La storica utilitaria Fiat, ma non soltanto. Nei piani di Marchionne, anche la possibile soppressione del marchio Usa. Ecco perché
CHRYSLER, YOU ARE FIRED Il mercato auto ha molto in comune con Madre Natura. Obbedisce a regole spietate, sopravvive chi ha maggiori proprietà di adattamento. E così, prodotti singoli ma anche marchi interi seguono talvolta la sorte dei dinosauri, estinguendosi per non essersi saputi adeguare ai cambiamenti climatici. Con Fiat Punto e Alfa Romeo MiTo destinate all'oblio nel volgere di pochi mesi, FCA Group avrebbe intenzione di sopprimere anche un altro dei suoi brand. Dopo quasi un secolo di storia, Il marchio Chrysler potrebbe essere cancellato dalla faccia della Terra. Domani 1° giugno, nel corso dell'Investor Day battezzato da Sergio Marchionne, ne avremo la conferma, oppure - ipotesi remota - la smentita.
NON C'È PIÙ POSTO. PUNTO Andiamo con ordine. Dopo 25 anni di carriera costellati di successi in campo nazionale, ma anche nelle coppe europee (qualcosa come 9 milioni di esemplari sparpagliatisi per le strade di tutto il Continente), la cara vecchia Punto esce di produzione una volta per tutte. Le linee di montaggio dello stabilimento di Melfi esaleranno l'ultimo respiro nella prima decade di agosto, chiudendo un ciclo che nella storia Fiat ha pochi eguali. Ma i tempi in cui la Punto oltrepassava un mostro sacro come Golf nella classifica di vendite in Europa (1997) appartengono a un'era lontana. Oggi, il concetto classico di utilitaria paga l'ascesa dei mini-Suv. Se almeno Punto avesse avuto tempra e voglia di aggiornarsi: ma nemmeno quello. Game over.
IL MITO DELL'ETERNA GIOVINEZZA Stessa sorte di Fiat Punto tocca ad Alfa Romeo MiTo, che proprio con la segmento B del Lingotto condivide(va) il pianale. La cottura dell'ultimo esemplare è in programma per il mese di luglio: nessuna MiTo di seconda generazione, l'investimento non avrebbe fruttato come una volta. Ancora qualche ora di pazienza, e conosceremo l'identità di un'eventuale erede, di un prodotto che in ogni caso cambierà nel nome, nelle dimensioni, soprattutto nella forma di carrozzeria. Non è infatti esclusa l'ipotesi di un crossover che rivaleggi con le alternative sfornate ormai a getto continuo dalla concorrenza premium. Ha fatto battere i cuori di tanti ragazzini, il MiTo entra di diritto nella storia. Ma a differenza di sorella Punto, non c'è posto per lei nella leggenda.
MA DOVE VAI, SE IL SUV NON CE L'HAI Veniamo dunque al caso Chrysler. Fonti ben informate stimano assai prossima la sepoltura (oltre che del marchio Lancia, messo in un angolo senza troppi complimenti) anche di quel brand che ha a lungo fatto parte dei Big Three (insieme a Ford e General Motors) dell'automobilismo Usa. Ma che ultimamente, né al pubblico, né soprattutto al Gruppo FCA, ha regalato memorabili sussulti. Alla gamma Chrysler manca un Suv o un crossover in grado di spostare i flussi di mercato. Nè in patria, né tantomeno di qua dall'Oceano. A FCA, tenere in piedi la giostra costa denaro. E se l'imperativo è ora quello dell'azzeramento del debito, qualcosa bisogna sacrificare. Il nome Chrysler è testa di serie dei candidati.
CHI È CAUSA DEL SUO MAL... Se è vero che il marchio fondato nel 1925 da Walter Chrysler ha trascorso giorni migliori, è altrettanto vero che a impoverirne le azioni è stato il Gruppo FCA in prima persona. Più preoccupato di sistemare i conti, che non di ravvivare l'immagine di un prodotto che appartiene comunque alla tradizione. Senza il presidio Chrysler negli States, inoltre, colui che succederà a Marchionne alla poltrona di Ceo dovrà rinunciare del tutto a duellare insieme a Lincoln (di proprietà Ford), e soprattutto Cadillac (GM), nel settore delle auto di lusso. Alfa Romeo e Maserati hanno un posizionamento diverso, non sono sostituti naturali di una Chrysler tutte d'un pezzo. A domani, per conoscere il futuro.