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Prova

Triumph Daytona Triple


Avatar Redazionale, il 14/01/06

18 anni fa - La media tra le medie vince per equilibrio

In diretta dalla Malesia le prime impressioni di guida sulla Daytona Triple. Una moto che ostenta con orgoglio la sua diversità e mostra un equilibrio invidiabile tra prestazioni, facilità e piacere di guida. Un mix davvero appagante sia in strada sia in pista.

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COM'È
Go your own way: vai per la tua strada. È il claim della Triumph nelle pubblicità. E la strada intrapresa dagli uomini di Hinckley pare proprio quella giusta. Ormai la Triumph (35.000 moto prodotte nel 2005) ha capito che la sua identità è legata indissolubilmente a due soli tipi di motori: bicilindrico per le classiche, tre cilindri per tutto il resto. C'è da togliersi il cappello davanti ad un'azienda che nel 2002 è stata messa in ginocchio da un incendio e in soli tre anni ha sfornato 3 motori completamente nuovi e aggiornato praticamente tutta la gamma.


MEDIA INGLESE
La Daytona Triple fa parte di questo nuovo corso. Finita l'avventura con il quattro cilindri sarà lei a difendere la Union Jack tra le sportive di media cilindrata, un segmento che ormai parte dai 600 e arriva ai 750 cc. La nuova mid-Daytona ha una cilindrata "anomala" e un cilindro in meno della precedente, ma soprattutto ha l'ambizione di offrire un punto di vista differente sul modo di intendere una supersportiva.

L'UNICA CON TRE Una moto che secondo Triumph è incomparabile perché unica nel suo genere, perché è nata principalmente per la strada (sempre secondo Triumph) ma in pista non vuole recitare il ruolo di semplice comparsa. Queste le dichiarazioni fin troppo prudenti, forse, anche perché la Daytona è dotata come una racer vera: ha misure sportive (interasse 1392 mm, 23,5° di angolo cannotto e avancorsa 86,5 mm per un peso di 167 kg a secco), freni da riferimento (pompa e pinze Nissin entrambi radiali con dischi da 308 mm e nuovi pistoncini con trattamento superficiale), sospensioni Kayaba (forcella da 41 mm). In più offre la possibilità di regolare anche l'altezza del retrotreno e di variare addirittura la posizione dell'attacco del forcellone, roba che nemmeno le supersport giapponesi d'ultima generazione possono vantare. Alla faccia di una moto nata per un uso principalmente stradale!!


NEL MEZZO
Al nuovo tre cilindri inglese piace essere preso in mezzo. È a metà tra i bicilindrici e i quattro ed ha una cubatura di 675 cc (metà tra i 600 e i 750 cc). Il cilindro in meno non lo penalizza affatto sul fronte delle prestazioni perché i tecnici inglesi sono riusciti a tirar fuori ben 125 cv a 12.500 giri con una coppia massima di 72 Nm a 11.750 giri, superiore quindi a tutti gli attuali motori da 600/636 cc.

COPPIA BASSA E se è vero che il motore Triumph ha i picchi di potenza e coppia a un regime piuttosto elevato, è altrettanto vero che già a 4.000 giri ha una forza nettamente superiore ai quattro cilindri. La Daytona non si fa mancare nulla: l'iniezione ha corpi farfallati da 44 mm ed utilizza iniettori di ultima generazione con 12 microfori, il motore respira attraverso un airbox con presa d'aria frontale piazzata nel centro del cupolino e, come vogliono le ultime tendenze, c'è una valvola nell'airbox per ottimizzare la respirazione e una valvola sullo scarico per riempire l'erogazione. Compressione altina (12,65:1) angolo tra le valvole molto chiuso (23°) e alberi su tre assi completano le caratteristiche di questo "triple", non solo molto compatto ma anche molto sportivo.


PULITA
Non mancano il catalizzatore e il dispositivo d'aria secondaria che fanno rientrare la Daytona nelle normativa Euro 3. Chi non ne avesse abbastanza può anche montare (solo per un uso in circuito) lo scarico completo in titanio che Triumph ha studiato assieme ad Arrow e che fa dimagrire la Daytona di 7 kg, oltre ad aumentare la potenza di 5 cv.

VITASNELLA Anche il telaio è completamente nuovo. L'immagine è quella che da sempre contraddistingue i telai Triumph, ma siamo ad una nuova generazione con i traversi superiori che scavalcanola testa, riducendo drasticamente la sezione della moto. La compattezza è stata un chiodo fisso dei tecnici e le immagini mostrate in conferenza stampa mostravano senza rischio di smentita che il nuovo telaio poteva stare comodamente all'interno del vecchio (piuttosto largo in verità) e che il tre cilindri potrebbe essere contenuto all'interno del quattro.


VESTITO ATTILLATO
Poi, in Triumph hanno coperto lo scheletro con un vestito attillatissimo dalle linee slanciate e ne è uscita una moto stretta come non mai (guardare la foto a fianco per rendersene conto). Le premesse dunque sono buonissime, perché la Daytona non punta solo sull'originalità ma non ha paura di confrontarsi. I fatti le confermano appieno, dopo aver volato fino a Sepang per provarla devo dire che i 10.390 € chiavi in mano mi sembrano soldi ben spesi.


IN PISTA
Dopo averla vista ai saloni mi aspettavo che la Daytona fosse una delle novità più interessanti del 2006, ora ne sono sicuro. La 675 è una sportiva con tutti i crismi, ma in perfetto stile Triumph, e quindi con un carattere inconfondibile. Si presenta subito bene. È elegante, ben rifinita, con qualche tocco distintivo come la piastra di sterzo forata, le pedane del passeggero, o ancora un cruscotto bello e completo, che comprende anche un computer di bordo, l'indicatore della marcia inserita, il cronometro e i led di cambio marcia. Ma perché fare i led tutti blu? Si vedono poco, non era meglio lasciarli come quelli della Speed?

TOUCH ME Belle le superfici per telaio e motore, e belle le verniciature. L'assenza di qualsiasi grafica contribuisce all'eleganza della Triple inglese, oltre a far invecchiare meno il modello nel corso degli anni. Ottimo anche l'impatto visivo dietro al cupolino, senza fili o connessioni elettriche a vista. Peccato solo per il blocchetto di accensione, un po' povero, non ci sarebbe stato male un bell'immobilizer.


SEZIONE RIDOTTA
L'impatto con la moto è ottimo, come già rilevato al salone la Daytona è davvero compatta ma soprattutto ha la vita incredibilmente stretta, quasi a livello della magrissima Ducati 749, tanto per citare la moto in assoluto più stretta della categoria. C'è solo un pò più di "presenza" in mezzo alle gambe cosa che a dirla tutta non mi dispiace affatto, visto che trovo la Ducati fin troppo snella. E come la Ducati anche la Daytona ha una luce a terra incredibile.

PREGO, SI ACCOMODI In sella ti trovi subito a tuo agio, gli svasi del serbatoio sono perfetti così come la posizione delle pedane, né troppo avanti né troppo indietro e, nonostante le dimensioni contenute, in sella c'è il giusto spazio anche per chi è alto che può arretrare a dovere. Il plexiglass piuttosto bombato e rialzato promette, e mantiene, una protezione dall'aria di livello superiore alla concorrenza. E poi ci sono due semimanubri non molto spioventi e piuttosto larghi che consentono di timonare la moto con minor impegno fisico.


PUNTA L'ASFALTO
La Daytona è altina di sella e piuttosto puntata sul davanti, come una vera racing (e dire che tutti gli uomini Triumph continuano ad affermare, a ragione, che la Triple non è una moto solamente da pista...). Dal concessionario la troverete equipaggiata di serie con i nuovi Pirelli Supercorsa Pro in versione stradale (ovvero non in mescola) a garanzia di un gran grip.

COCKTAIL D'AUTORE Dover trovare un elemento che spicca sugli altri, con la Daytona è una faccenda piuttosto difficile. È l'amalgama tra motore e ciclistica a conquistare. Un mix che regala alla sportiva Triumph tanta sostanza e un carattere assolutamente unico. Senza dimenticare, però, le prestazioni che su moto come questa si sa sono fondamentali. Il piccolo Triple mostra di essere nato bene; non soffre assolutamente di complessi d'inferiorità rispetto ai quattro cilindri e, anzi, aggiunge un'erogazione semplicemente fantastica. Da Triple, appunto. Sono sempre stato un estimatore dei tre cilindri inglesi per la loro pienezza d'erogazione, ma temevo che scendendo di cilindrata si perdesse un bel po' di grinta ai medi a favore di un'erogazione più appuntita per cercare i cavalli. Invece, il 675 Triumph riesce a unire le due cose alla perfezione.


BELLA SOTTO
Se ci si limita a guardare la scheda tecnica non si resta tanto impressionati: potenza e coppia massima arrivano a regimi molto elevati ma è quello che succede "sotto" che fa la differenza con le altre medie, perché la curva di coppia (almeno a vedere i grafici del banco mostrati in conferenza stampa) è piattissima. Del resto basta guidarla per accorgersene, una volta fatto l'orecchio al tre cilindri (che a Sepang, in pista, rombava godurioso attraverso lo scarico Triumph offerto in optional). Ci si accorge che non occorre avere il motore a regimi siderali per uscire forte dalle curve e che i tempi danno ragione alla sportiva di Hinckely.

MAI FIDARSI... L'erogazione è talmente lineare e fluida che alla fine ti sembra di andare piano, ma mai come in questo caso le apparenza ingannano. Sepang è una pista con spazi immensi e qui ti sembra di essere sempre lentissimo, almeno finché non guardi le velocità; la stessa sensazione l'avevo avuta con la 636 Kawasaki, quando la provai qui nel 2003.


6-14.000
La Daytona spinge forte già dai 5-6.000 giri e porta fuori rapidamente dalle curve con una spinta sempre corposa senza particolari picchi. A 8.000 c'è un piccolo cambio di carattere, a 10.000 un secondo incremento di potenza che porta la lancetta rapidamente ai 13.500 giri, regime a cui è stata tarata l'accensione dei led sul cruscotto (tarabili comunque a piacimento dall'utente) e che si rivela il corretto regime di cambiata. A differenza di altri Triple del passato, però, il 675 non finisce li, ma ha anche un allungo deciso e consistente che si protrae fino ai 14.000 indicati (limitatore 14.300 circa) senza che il motore accusi cali consistenti, il che consente, quando serve, di tenere la marcia tra una curva e l'altra senza sprecare tempo in cambiate inutili.

IL CRONO NON MENTE E se le sensazioni possono essere tradritrici, i numeri non mentono; sebbene gli uomini di Triumph considerino la loro moto talmente diversa dalle altre medie da essere incomparabile, gli farà certamente piacere sapere che i tempi fatti segnare dalla loro "stradale" Daytona Triple sono praticamente gli stessi della supercattiva 636 che provai qui tre anni fa (2.23.8 con la Kawa, 2:24 con la Daytona) tenendo conto che nel 2003 ebbi due giorni a disposizione per imparare il circuito, contro i soli 5 turni di quest'anno. E anche le velocità indicate in fondo ai rettilinei sono davvero poco differenti. Come a dire, insomma, che la birra a questa Triple non manca proprio. Anche perché, come detto in precedenza, è l'equilibrio il suo punto di forza.


FACILE IN PISTA
La nuova ciclistica regge il passo con il motore. La Daytona ti mette a tuo agio sin dai primi metri. In una parola è facile. Il profilo aperto delle Pirelli rende la guida molto tonda e rassicurante anche se la maneggevolezza non è da riferimento. Complice anche un baricentro piazzato leggermente in alto, la Daytona è molto svelta a scendere in piega e trova immediatamente la traiettoria voluta senza mai richiedere una correzione, ma nei cambi di direzione richiede un minimo di forza fisica in più delle concorrenti.

PIANTATA In compenso la stabilità è da riferimento, le sospensioni tarate sul rigido ma molto efficaci e scorrevoli assicurano un feeling di guida notevolissimo: mai una sbacchettata, mai un accenno di nervosismo. Anche quandosi comincia a guidare più "impiccati" forzando le staccate fin dentro la curva, lo sterzo resta sempre saldo dando al pilota tanta fiducia. La trazione è notevole e anche l'assetto studiato dai tester Triumph per Sepang (poco più rigido di quello standard) si è rivelato perfetto. Ho rilevato solo qualche piccolo pompaggio del retrotreno quando ci si dava dentro davvero, situazione rimediabilissima chiudendo di qualche click la compressione dell'ammortizzatore per adattare l'assetto al mio peso (80 kg, rispetto ai 62 del collaudatore... Troppo panettone, Cordara?).

FRENATA AL TOP Lo stesso dicasi per la frenata, dove il "tutto radiale" Nissin si è dimostrato a livelli d'eccellenza. L'attacco non è da cappottamento (ottimo, quindi su strada) ma l'impianto merita la lode per la potenza e per una gestione della frenata assolutamente millimetrica. Inoltre, nonostante il caldo della Malesia, l'impianto non ha mai dato nemmeno un segno di cedimento, e la leva è rimasta sulla più vicina delle sei posizioni disponibili per tutto il test. Inoltre, la Daytona ha mostrato di non sentire l'esigenza di una frizione antisaltellamento restando piacevolmente in linea anche nelle staccate più furiose.


IN SOSPESO
Le uniche due cose su cui mi sento di sospendere momentaneamente il giudizio sono il cambio e le vibrazioni. Il primo non ha reali problemi, ha corsa piuttosto corta e non manca un aggancio ma è un po' "legnoso" e manifesta qualche scalino quando stressato nell'uso in pista soprattutto quando s'innesta il rapporto superiore senza frizione. Diciamo che è migliorabile nel feeling. Le vibrazioni compaiono oltre quota 8.000 principalmente su manubrio e sella a livello comunque non fastidioso.

PRESERIE  Perché sospendo il giudizio? Perché le moto provate erano di preserie (le primissime uscite dalla catena di montaggio) ed avendo avuto modo di guidarne diverse ho trovato che cambio e vibrazioni erano sensibilmente differenti da moto a moto, segno che con la produzione definitiva e con il passare dei km (le moto erano molto nuove e quelle con percorrenza maggiore andavano meglio delle altre) queste potrebbero anche sparire. Anche nel peggiore dei casi comunque sia cambio che vibrazioni erano più che accettabili. Una bella moto in pista, dunque, alla faccia di quanto affermano forse con eccessiva prudenza gli uomini di Hinckley. Ma su strada? Fuori dai cordoli la Daytona sa fare anche meglio.


SU STRADA
Guidare per le strade malesi non è certo il massimo, ma la Daytona meritava assolutamente la prova, anche perché è su strada dove la Triple inglese sa fare davvero la differenza. Un giro di 160 km con mucche, carretti e lucertoloni ma anche con qualche bel tratto guidato ha messo in evidenza le spiccate doti stradali della triple inglese, che comunque resta una sportiva vera con una posizione molto caricata sui polsi alla lunga un po' affaticante. Per la prova stradale abbiamo trovato le Daytona con scarico omologato e assetto standard, ma la solfa non è cambiata. Abbiamo ritrovato un assetto perfetto, freni ottimi (anche il posteriore) una gran facilità di guida e un manubrio che rimane impassibile anche quando si trova asfalto sconnesso in piena piega. E abbiamo trovato anche un cambio che su strada funziona bene.

IL TRIPLE CHE INCANTA E che motore! Curve e tornanti sono il suo pane quotidiano. Ha un'ottima iniezione ed una risposta all'acceleratore pressoché perfetta. Lo guidi molto con il gas, poco con il cambio. Tra i 5.500 e gli 8.000 giri c'è già tutta la grinta che serve per viaggiare come un treno in assoluta scioltezza, senza dimenticare si hanno ancora 6.000 giri buoni da utilizzare.


MARCIA ALTA E PEDALARE
E finisce che, anche nel misto, si viaggia sempre con marce sopra la quarta. Se capita il camion da 70 all'ora non occorre nemmeno scalare basta dare gas e si fila via in scioltezza. Un paio d'appunti vanno all'utilizzo pratico con il vano sottosella che offre spazio al massimo per un bloccadisco di quelli piccoli, e per un certo calore avvertibile dalla zona centrale, proprio sotto la sella del pilota con il telaietto reggisella che dalla parte destra scalda molto in corrispondenza della zona del fissaggio dello scarico. Una situazione, purtroppo, comune a tutti gli scarichi alti.

PROMOSSA Alla fine dei conti mi sento di promuovere pienamente la Daytona, e di dare ragione alla voglia di originalità della Triumph. Efficace in pista e goduriosa su strada (dove finiscono il 90% delle supersportive vendute), questa Daytona rappresenta un'ideale anello di congiunzione tra le 600 e le 1000 cc, e potrebbe anche mettere la pulce nell'orecchio a qualcuno che vuole divertirsi in pista con una moto agile ed efficace ma vuole anche un motore "coppioso" da usare su strada. Se siete tra quelli, fateci un pensierino serio a questa Triumph non ne rimarrete certo delusi.


Pubblicato da Stefano Cordara, 14/01/2006
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