsi un po' le ruote. Le caratteristiche di questo turbodiesel – che tra l'altro si accontenta di poco per fare il suo onesto lavoro: intorno ai 6 litri per 100 km – non fanno rimpiangere potenze superiori. Quelle del cambio manuale a 6 marce – dai rapporti troppo corti – invece mi indurrebbero a preferire l'automatico EDC.
OK OFFROAD A quel punto, però, dovrei rinunciare al 4x4 – che va solo col manuale - e personalmente mi dispiacerebbe. La trazione integrale è uno dei più grandi pregi Dacia Duster, che anche in questa seconda generazione rimane un fuoristrada di tutto rispetto (anche se non dei più specialistici) quando ci si muove tra dislivelli e fondi scivolosi, dove stavolta le marce corte del cambio manuale (soprattutto le prime quattro) tornano utili. Così come la possibilità, bloccando il differenziale, di fissare a 50/50 la ripartizione della coppia tra i due assi anziché lasciare fare tutto all'elettronica in modo automatico. Ma a mettere la Duster a suo agio tra i sassi c'è molto dell'altro. Un'altezza da terra di 21 cm, ad esempio, e gli angoli d'attacco e di uscita generosi, rispettivamente di 31° e 34°. Il nuovo modello ha anche l'aiuto nelle ripartenze in salita e, soprattutto, il limitatore di velocità in discesa.