Il tassista di Uber che ha assassinato la diplomatica Rebecca Dykes aveva precedenti penali. Ma la compagnia ne era all'oscuro
UBER THRILLER Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. E qualche bella grana qua e là. Da gestire nel modo migliore possibile, pena una pessima pubblicità in mondovisione. L'uomo accusato dell'omicidio di Rebecca Dykes, la diplomatica britannica in servizio presso l'ambasciata di Beirut trovata morta sul ciglio di una strada della capitale libanese nella notte tra venerdì 16 e domenica 17 dicembre, è un autista Uber. Tareq Q., questa la parziale identità diffusa dalla polizia locale dopo l'arresto, era in possesso di regolare autorizzazione a erogare servizio di trasporto privato a nome della compagnia californiana. Ma la sua fedina penale, già a monte dell'inquietante episodio, non era pulita.
FIDARSI É BENE... Uber e il suo personale tornano alla ribalta della cronaca, e stavolta c'è pure scappato il morto. Prima di uccidere Rebecca Dykes, strangolandola a quanto pare con una corda, e lasciarla esanime sul bordo della carreggiata, l'autista avrebbe anche violentato la sua vittima. La società sostiene di non essere mai stata a conoscenza dei precedenti penali dell'uomo: avere una fedina immacolata sarebbe infatti condizione indispensabile affinché la propria candidatura come tassista abbia successo. Uber nel frattempo si è detta "inorridita per questo atto di violenza senza senso, e pronta a cooperare con le autorità nelle indagini in ogni modo possibile".