La piccola sportiva di Hinckley approfitta del restyling per rinnovarsi anche nei contenuti con l'obbiettivo di migliorare ulteriormente prestazioni ed efficacia. Più brio per il motore e una ciclistica ancora più a punto confermano che, volendo, si può mettere il sale sulla coda alle giapponesi senza perdere di personalità. Foto di: Paul Barshon & Jason Critchell
COM' E' L'appetito vien mangiando, il detto è tanto scontato quanto vero, soprattutto mentre addento una lunga serie di Tapas in un ristorante di Cartagena. Ti fregano, le tapas, i famosi assaggini spagnoli ti prendono per la gola. Assaggi questa, poi quella, poi un po' di "Jamon" e finisce che fai il pieno manco fossi ad una cena di gala.
TAPAS A MOTORELe Tapas per la Triumph sono invece le gare nazionali e internazionali e i confronti diretti con le avversarie giapponesi. Vinci una garetta di qua, un campionato di là e ti viene la voglia, poi vai a correre il Mondiale, assaggi il boccone grosso e la voglia aumenta ancora, e l'idea di tentare il colpaccio ti rimbalza per la testa.
DALLA STRADA ALLA PISTA Così accade che la moto, che quando arrivò nel 2005 non doveva correre e non doveva confrontarsi con le altre perché unica (andate a leggere qui cosa dissero i manager Triumph in Malesia in occasione della presentazione), adesso abbia tutte le intenzioni di diventare protagonista nel mondiale Supersport dove correrà in forma ufficiale con Gianluca Nannelli e Garry Mc Coy.
VOGLIA DI VINCERE Vanno lette in questo senso le evoluzioni apportate dai tecnici inglesi alla loro piccola Triple che, non contenta di vincere tutte le comparative della "middle class", è stata ritoccata alla ricerca di maggiore potenza ed efficacia per diventare un'arma vincente anche sui circuiti del Mondiale, ma anche su quelli di qualsiasi campionato in cui può correre. Insomma migliora per correre, oppure, potrei girarvi la frittata dicendovi che quest'ultimo anno di gare a livello mondiale ha portato ad un ulteriore livello di sviluppo la moto.
MIGLIORIE Cambiando i fattori comunque il risultato non cambia, per il 2009 la Daytona si presenta con diverse migliorie che toccano peso, motore e ciclistica. Il peso è la cosa più semplice da raccontarvi, scende di 3 kg grazie ad una ruota posteriore alleggerita nel gruppo mozzo/corona (0,95 kg in meno), ad unoscarico più leggero e al coperchio valvole in magnesio.
PIU' CAVALLI, PIU' GIRI La potenza invece sale di 3 cavalli arrivando a 128 a 12.600 giri con una coppia ancora più corposa (da 72 a 73 Nm a 11.750 giri). Sale anche il regime di rotazione massimo, che passa da 13.500 a 13.900 giri (la zona rossa del contagiri però inizia ancora a 14.000 e il limitatore è a 15.000 indicati) migliorando di fatto le capacità di allungo del motore che però non ha perso, giurano in Triumph (e confermo io dopo averla provata), un briciolo di sostanza ai bassi e medi regimi.
QUESTIONE DI TESTA L'aumento delle prestazioni arriva grazie a una serie di interventi piuttosto importanti al tre cilindri che, pur confermando il lay out generale, si è evoluto soprattutto nella testata. Sono nuove le valvole (30,5 asp, 25,5 scarico), nuovi i cornetti di aspirazione (più corti per aumentare il rendimento agli alti regimi), l'albero a camme di scarico, così come i condotti di scarico, ora con un andamento più regolare che favorisce l'espandersi dei gas aumentando l'estrazione e di conseguenza migliorando il rendimento. Ovviamente, parte in causa è anche la centralina, potenziata e riprogrammata per adattare iniezione e accensione alle nuove caratteristiche.
PRIMA LUNGA Il motore riceve anche nuove bielle più resistenti e un albero motore leggermente modificato per reggere meglio il maggiore regime di giri senza perdere di affidabilità (che per inciso non è mai stato un problema di questa Triumph, capace di portare a termine due gare di 24 ore). Altra modifica "race oriented" arriva dal cambio, che ora utilizza una prima marcia più lunga, simile a quella che prima era offerta nel kit racing.
ALTE E BASSE Di pari passo è stata evoluta anche la ciclistica, che ora utilizza una forcella Kayaba da 41 mm con regolazione delle alte e basse velocità in compressione, accoppiata a un monoammortizzatore, anch'esso Kayaba e con doppia regolazione. Rinnovati anche i freni con l'arrivo dellenuove pinze Nissin monoblocco (che hanno debuttato sulla Honda CBR 1000 del 2008), mentre restano invariate tutte le quote vitali della moto che si riassumono in 1.395 mm di interasse, 23°9' di inclinazione cannotto e 89,1 mm di avancorsa.
REGOLA IL LATO B Resta, come sul modello precedente, la possibilità di regolare l'altezza del retrotreno e anche di regolare la posizione del pivot del forcellone che rendono la Daytona una delle moto più regolabili della middle class.
NUOVA FACCIA A sottolineare l'arrivo delle modifiche c'è anche il nuovo frontale, ridisegnato per dare un "muso" più aggressivo e moderno alla moto, che adesso ha un cupolino decisamente appuntito e proiettato in avanti. Il resto delle sovrastrutture non cambia, scarico alto compreso, grazie al quale la Daytona, assieme alla CBR 600, resta unica rappresentante nel segmento.
QUICK SHIFTER Interessante il grande numero di accessori con cui è possibile personalizzare la moto, tra cui citiamo la sella in gel (più bassa di un centimetro) i molti particolari in carbonio, a cui si aggiunge quest'anno il cambio elettronico installabile sulla centralina originale in cinque minuti.
PER FARLA CORRERE Anche per correre c'è un bel po' di materiale ufficiale, compresa una nuova centralina racing mappabile a piacimento. Triumph offre anche un software di gestione dall'utilizzo davvero intuitivo, che consente di regolarsi in pochi secondi il limitatore, la velocità della pit lane e i tempi di intervento del cambio elettronico. Inoltre, nel software di gestione sono presenti anche due mappature per asciutto e bagnato. Insomma adesso la 675 inglese è una racer fatta e finita, e chi chi vuole correre troverà quindi la pappa pronta. Una pappa che è aumentata di circa 1000 € rispetto al modello precedente. Ora la Daytona 675 è in listino a 11.350 € chiavi in mano.
COME VA A Cartagena venni per la prima volta nel 2003 quando Triumph presentò la prima Daytona, quella 600 tutta spigoli erede della TT con motore quattro cilindri. Quella moto aveva una bellissima ciclistica ma un motore che non reggeva il passo con le giapponesi. Sono passati solo 5 anni, ma tra quella Daytona e la 675 sembrano passati secoli. La tre cilindri inglese, infatti, non solo è l'unica moto europea in grado di competere ad armi pari con le 600 quattro cilindri Jap ma, parlando di moto di serie, sa fare anche meglio. La "vecchia" 675 era già una gran bella moto, quella nuova fa un altro passettino avanti.
AFFINAMENTI Niente di epocale, intendiamoci, ma gli affinamenti ci sono e rendono effettivamente la moto più efficace e performante. Triumph ci ha tenuto a farci provare la moto anche su strada, giustissimo perché in quel contesto il tre cilindri fa davvero la differenza, confermandosi come il miglior motore della categoria, pieno sotto come le 600 si sognano, con una erogazione fantastica e quando la lancetta raggiunge i regimi "caldi" spinge anche forte.
BELLA AI MEDI Su strada questo tre cilindri dà un gran gusto, corposo, lineare, non serve farlo urlare perchè dai 6.000 ai 9.000 giri si dispone già del tiro sufficiente per viaggiare di gran carriera con una facilità disarmante. La moto è agile, effettivamente leggera, ma anche molto stabile e rigorosa per cui si trova subito il giusto feeling, anche perché il setting standard scelto per le sospensioni è azzeccatissimo. Principalmente, su strada, sono proprio la miglior scorrevolezza e la maggiore efficacia di mono e forcella a balzare all'occhio in modo evidente. Le novità motoristiche invece si sentono meno, ma solo perché le variazioni più avvertibili arrivano tutte a regimi che sulla strada non si usano praticamente mai. Invece mi pare migliorato il cambio, più morbido e preciso negli innesti sembra avere un funzionamento più "raffinato" e gradevole. Non cambiando le quote ciclistiche e l'impostazione di guida, la 675 resta anche una moto molto "puntata" sul davanti.
GIU' IL DAVANTI La sella è alta, i manubri sono molto bassi e questo su strada finisce per affaticare parecchio chi guida, che dopo un po' ha spalle, polsi e cervicale in sciopero... Alla fine del giro di 180 km sulle tortuose strade spagnole il mio sogno proibito era infatti la Street Triple R del nostro accompagnatore inglese... Con un assetto in sella meno radicale sarebbe la moto perfetta.
IN PISTA CON GUSTO Ma il meglio del gusto con questa nuova 675 arriva in pista. Quando vede un paio di cordoli la 675 di Hinckley tira fuori il meglio di sé. È una moto con cui ti vien voglia di giocare dopo due curve, perché la ciclistica e l'erogazione del motore si amalgamano alla perfezione offrendoti su un piatto d'argento prestazioni davvero di alto livello.
SCORREVOLIAncora una volta sono le sospensioni a farsi apprezzare maggiormente, forse appena un po' morbida la forcella (ma a me piace così perché non sono uno staccatore prepotente) che offre una gran scorrevolezza e piace per la capacità di comunicare sempre al pilota quello che accade nell'interfaccia gomma/asfalto. Così ti senti subito la moto in mano e sei portato naturalmente a fidarti e ad osare ogni giro di più. La posizione di guida che su strada pare un po' impiccata, in pista diventa invece perfetta, anche se il carico sui polsi soprattutto in un circuito guidato come Cartagena si fa comunque sentire. Lo stesso dicasi del mono che dà sostegno in accelerazione e offre la giusta scorrevolezza per copiare le asperità di una pista certo non levigata come Cartagena.
VA GIU' VELOCEUn po' alta di baricentro e piuttosto carica sull'anteriore la Triumph piace anche per la rapidità negli ingressi in curva, basta davvero poco sforzo e ti trovi già con le orecchie per terra. Di contro proprio per questo suo assetto particolare richiede un minimo di impegno fisico in più nei cambi di direzione rispetto alle concorrenti pià svelte, ma sono convinto che giocando un po' con le altezze potrebbe migliorare anche in questo frangente.
PIU' CATTIVA IN ALTO Proprio tra i cordoli il tre cilindri può farci capire quanto e come è migliorato, a bassi e medi praticamente uguali alla precedente versione (verificheremo con il banco ma così a sensazione non ci sono differenze degne di nota) si sommano ora alti regimi più "convinti". Del resto non potrebbe essere altrimenti visto che i cavalli sono arrivati tutti li, in alto. Non stupisce quindi, che oltre i 13.000 giri il triple inglese spinga con maggior grinta e, anche se la cambiata ideale resta attorno ai 14.000 indicati, i 15.000 del limitatore arrivano molto in fretta.
TANTA STRADA POCO SFORZOCavalleria e allungo, quindi, sembrano effettivamente migliorati e questo significa avere un potenziale superiore in circuito, perché in certe situazioni non si è obbligati a cambiare, ma si riesce a tenere la marcia tra una curva e l'altra senza perdere in spinta. É un motore che fa fare tanta strada alla moto questo, senza però darlo troppo a vedere, perché la spinta è sempre perfettamente spalmata sull'arco dei giri e anche se capita di entrare in curva per sbaglio con una marcia in più non è il caso di farne un dramma, dalle curve si esce comunque e in modo piuttosto brioso.
CAMBIO IN MEGLIO Anche in pista adesso il cambio riceve un giudizio positivo, sotto stress perde un filo di morbidezza, non siamo ancora a livello dei migliori cambi giapponesi ma ma il miglioramento rispetto al precedente sembra tangibile. Chiudo con il capitolo freni, che erano e restano di alto livello. L'impianto precedente era già valido, quello nuovo offre a parità di trazione sulla leva una potenza frenante superiore con un comando che mi pare diventato leggermente meno "spugnoso". Un intervento migliorativo qui non era proprio necessario ma visto che ci sono, le nuove pinze monoblocco (oltretutto ben più leggere delle altre) sono comunque le benvenute...