OMAGGI OVUNQUE Con il Gran Premio d'Austria della scorsa domenica abbiamo avuto un'anticipazione di ciò che vedremo da qui in avanti nelle prossime sette tappe iridate, gli ultimi sette gran premi dell'icona del motociclismo mondiale Valentino Rossi. Tribune gremite e tinte di giallo hanno osannato il proprio idolo per tutto il weekend ma non solo, visto che i saluti e i ringraziamenti sono arrivati anche dai tifosi rivali con striscioni, messaggi disegnati sui campi e bandiere sventolanti nel cielo. Ed è giusto così, che Valentino lasci in un secondo anno pandemico, in cui la campagna vaccinale ha permesso di riportare i tifosi nel loro habitat naturale: gli spalti e le tribune degli autodromi.
ICONA In pochi nella storia hanno rivoluzionato il proprio sport come l'eterno ragazzino di Tavullia ha fatto con il motociclismo. Vengono in mente Mohammed Alì con il pugilato, Alberto Tomba con lo sci e pochi altri, gente che oltre a vincere, comunicava, coinvolgeva ed emozionava masse di tifosi in tutto il mondo. Con le sue gag post-vittoria da giovanissimo (copiate da tutti i piloti venuti dopo) Valentino ha portato una ventata d'aria fresca in un mondo già frizzante e rustico, ma troppo chiuso in sé stesso. Con il suo modo di guidare e di vincere, ha avvicinato e fatto gioire milioni di appassionati. Con il suo modo, soprattutto, di comunicare, ha cambiato per sempre lo sport che ha già iniziato a rendergli omaggio a Spielberg, e che continuerà a farlo nelle prossime settimane.
EREDITÀ Non più tardi di qualche giorno fa, infatti, Valentino ha annunciato l'intenzione di appendere il casco al chiodo a 43 anni. La sua eredità è già presente, visto che oltre a battagliare (e talvolta litigare) con Biaggi, Capirossi, Melandri, Gibernau, Stoner, Lorenzo e Marquez, il pilota italiano ha lanciato un'Academy in grado di valorizzare i tantissimi talenti del Belpaese, portando a casa titoli e vittorie (Bagnaia, Morbidelli, Marini e Bezzecchi sono solo la punta dell'iceberg), e dal prossimo anno - oltre a divertirsi con le Ferrari GT - c'è da scommettere che lo vedremo spesso in pista al seguito dei suoi ragazzi, con il team VR46 che farà il suo esordio ufficiale nel mondiale con la Ducati. L'ideale chiusura del cerchio è già tracciata.
SCELTA GIUSTA Ma a 43 anni, senza più una vittoria dal 2017 e senza più un podio dallo scorso anno, viene da domandarsi se Valentino abbia fatto bene a correre le ultime due stagioni da comprimario. In realtà sì. Non più tardi dello scorso anno, prima della serie di ritiri e del Covid, il Dottore stava facendo vedere belle, bellissime cose, pur non riuscendo più a performare sugli elevatissimi standard a cui ci aveva abituato nel corso della sua carriera. L'ottavo posto di domenica scorsa è stato figlio un po' del caso, è vero, ma anche di un talento ancora del tutto intatto, visto che dal 18° al 23° giro, da quando cioè la pioggia ha cominciato a rendere viscida la pista e prima che iniziassero i cambi moto, il pilota è emerso sull'elettronica e i setup, e Valentino è stato il secondo più veloce in pista dopo Marquez.
AMORE INFINITO Se fisico e risultati glielo avessero permesso, Rossi avrebbe corso altri anni, magari tre, per chiudere a quota 46 come quel numero che tanto ha reso iconico, ma non andrà così. In tanti pensano che sia meglio mollare quando si è al top, lasciandosi alle spalle quell'alone di quasi-invincibilità e di leggenda che tanto piace (Usain Bolt, Michale Phelps, Michael Jordan). Eppure Valentino ha scelto un'altra strada, quella dell'amore infinito per il suo sport, la stessa strada percorsa recentemente da altri fenomeni del calibro di Francesco Totti e Roger Federer, ma anche di Fernando Alonso o Michael Schumacher (con i dovuti distinguo), per restare in ambito motoristico. gente irraggiungibile per carisma e risultati, che ha sempre gettato il cuore oltre l'ostacolo per continuare a fare ciò che gli piaceva di più, fino all'ultima stilla di energia e con una riserva inesauribile di passione.