Punto di passaggio nella vita di un motociclista, o gradito approdo per il tanto atteso ritorno in sella, le naked entry level rappresentano la scelta giusta sia per chi arriva dalle piccole cilindrate e cerca una moto più propedeutica, sia per chi in passato ha macinato chilometri – magari anche in sella a moto prestazionali – ma ora è in cerca di maggior razionalità, senza però rinunciare a un pizzico di divertimento. Da anni le moto giapponesi dominano in questo segmento, ma c’è una piccola inglesina tutto pepe pronta a stravolgere le gerarchie. Oggi si sfidano Yamaha MT-07, Kawasaki Z 650, Honda CB650R, Suzuki SV 650 e la nuovissima Triumph Trident. Due, tre o quattro cilindri, chi sa offrire il pacchetto più completo? Scopriamolo insieme, dai che si va!
- Triumph Trident 660
- Yamaha MT-07
- Honda CB650R
- Kawasaki Z650
- Suzuki SV 650
- Il verdetto del confronto
- Schede tecniche
- Abbigliamento tecnico della prova
TRIUMPH TRIDENT 660: COM’È FATTA
Partiamo con l’ultima arrivata, la Triumph Trident 660, una moto unica per design e soluzioni tecniche. Triumph punta da sempre su qualità delle finiture e materiali e, nonostante questa sia una moto dal prezzo d’acquisto contenuto, trovarle un difetto è davvero molto complicato. Il design, si sa, va a gusto personale, ma le linee vagamente retrò interpretate in chiave moderna non mi dispiacciono affatto. Una menzione particolare al serbatoio ma soprattutto al faro a LED anteriore, davvero ben fatto. Sono a LED anche il resto delle luci, ormai un must anche nelle entry level… tranne qualche eccezione. Piccola e compatta, con un peso di 189 kg o.d.m, il comparto ciclistico della Triumph Trident 660 fa affidamento su un telaio tubolare in acciaio al quale si affiancano sospensioni Showa. La forcella USD è priva di regolazioni, il monoammortizzatore, invece, è regolabile nel precarico. Niente effetti speciali per l’impianto frenante, composto da una coppia di dischi morsi da pinze Nissin assiali all’anteriore, e pinza a singolo pistoncino al posteriore.
Il suo punto forte è senz’altro il tre cilindri da 660 cc, unica moto in questo segmento che utilizza questo schema, lontano parente della Street Triple S e ampiamente modificato per adattarsi al meglio ad una vera entry level. La scheda tecnica è interessante e la pone esattamente a metà tra le bicilindriche e la Honda: 81 CV a 10.250 giri e 64 Nm a 6.250 giri/min, il 90% di questa è disponibile fin dai 3.000 giri. A comandare le operazioni c’è il ride by wire, una rarità per la categoria, che permette l’implemento dei riding mode (Rain e Road) e del controllo di trazione, assistente alla guida utile insieme all’ABS, ormai da anni obbligatorio. Tutti i parametri elettronici, oltre alle informazioni alla guida, vengono riportate su uno strumento misto LCD/TFT a colori che, come optional, offre anche la connettività Bluetooth con lo smartphone e la GoPro.
YAMAHA MT-07 2021: COM’È FATTA
Per anni, almeno qui in Italia, è stata la Yamaha MT-07 la preferita (e più venduta) tra le naked entry level. La concorrenza, però, col tempo s’è fatta più agguerrita e con l’occasione del passaggio all’Euro 5 i tecnici di Iwata hanno messo mano al progetto, ma senza stravolgerlo. Il suo nuovo look ha fatto senza dubbio discutere, ma ora tutta la gamma è allineata al nuovo corso estetico molto futuristico. Nello specifico il faro anteriore diventa full led così come le frecce che prima erano optional, il serbatoio da 14 litri è più pronunciato e muscoloso grazie alla nuova forma dei convogliatori, la sella cambia leggermente mentre la coda resta sempre snella e affilata. Il punto forte, al pari del peso piuma di 182 kg, è il motore bicilindrico frontemarcia CP2, che resta di 689 cc, ma perde 1,6 CV e 1 Nm sull’altare delle normative Euro5. Per ottemperare a questo obbligo ci sono una nuova centralina e l’intero sistema di scarico ridisegnato: dai collettori al terminale. Potenza e coppia sono di 73,4 CV e 67 Nm, la prima erogata a 8.750 giri/min (anziché 9.000 giri/min dell’Euro4) e 6.500 giri/min. Il telaio in acciaio con struttura a diamante è stato confermato, mentre le sospensioni sono state riviste nel setting.
Nuovi invece i freni anteriori, caratterizzati da dischi che crescono da 282 a 298 mm abbinati a pinze radiali a 4 pistoncini, dietro c’è un disco da 245 mm e una pinza flottante a doppio pistoncino. Non era, e non sarà la moto con più tecnologia del confronto, ma il nuovo display LCD da un pizzico di modernità in più che non guasta, e la qualità percepita ne beneficia. Inoltre, ora per consultare le informazioni del display c’è un comando dedicato sul manubrio, una soluzione pratica che mi convince. Gli aiuti elettronici qui son sempre stati visti con scetticismo e anche sul model year 2021 si tengono alla larga. Yamaha tiene fede al suo credo: per lei questa moto ha anche una funzione propedeutica, ed è giusto insegnare alle nuove leve come si guida senza traction control e riding mode.
Nel confronto tutto a due cilindri dello scorso anno lei è rimasta tagliata fuori, ma dato che questa volta non ci sono limiti la Honda CB650R nella sfida di miglior naked entry level ci entra a pieno titolo. E lo fa, un po’ come Triumph, con delle regole tutte sue. La Honda, infatti, rinverdisce i fasti d’un tempo in cui le naked erano tutte a quattro cilindri con motori che derivavano dalle sportive carenate. 649 cc, 95 CV, record del confronto, ma da ricercare piuttosto in alto, a 12.000 giri/min, e 64 Nm di coppia a 8.500 giri/min, questi i dati della sua scheda tecnica. Nonostante la cavalleria quasi da segmento superiore, la Honda mette a disposizione dei neofiti la frizione assistita e anti-saltellamento, accoppiata ad un cambio a sei rapporti con quickshifter (optional) oltre che il traction control, disinseribile tramite un pratico pulsante sul blocchetto sinistro. A proposito di blocchetti, Honda s’aggiudica il confronto su qualità e cura delle finiture al fotofinish con la Triumph: verniciature, accoppiamenti e materiali, tutto d’altissimo livello.
Le novità per il 2021 non si limitano al solo motore Euro 5: le sovrastrutture sono state ritoccate con i pannelli laterali del serbatoio rivisti e c’è un nuovo porta targa in alluminio, nonostante il materiale pregiato, però, rimane tra le più pesanti del confronto con i suoi 202 kg o.d.m. Oltre a ciò, la forcella a steli rovesciati è ora un Showa SFF-Big Piston da 41 mm, mentre sono confermati il telaio a diamante in acciaio, il mono con regolazione del precarico e l’impianto frenante, composto da pinze radiali a 4 pistoncini a mordere dischi flottati da 310 mm all’anteriore, pinza a pistoncino singolo e 240 mm per il disco posteriore. Anche per lei nessuna connettività, in compenso è cambiato lo stile di visualizzazioni dello schermo LCD che in passato non convinceva per leggibilità e, purtroppo, continua a non farlo: col sole a picco i riflessi sono fastidiosi.
Kawasaki ha rinnovato la Z650 di recente portando tanta tecnologia a bordo ma senza rivoluzioni. Il model year 2021 vede affinamenti ancor più difficili da notare… dato che si tratta solamente dell’omologazione EU5 accompagnata da nuove grafiche e colorazioni. Lo stile Sugomi caratterizza l’aspetto, lei e la MT-07 puntano a conquistare i potenziali acquirenti trasmettendo aggressività e sportività fin da quando sono ancora ferme sul cavalletto. Seppur non al livello di Honda e Triumph, anche la Kawasaki convince per finiture e dotazione tecnologica: le luci sono tutte full Led e la strumentazione TFT a colori – sempre ben visibile e di facile lettura – è dotata di connessione Bluetooth, decisamente la migliore del confronto. La Z 650 appare compatta e leggera, sembra quasi appartenere ad una categoria inferiore e la bilancia non smentisce: 189 kg in ordine di marcia, la più leggera dopo la Yamaha.
A livello meccanico, come detto, adeguamento alle nuove normative antinquinamento a parte, non ci sono grosse novità da segnalare. Il telaio a traliccio in acciaio abbraccia un bicilindrico parallelo di 649 cc da 68 CV a 8.000 giri e 64 Nm a 6.700 giri/min, ma non fatevi ingannare dai numeri, come abbiamo visto l’anno scorso il bicilindrico parallelo di Akashi ha tante armi nascoste, elasticità su tutte. Per quanto riguarda la ciclistica troviamo una forcella tradizione con steli da 41 mm e un mono ammortizzatore regolabile nel precarico della molla, mentre l’impianto frenante è composto da due dischi a margherita da 300 mm davanti e ad un disco singolo da 220 mm dietro, entrambi morsi da pinze Nissin.
L’anno scorso chiedevamo un aggiornamento a gran voce per la Suzuki SV 650, vera e propria decana del segmento ed esempio di longevità. Beh, siamo stati ascoltati… ma solo in parte. Niente modifiche al design, eccezion fatta per i nuovi colori, e anche la ciclistica è rimasta quella collaudatissima che tutti conosciamo. A livello estetico niente effetto sorpresa, finiture e materiali puntano tutto su concretezza e razionalità, il che non è un male, ma certi dettagli lasciano ancora a desiderare, come alcune plastiche grezze in bella vista o la strumentazione LCD ormai datata. Come sulla MT-07, anche in sella alla SV s’impara a guidare senza aiuti elettronici… Un bene o un male? Dipende dai punti di vista, ma in certe situazioni l’elettronica mette una pezza dove i riflessi dell’uomo non arrivano. Al pari della Honda, anche lei supera i 200 kg in ordine di marcia con il pieno da 13,8 litri nel serbatoio, le altre bicilindriche fanno meglio.
Recentemente il telaio a traliccio ha animato le discussioni da bar – o meglio, da social – quello della Suzuki SV in acciaio rimane lì al suo posto, così come la forcella telescopica tradizionale, con steli da 41 mm e il monoammortizzatore regolabile solo nel precarico. Per quanto riguarda l’impianto frenante si può fare affidamento su una coppia di dischi da 290 mm davanti e disco da 240 mm morsi da pinze assiali, qui l’ABS è Nissin. La SV 650, però ha da sempre nel suo motore un elemento caratterizzante che sta diventando merce sempre più rara. I costruttori oggi progettano più semplici ed economici bicilindrici paralleli, Suzuki, invece, da anni porta avanti la dinastia del motore a V che, nonostante l’aggiornamento Euro 5, non cresce nella cilindrata. Ciò penalizza anche in questo caso leggermente le prestazioni: il picco di potenza è di 73,4 CV a 8.500 giri/min e quello di coppia è di 64 Nm a 6.800 giri al minuto.
Il duello per la moto più compatta è senz’altro tra la Triumph Trident e la Kawasaki Z 650, sembrano quasi di segmento inferiore per quanto sono minute. Le similitudini però, si fermano qui. Sull’inglese, nonostante la taglia S trovano posto anche piloti di taglia XXL, il manubrio vicino al busto comporta una posizione di guida abbastanza eretta che non affatica nel quotidiano, seppur in tangenziali e autostrade si rimanga molto esposti all’aria, mentre la vita da vespa e la sella a soli 805 mm da terra permettono a tutti di toccare facilmente il terreno con la pianta del piede. Tra le curve danza come un furetto, a livello d’agilità è un testa a testa con la MT-07, a dispetto della nipponica però, qui le sospensioni digeriscono meglio le andature allegre… sacrificando il confort quando l’asfalto è particolarmente rovinato, specialmente il monoammortizzatore è un po’ troppo secco nella risposta. Col quickshifter bidirezionale è un piacere mettere e togliere le marce, ma anche usato in maniera tradizionale il cambio convince, così come la frizione leggera e prevedibile.
Il suo punto di forza è senz’altro il motore: il tre cilindri è l’anello di giunzione tra 2 e 4 cilindri, la Trident ha una schiena poderosa ai medi e, rispetto a una bicilindrica, allunga meglio grazie alla sua struttura a tre cilindri, il tutto con la fluidità tipica dei “tre inglesi” … e del loro sound davvero molto appagante. La verve non manca dunque, e per fortuna c’è anche qualche aiutino elettronico, il caratterino abbinato alla ciclistica svelta necessitano forse di un piccolo periodo d’ambientamento per chi è un po’ arrugginito. Se proprio devo dire qualcosa che non mi convince – spazio in sella per il passeggero a parte – avrei preferito un impianto frenante più modulabile, la potenza invece è più che sufficiente, e una taratura del monoammortizzatore più confortevole, specialmente per tombini, buche e pavé.
La Triumph offrirà anche il meglio dei due mondi, ma in sella cercate il divertimento puro, la Yamaha MT-07 si piazza ancora al vertice della categoria, è lei la fun bike per eccellenza del segmento. Il merito è ovviamente del suo motore, che in questo confronto non sarà il migliore in termini di potenza e coppia, ma in quanto a brio e vivacità non è secondo a nessuno. Prontissimo fin da subito, tanto da far” galleggiare” la ruota anteriore (insomma, avete capito) se non si presta troppa attenzione a come si ruota il comando del gas. Il meglio arriva tra i 5.000 e gli 8.000, dopo la spinta diminuisce ed è lì che alcune rivali si prendono la rivincita. I miglioramenti alla ciclistica rispetto al passato ci sono e si notano, la MT è svelta e guizzante nei cambi di direzione ma non precisa come Triumph, Honda e Kawasaki, specialmente quando si alza il ritmo il comparto sospensioni soffre ancora e diminuisce il feeling trasmesso a chi guida. In compenso è migliorata la frenata, tra le più convincenti del lotto per potenza e modulabilità e con un ABS davvero molto a punto.
Qui, come sulla Honda, lo spazio in sella non manca e la triangolazione sella/pedane/manubrio è tra le più azzeccate. Ora è ancora più ergonomica per via del manubrio che offre un miglior feeling tra le curve. Non solo è più largo, ma è anche leggermente più alto, a tutto vantaggio del comfort che non guasta mai, nemmeno su una moto da teppisti come la MT. Inoltre, grazie al raggio di sterzata contenuto, in città è tra le migliori con agilità quasi da scooter e sospensioni più morbide rispetto a Honda e Triumph. Bene anche la frizione e il cambio, che ora ha una corsa più corta e innesti più precisi. Vero che le moto senza elettronica insegnano, ma siamo proprio che con tutta questa verve il controllo di trazione non fosse necessario? Chi usa la moto tutto l’anno tra binari e pavé, probabilmente, non avrebbe disdegnato.
Diametralmente opposta per scelte tecniche e caratteristiche dinamiche, la Honda CB650R ha per diverso tempo battagliato con la Yamaha nella classifica delle immatricolazioni. Dove la MT e le altre bicilindriche sprintano, la Honda CB650R zoppica, ovviamente si parla d’erogazione ai bassi regimi. Fino ai 6.000 giri non c’è storia, ma superata questa soglia la situazione si ribalta: la CB spinge forte in alto quasi come una sportiva 600 e raggiunge velocità di punta ben superiori alle rivali… e che sound, per gli amanti dei motori che urlano è pura libidine. Per farla girare nei range a lei favorevoli bisogna usare spesso il cambio, che è preciso e rapido negli innesti, se si vuole il top si può optare per il quickshifter, ma solo per salire di rapporto. Quando si procede in modalità relax, però, offre una linearità d’erogazione che non tutte le rivali hanno… tranne negli apri/chiudi, qui c’è un sensibile effetto on-off che disturba l’esperienza di guida, al pari di qualche vibrazione ad alta frequenza attorno ai 7.000 giri… purtroppo proprio la frequenza a cui il motore gira ai 130 km/h in autostrada.
Anche la posizione in sella si differenzia di molto dalle rivali, qui si sta un po’ più caricati sui polsi e le ginocchia sono piuttosto raccolte. Non sarà il massimo in città, dove tra l’altro il monoammortizzatore mal digerisce le buche più profonde, in compenso tra le curve si gode di una precisione nell’inserimento e stabilità in percorrenza quasi senza eguali. Tra tutte è quella che ama maggiormente la guida sportiva, specialmente nel guidato veloce, nel misto stretto, invece, paga i kg extra sul piatto della bilancia. Promosso l’impianto frenante, il migliore del confronto, ben anche il controllo di trazione che, seppur non preciso come quello di Triumph, svolge bene il suo compito, tagliando solo quando necessario.
La distanza che divide la Honda dalla Yamaha aumenta se a confrontarsi solo la CB e la Kawasaki Z650. Da un lato c’è una moto grande, ospitale, potente, dall’altro una moto compatta – forse troppo compatta -leggera e, stando ai freddi numeri, poco entusiasmante. Sul fatto che sia compatta e leggera non ci sono dubbi, la sella alta appena 79 cm da terra e il manubrio stretto e vicino al busto rendono la media nipponica facile da guidare per piloti di tutte le abilità ma non di tutte le taglie: chi supera 1,80 m si troverà con le ginocchia rannicchiate. Sul divertimento, invece, la piccola naked di Akashi sorprenderebbe anche i più scettici. Il motore è il meno potente del confronto, ma è un portento di elasticità: riprende senza batter ciglio a qualsiasi velocità e con qualsiasi rapporto, e quando arriva ai medi regimi tira fuori anche un bel caratterino. Certo, non chiedetegli gli straordinari, in alto la birra finisce.
L’altro punto forte della Z650 è la taratura delle sospensioni, specialmente se della staccata al fulmicotone non v’importa poi troppo: la taratura morbida la rende la più confortevole sulle strade dissestate o in città, ma una volta sfruttata la prima parte utile di corsa, le sospensioni si fanno più rigide e vi permettono di disegnare traiettorie anche più precise di alcune rivali meglio dotate a livello di componentistica, almeno finché il ritmo di guida non si fa quello di una manche di qualifica. Non deludono nemmeno i freni, ottimo il mordente offerto dall'anteriore, di potenza ce n'è d'avanzo. Peccato per una leva fin troppo reattiva specialmente per chi è alle prime armi.
Tra Suzuki e Kawasaki, invece, le similitudini non mancano, almeno per quanto riguarda la posizione in sella e la facilità di controllo. La seduta a 785 mm è la più bassa del confronto e il manubrio, stretto e ricurvo verso chi guida, rendono facile la vita a chi non ha il physique du rôle del corazziere. Per i meno esperti c’è anche il low rpm assist che aiuta nelle partenze da fermo: farla spegnere è praticamente impossibile. In compenso, però, anche sulla Suzuki chi supera il metro e ottanta cm fatica a trovare la giusta posizione e la sella è piuttosto dura, ricordatevelo in fase d’acquisto se percorrete lunghe distanze in sella. Bilanciamento e ciclistica semplice, ma al contempo efficace, sono decisamente un punto forte. Rispetto ad alcune rivali è meno svelta a raggiungere il punto di corda, anche a causa della minor leva offerta dal manubrio, ma lo fa scendendo in piega in maniera prevedibile ed equilibrata.
Nel misto si fa fatica a lasciarsela alle spalle, mica male per un’arzilla vecchietta. Il bicilindrico a V, seppur l’omologazione Euro 5 l’abbia leggermente castrato, rimane unico: in basso è meno pronto rispetto ai frontemarcia di Yamaha e Kawasaki, ma quando si tratta di insistere sul gas lui non si tira affatto indietro… e che sound! Un difetto? L’impianto frenante non convince per modulabilità e il cambio è quello che ha convinto di meno tra le moto in prova: gli innesti sono poco precisi e leggermente contrastati. Una parziale attenuante potrebbe essere che l’esemplare in prova ha pochi chilometri all’attivo.
TRIUMPH TRIDENT: COLORI, ACCESSORI, PREZZO
La Triumph Trident ha un prezzo di listino di 8.195 euro, le colorazioni disponibili sono 4: bianca o nera senza sovrapprezzo, argento e rosso o nera con logo bianco con una spesa extra di 100 euro. Come spesso accade con Triumph gli optional non mancano: dalla personalizzazione estetica, fino al cambio quickshifter (dal costo di 331,17 euro) o al modulo per la connettività Bluetooth (245 euro).
YAMAHA MT-07: COLORI, ACCESSORI, PREZZO
Un colore in meno, ma anche 1.196 euro per la Yamaha MT-07 2021 che è disponibile nelle colorazioni Storm Fluo, Tech Black o Icon Blue come l’esemplare in prova. Anche in questo caso le personalizzazioni non mancano e alcune di queste le potete vedere equipaggiate, come le protezioni in gomma per il serbatoio o le frecce a LED anteriori e posteriori. Il pezzo forte del catalogo è lo scarico completo Akrapovič, dal valore di 1.701 euro. Prezzo? 6.999 euro
HONDA CB650R 2021: COLORI, ACCESSORI, PREZZO
Se i quattro cilindri della Honda CB650R fanno al caso vostro dovrete mettere in conto di risparmiare 8.190 euro. Come per la Triumph, anche per lei sono 4 le colorazioni disponibili: nera, blu, grigia o rossa come l’esemplare in prova. Tra gli accessori figurano borse e bauletti, ma anche personalizzazioni estetiche come il neo sport cafè pack con dettagli in alluminio da 649,37 o il quickshifter da 221 euro.
KAWASAKI Z650: COLORI, ACCESSORI, PREZZO
La nuda Kawasaki viene proposta in tre varianti cromatiche: nera a 7.090 euro oppure verde/nera o bianco/nera con un sovrapprezzo di 100 euro. Ricchissimo il catalogo accessori, dal quale consiglio la sella più alta di 3 cm che migliora l’ergonomia per chi supera il 1,75 cm. Per gli amanti della sportività, poi, c’è anche la versione Performance che si caratterizza per lo scarico completo in titanio Akrapovič, il cupolino fumé, il kit coprisella e l’adesivo para serbatoio, il prezzo in questo allestimento sale fino a 8.580 euro.
SUZUKI SV 650: ACCESSORI, COLORI, PREZZO
Anche la Suzuki SV 650 è proposta in tre diverse colorazioni: nera col telaio blu, nera con telaio oro oppure bianca con telaio rosso come l’esemplare della nostra prova. Tra tutte è quella che costa meno, viene infatti proposta a 6.790 euro f.c. Anche per lei la lista di accessori è lunghissima e comprende borse laterali e serbatoio, adesivi, sella confort e terminali di scarico aftermarket SC-project o Fresco.
Dopo aver descritto pregi e difetti di ognuna delle contendenti è tempo di tirare le somme. Una vincitrice assoluta è quasi impossibile da eleggere dato che queste moto sono tanto simili quanto diverse. Kawasaki e Suzuki sono quelle più amichevoli, perfette per il neofita che vorrà poi sperimentare le cilindrate superiori, dopo aver perfezionato la propria padronanza del mezzo. La Yamaha è simile alle due moto appena descritte, ma in più aggiunge quella componente da fun bike che fa tanto presa sui giovani… sia d’età che di spirito. Honda e Triumph sono le moto che offrono un’esperienza di guida più matura, possono rappresentare un trampolino di lancio verso le naked più performanti – quelle da 100 CV in su – ma anche un punto d’arrivo, grazie alle prestazioni dei loro motori e alla bontà della ciclistica.
SCHEDA TECNICA | TRIUMPH TRIDENT 660 |
Motore | 3 cilindri in linea, Euro 5 |
Cilindrata | 660 cc |
Potenza | 81 CV a 10.250 giri/min |
Coppia | 64 Nm a 6.250 giri/min |
Peso | 189 kg o.d.m. |
Prezzo | 8.195 euro |
SCHEDA TECNICA | YAMAHA MT-07 2021 |
Motore | Bicilindrico parallelo CP2, Euro 5 |
Cilindrata | 689 cc |
Potenza | 73,4 CV a 8.750 giri/min |
Coppia | 67 Nm a 6.500 giri/min |
Peso | 182 kg |
Prezzo | 6.999 euro |
SCHEDA TECNICA | HONDA CB650R 2021 |
Motore | 4 cilindri in linea, Euro 5 |
Cilindrata | 649 cc |
Potenza | 95 CV a a 12.000 giri/min |
Coppia | 64 Nm a 8.500 giri/min |
Peso | 202 kg |
Prezzo | 8.190 euro |
SCHEDA TECNICA | KAWASAKI Z650 2021 |
Motore | Bicilindrico parallelo, Euro 5 |
Cilindrata | 649 cc |
Potenza | 68 CV a 8.000 giri/min |
Coppia | 64 Nm a 6.700 giri/min |
Peso | 189 kg o.d.m. |
Prezzo | 7.090 euro |
SCHEDA TECNICA | SUZUKI SV 650 2021 |
Motore | Bicilindrico a V, Euro 5 |
Cilindrata | 645 cc |
Potenza | 73,4 CV a 8.500 giri/min |
Coppia | 64 Nm a 6.800 giri/min |
Peso | 195 kg |
Prezzo | 6.790 euro |
ABBIGLIAMENTI DELLA COMPARATIVA
ABBIGLIAMENTO DANILO - TRIUMPH TRIDENT 660
- CASCOShoei NXR
- GIACCA Tucano Urbano Iceman
- GUANTI Tucano Urbano Bob
- PANTALONI Tucano Urbano Leocargo
- SCARPE Stylmartin Core WP
ABBIGLIAMENTO ALESSANDRO - YAMAHA MT-07
- CASCOCaberg Drift Evo
- GIACCA Ixon Zephyr Air
- GUANTI Ixon RS Recon Air
- JEANS Ixon Mike
- SCARPE TCX Rush 2 Air
ABBIGLIAMENTO MICHELE - HONDA CB650R
- CASCOX-lite X-1005 U.C.
- GIACCA Hevik B-17
- GUANTI Hevik Zeus
- JEANS Ixon Mike
- SCARPE TCX Rush 2 Air
ABBIGLIAMENTO GIORGIO - KAWASAKI Z650
- CASCOScorpion EXO 520-Air
- GIACCA Macna Proxim
- GUANTI Macna Siroc
- JEANS Macna Individi
- SCARPE TCX Rush 2 Air
ABBIGLIAMENTO EMANUELE - SUZUKI SV650
- CASCOSchuberth C4
- GIACCA Held Antaris
- GUANTI Held Hamada
- JEANS Held Scorge
- SCARPE TCX Rush 2 Air