CLAMOROSO L'ufficialità non è ancora arrivata, quella di una notizia inattesa, assurda e solo in parte comprensibile che l'altroieri sera ha shockato il paddock della MotoGP, al termine della giornata di test del lunedì di Jerez de la Frontera. Una comunicazione arrivata mentre i team stavano impacchettando i materiali per spedirli a Le Mans dove, tra due weekend, si tornerà in pista per la settima tappa del Mondiale. Ma chissà con che umore vi arriveranno tutti i ragazzi del team Suzuki, dai meccanici ai piloti fino a Livio Suppo (che lunedì non ha voluto commentare a caldo la notizia), il manager ultimo giunto alla corte di Hamamatsu con un progetto volto a far crescere quello che già oggi è uno dei team più forti della MotoGP: primo nel campionato team, con due piloti forti, entrambi in lizza per l'iride e freschi di un paio di titoli mondiali vinti nel 2020.
PRESIDENTE CONTRARIO Ma allora perché tutto ciò? Perché a decidere per l'uscita sarebbero gli azionisti, quelli che investono e che, viene da pensare, non conoscano la differenza tra una moto da corsa e uno scooter. La crisi economica globale, la pandemia, la guerra, sono i temi che potrebbero portare alla chiusura di una delle realtà più competitive e organizzate del panorama motociclistico mondiale. Contro questa decisione, però, ci sarebbero i vertici stessi dell'azienda, in primis il presidente Hiroshi Tsuda, così come ovviamente il team sportivo che l'altroieri sera è stato gelato dalla riunione convocata a sorpresa al termine della giornata di lavoro dal capo Shinichi Sahara. Il tutto è ancora più incredibile se si pensa che, come ogni altro team, la Suzuki aveva appena firmato un prolungamento dell'accordo con la Dorna per altre cinque stagioni, Dorna che si è fatta sentire ieri, ricordando che qualora Suzuki intendesse lasciare, non è questo il modo. Serve un accordo preventivo con Dorna per non pagare le pesanti penali previste per il mancato rispetto del contratto. Senza contare che proprio questo intervento potrebbe essere alla base del ritardo della comunicazione ufficiale circa l'uscita della casa di Hamamatsu dal mondiale.
DEJA VU GIAPPONESE Che ci stiano ripensando o meno, potrebbe chiudersi un capitolo gigante della storia della MotoGP, per una casa che già una volta si era ritirata, anche se con modalità meno brusche. Accadeva nel 2011, dopo oltre mezzo secolo di attività, a causa di una crisi che aveva portato a schierare una singola moto sulla griglia, quella di Alvaro Bautista. Suzuki era poi rientrata alle corse nel 2015 e vi rimarrà, probabilmente, fino al termine della stagione. Se ciò si verificasse davvero, sarebbe una decisione per certi versi molto simile a quella presa in Formula 1 dalla Honda nel 2008, quando il team sportivo fu venduto in fretta e furia a Ross Brawn che, nel 2009, con la stessa struttura, vinse a sorpresa il campionato del mondo. O come è accaduto, più recentemente, nel 2021, sempre con la Honda (stavolta nei panni di motorista) che ha ceduto a Red Bull i propri motori per ritirarsi anche in questo caso a fine stagione, e con Max Verstappen che ha poi vinto il titolo mondiale.
MotoGP 2021: Alex Rins (Suzuki)
MIR E RINS Il fulmine a ciel sereno scagliato lunedì dagli azionisti Suzuki, stravolgerebbe anche le dinamiche di un mercato MotoGP che era pronto a partire su determinati binari, e che ora potrebbe cambiare rotta. A disposizione delle altre cinque case ci sarebbero anche Joan Mir e Alex Rins, due piloti fenomenali, che faranno gola a tanti. E se per Mir (il manager ha fatto sapere ieri che il pilota era pronto a firmare il rinnovo con la casa di Hamamatsu) la destinazione più probabile appare la Honda, al fianco di Marc Marquez (con il futuro di Pol Espargarò che si farebbe incerto, a meno di un clamoroso ritorno in KTM), per Alex Rins la destinazione è ben più complicata. Per lui - che in MotoGP ha guidato solo la Suzuki e che è stato, in sei anni di attività, parte importante del successo del team - le destinazioni possibili potrebbero essere tutte e nessuna: da KTM (al posto di Oliveira) a Yamaha (visti i malumori di Dovizioso), dalla Honda (ma nel team LCR) all'affascinante ipotesi di Ducati, magari in Pramac. Anche su questo lato, staremo a vedere, sarebbe un delitto se anche uno solo di questi due piloti, non trovasse una sella.