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Prova su strada

Triumph Daytona 955i my 2001


Avatar Redazionale, il 20/06/01

23 anni fa - Sush all'inglese

La sportiva inglese gonfia i muscoli per aggredire, con modi non troppo estremi, il mercato delle moto racing supervitaminizzate. Tanto motore in più ma il gap con le rivali giapponesi e italiane non è completamente colmato.

COM’È

Una premessa doverosa: le varie CBR, GSX R e 996, possono ancora dormire sonni tranquilli. Dal nord Europa non è arrivata l’orda di barbari in grado di fare terra bruciata al loro passaggio, la nuova Daytona va molto più forte, è più sportiva di prima, ma non stabilisce primati. Di cavalli ce ne sono tanti (147) in grado di regalare quelle belle sensazioni che il tre cilindri da sempre offre agli estimatori di questo marchio ritrovato.

NOSTALGIA CANAGLIA

Un tuffo al cuore prima e una lacrima dopo ce la siamo lasciata scappare. Lo sguardo cupo e sottile della T595 (la vecchia Daytona per intenderci) ci aveva conquistato al punto da distinguerla a colpo sicuro in mezzo a tante carene. Sinceramente, trovarsi oggi davanti alla my 2001 in perfetto nippo-style dispiace un po’. E’ il nuovo che avanza, come sostengono alcuni, e abituarsi ad un’evoluzione così radicale non è certo facile. Occorre però spendere due parole di merito nei confronti dei ragazzi di Hinckley: con la nuova Daytona ce l’hanno messa tutta per far dimenticare la progenitrice, farcendo la T595 con una serie di novità difficilmente trascurabili. Nuova in tutto, dunque, o quasi, cambiano l’estetica, buona parte della ciclistica, e il motore, potente e in grado di raggiungere regimi di rotazione prossimi agli 11.000 ad un soffio quindi dai quattro più arrabbiati. Tutto per aggiungere al piacere dell’uso su strada (la T595 è stata unanimemente giudicata una delle migliori sportive stradali ndr) quella giusta dose di gratificazione che alcuni assaporeranno in pista.

MAQUILLAGE E DIETA FERREA

Metteteci una bella scritta Fireblade oppure SRAD e il camuffo è fatto. Se non fosse per certi segni distintivi, difficilmente si penserebbe che la Daytona è la nuova versione di una moto sportiva inglese. I richiami allo stile del sol levante sono fin troppo evidenti, ma almeno sui colori possiamo tirare un sospiro di sollievo. Bandite le carene in technicolor: Caspian Blue e Alluminium Silver le uniche alternative disponibili (occhio però, anche i jap nel frattempo hanno cominciato a proporre Ipersportive in smoking). La colonna portante è rimasta quasi invariata, il telaio in tubi ovali d’alluminio è sempre lì, sinuoso e ancora una volta in grado di sostenere il motore e gestire senza affanno potenza e sollecitazioni inferte dal triple inglese.

OCCHI SPALANCATI.

A furor di popolo (inglese) cambia anche lo sguardo. I due fari circolari di grande diametro, rappresentano la concretizzazione dei desideri dei centauri inglesi che coi vecchi fari vedevano poco, soprattutto in quelle splendide giornate british fatte di nebbiolina, pioggerella e buio. "Raggioxraggiox3,14" e la strada più oscura s’illumina d’immenso. La coppia di occhioni che ammicca dietro il trasparente della Daytona funziona davvero. Ma, come accadde con la Speed Triple, questa scelta fa discutere: o piace o la si detesta. Un consistente rinnovamento è stato dedicato alla carenatura, più affilata e guarnita di incavi nel centro e sul puntale per far defluire meglio l’aria calda del motore. È migliorata la conformazione del serbatoio, gonfiato leggermente nella zona del tappo e più affusolato tra le gambe, il risultato è che alla guida si è decisamente meglio inseriti.
Per finire, i designer inglesi hanno dato una bella "temperata" anche al codino, che culmina con un piccolo faro che punta in su, lo stesso della piccola TT 600. Il passeggero ha il sellino sbalzato di qualche centimetro rispetto a quello del driver ma sta comodo molto più che su alcune pseudo sport-tourer.

MONOBRACCIO ADDIO

Per far precipitare la lancetta della bilancia verso valori più consoni ad una sportiva (la Daytona ora denuncia 188 Kg a secco) il forcellone monobraccio è stato sostituito con un classico forcellone in alluminio verniciato di nero. Una soluzione che ha fatto discutere ancor più dei due fari, e che tra i triumphisti innamorati della ruota a sbalzo non ha trovato facili consensi. Per riappacificare gli animi diremo che la nuova struttura non solo è più rigida della precedente ma anche più leggera, quindi…. Tirate voi le conclusioni. Completamente aggiornato il monoammortizzatore e i relativi leveraggi: non si rimbalza più su di una tavola di legno. Ora la sospensione posteriore assorbe e filtra in modo più progressivo le asperità dell’asfalto. È aumentata la lunghezza della stessa, il che ha caricato in avanti la Daytona riducendo l’interasse a 1417 mm e l’angolo del cannotto di sterzo a 22,8°

FRENI... BENE COSÌ

La proverbiale frenata non ha avuto bisogno di aggiornamenti. I due dischi flottanti da 320 millimetri e relative pinze a quattro pistoncini, si comportano egregiamente e con la riduzione di peso totale di 10 kg va ancora meglio. I dischi sono ancorati a cinque punti, in luogo dei sei precedenti, sullo stesso cerchio che già equipaggia la TT600. Ma la vera sorpresa è l’impianto posteriore che finalmente si è messo a fare il proprio dovere, cosa che sul modello precedente non accadeva affatto.

SILENZIO SI GIRA

Davvero rinnovato in modo approfondito il tre cilindri, al punto che del vecchio rumore di meccanica quasi non ce n’è traccia. Nuovi i pistoni, nuove le bielle (più leggere), è stato ridotto l’angolo di incidenza delle valvole, migliorati i condotti di aspirazione e scarico. Di conseguenza sono aumentati rapporto di compressione e il regime di rotazione del motore.

COSTA POCO

Tante innovazioni dunque che fortunatamente non sono andate ad influire sul prezzo. La Daytona costa 23.500.000 lire tonde. Un valore quindi inferiore a tutte le concorrenti che gravitano attorno al litro di cilindrata.

COME VA 

Meglio in tre. Lo dice anche uno dei motti coniati dall’importatore del marchio inglese in Italia. A voi l’interpretazione, ma giustamente viene da chiedersi come la nuova Daytona si comporti su strada. Il tre cilindri è elastico al punto che si può viaggiare in sesta a poco più di 2.000 giri, ascoltando solo il borbottio dello scarico. Qualche piccolo strappo arriva dalla trasmissione finale, ma è sufficiente centellinare il gas per farlo sparire. Un gran motore questo triple, generoso e domestico ai bassi, dove storicamente il tre cilindri funziona quasi meglio dei twin, adorabile tra i 5000 e gli 8000, range maggiormente utilizzato e finalmente possente in alto, fino alla zona rossa, dove il limitatore entra in azione a 12.000. La zona calda è indicata 500 giri più in basso.

GIÙ IL GINOCCHIO

Tutto caricato in avanti, con i polsi ben piegati sui semi manubri e i piedi ben in alto sulle pedane, l’assetto della Daytona non lascia spazio ad interpretazioni turistiche, sebbene resti uno dei più comodosi tra le moto sportive.
L’inserimento in sella è nettamente migliorato, nella zona dove il serbatoio si raccorda con la sella c’è davvero tanto spazio in più ed è facile destreggiarsi in rapidi cambi di direzione nelle varianti. Non è una moto rapidissima, la Daytona, ma si mostra piuttosto equilibrata e facile al punto che anche quando si viaggia forte l’impegno resta limitato Insomma non è frenetica ma affabile e precisa (soprattutto di avantreno), e non fa mai brutti scherzi, a meno che non si esageri con l’acceleratore.
Così si piega tanto, con un piccolo limite però: le pedane arrivano presto a scheggiare l’asfalto, nonostante siano ben più alte della versione precedente… Siamo noi che stiamo esagerando?
Dove la Daytona è veramente a suo agio è nella percorrenza dei curvoni veloci, quelli da fare a manetta spalancata, magari in quarta piena. In quel contesto la ciclistica della 955 inglese sfodera tutto il suo rigore. Non serve nemmeno regolarla troppo per ottenere il meglio. Forcella e ammortizzatore sono comunque sensibili agli interventi.

PRECISA E SOLIDA

Il pneumatico posteriore è divenuto più smilzo (da 190 a 180 mm) perdendo quel centimetro di spalla e di immagine. Il look forse ne risente, la maneggevolezza, invece, ringrazia; parte del merito dell’aumentata rapidità della sportivona inglese va infatti anche al pneumatico più stretto.
In pista non si può che apprezzare il rinnovato vigore del triple inglese. Quel che c’è di nuovo in alto non ha penalizzato i bassi...il tre cilindri non ha perso la buona abitudine di dare quel grosso calcio nel didietro ai regimi più bassi (quelli dove i quattro cilindri sembrano ancora spenti), al punto che non è così improbabile percepire una perdita di aderenza del posteriore, comunque facilmente controllabile. Commovente la spinta ai medi regimi, finalmente entusiasmante anche l’allungo. Dopo i 9000 giri il vecchio 955 si sedeva un po’, questo… tac! È come se accendesse un interruttore che proietta l’ago verso la zona rossa. Una bella grinta, non c’è che dire, che condita con la spinta sempre pronta in uscita di curva, rende quanto mai gratificante sfruttare la Daytona, un gusto tutto british, come il tè delle cinque.

Pubblicato da Marco Selvetti, 20/06/2001
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