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Prova su strada

YamahaYZF R1


Avatar Redazionale, il 04/05/98

26 anni fa - Racing, e basta

C'è perfino chi la scambia per una 125 per la sua compattezza sorprendente. Mai fino ad oggi nessuno si era spinto tanto in avanti con una quattro cilindri di grande serie. Certe quote ciclistiche, certi pesi, erano riservati solo a moto da competizione. Ma questa R1, nei propositi Yamaha, nasce proprio come arma assoluta. Un'arma che ha fatto invecchiare di colpo l'intera produzione mondiale spostando ancora in avanti il limite di una moto sportiva stradale.

COM’È Per realizzare una tale meraviglia in Yamaha non hanno esitato ad attingere a piene mani dalla tecnologia delle moto GP, del resto le corse dovranno pur servire a qualcosa, o no? E proprio dalle 500 da gran premio derivano il telaio Deltabox di seconda generazione e il lunghissimo forcellone che aiuta non poco a contenere la furia dei 150 cavalli di cui è capace il quattro cilindri venti valvole.

IL MOTORE Proprio il motore è uno dei punti forti di questa R1. Vi ricordate il quattro cilindri della FZR? Beh dimenticatelo. Questo nuovo 1000 condivide con i precedenti propulsori solo le cinque valvole per cilindro e la valvola EXUP allo scarico. Intanto è davvero dimagrito, non solo nel peso (9 chili e mezzo in meno!) ma anche nella silhouette. La rotazione del cambio verso l'alto ha infatti permesso ai tecnici Yamaha di accorciare il motore di 81 mm consentendo così di realizzare un telaio più compatto e di sfondare con l'interasse quota 1400. Solo 1395 millimetri dividono infatti la ruota anteriore da quella posteriore: un vero record.

RECORD, già. Per questa moto è una parola inflazionata ma del resto non se ne può proprio fare a meno. Da record l'accelerazione; da record la frenata della coppia di dischi anteriori, 298 millimetri di acciaio, "lavorato" da pinze monoblocco; da record, infine, il peso. Messa sulla bilancia la R1 denuncia un peso forma di 177 chili, addirittura meno della leggerissima Ducati 916 SPS antagonista principale della nuova super Yamaha. Ma chi si aspetta un record anche nel prezzo potrebbe rimanere piacevolmente sorpreso. La R1 non alleggerisce troppo il conto in banca. 22.300.000 lire e ci si porta a casa il punto di riferimento tra le due ruote sportive.

COME VA È come salire su una seicento. Misure, ingombri e abitabilità… sono davvero gli stessi di una media cilindrata sportiva. La sella è alta, i semimanubri in basso, molto in basso; insomma la posizione di guida è sportiva senza compromessi, ma tutto sommato anche chi non è proprio un fantino ha il suo spazio. Uno sguardo alla strumentazione, un assaggio sui comandi. Tutto è ok: leve e pedane sono al posto giusto e il cruscotto è scarno ma completo, con un solo "orologio", il contagiri, mentre il classico tachimetro lascia spazio a un display digitale dalla scarsa personalità.

FACILE, FACILE Guidare la R1 è un po' come essere a bordo dell'ultima diavoleria di Disneyland; le sensazioni che questa moto riesce a trasmettere al pilota sono esaltanti. Con 150 cavalli e 177 chili sarebbe lecito aspettarsi una moto scorbutica, quasi inguidabile, invece la 1000 Yamaha sa farsi condurre come un agnellino. Sin dai regimi più bassi la spinta è degna del miglior motore turistico, si può viaggiare in sesta marcia e riprendere da 2000 giri senza la benché minima incertezza. Merito della valvola Exup che, quando serve, parzializza la sezione di passaggio dei gas di scarico.

SU UNA RUOTA Ma la R1 non è una moto turistica, a ricordarcelo provvede anche lo striminzito cupolino, perfetto per fendere l'aria, un po' meno per proteggere il pilota, e per capirlo meglio basta ruotare con decisione la manopola del gas. Prima, seconda, terza: la ruota anteriore punta decisa il cielo. In ogni rapporto la spinta è impressionante. L'erogazione del venti valvole Yamaha non conosce tregua, dai 2.000 ai 12.000 giri è un continuo crescendo, non un picco di potenza, non un vuoto, ma una spinta costante che proietta la R1 in accelerazioni entusiasmanti. Difficile leggere la velocità sul display mentre si accelera. L'unica cifra ben leggibile è quella delle centinaia che in pochi secondi segna zero-uno-due. La girandola di numeri si ferma solo quando ci si avvicina alla velocità massima: il display segna 290, effettivi sono oltre 275 chilometri all'ora. La guida di questa Yamaha entusiasma davvero.

SIMBIOSI UOMO-MACCHINA QUASI PERFETTA La R1 risponde agli ordini impartiti con una precisione esemplare, difficile chiedere di più a una moto stradale. Rapidissima nei cambi di direzione, precisa nello scendere in piega riesce ad appagare anche il pilota più smaliziato. L'unica attenzione va al polso destro che deve essere davvero molto sensibile perché‚ con tanta potenza in gioco, ogni tratto verniciato, ogni ondulazione dell'asfalto potrebbero tradursi in scodate o impennate indesiderate. Una moto che su strada aperta va usata con attenzione, anche perché la R1 sciorina il suo tremendo potenziale senza che ve ne rendiate conto.

I DIFETTI Il cambio non è sempre all'altezza. Un po' ruvido e duro da azionare è anche talvolta "sonoro" nell'inserimento della prima. Ma l'esemplare provato aveva percorso solo pochi chilometri e la situazione può solo migliorare. Secondo appunto: la sistemazione del passeggero. D'accordo che è una supersportiva e che anche le concorrenti non offrono molto di più, ma immaginiamo lo sguardo atterrito di chi, appollaiato sullo strapuntino e senza alcun appiglio solido, debba contrastarne la furiosa accelerazione. Tanto valeva farla monoposto.


Pubblicato da Stefano Cordara, 04/05/1998
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