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È sempre stata il riferimento delle naked da sparo, la Triumph Street Triple, e oggi si ripresenta più in forma che mai. Motore ancora più dolce, ciclistica più efficacie, tutto per il massimo del divertimento
C’ERA UNA VOLTA C’era una volta il segmento naked, il più apprezzato e discusso di tutti. Le Case pompavano forte sul settore e capitava che non si riuscisse a stare dietro ai troppi ordini. Oggi la situazione è ben diversa, anzi opposta: le medie naked hanno accusato come e più degli altri il gancio della crisi, diventando nel giro di pochissimo le moto meno desiderate dopo le supersportive. Nonostante ciò, qualcuno ci crede ancora, inglesi in primis: l’ultima release della Triumph Street Triple non ha controllo di trazione, Ride by Wire o altre diavolerie elettroniche (ABS optional), ma era e rimane la regina del divertimento.
POCHE MA BUONE Con la nuova Triumph Street Triple ad Hinckley, non hanno certo buttato il progetto precedente nel camino. Piuttosto si sono concentrati sui (pochi) punti deboli cercando di rafforzarli, a partire dall’estetica. I gusti son gusti, non si discute, ma a mio parere il nuovo corso stilistico inaugurato con la Speed non ha nulla da rimpiangere del passato, nemmeno i famosi fari tondi. Anche lo scarico, ora basso, può piacere o meno. Rimane il fatto che migliora non di poco la distribuzione dei pesi e dei volumi, anche a colpo d’occhio. Nuove sono anche le fiancate copri-radiatore e gli specchi retrovisori.
BELLA FUORI E DENTRO Se l’estetica della nuova Triump Street Triple va giudicata secondo i gusti, sulla meccanica c’è poco spazio per il libero arbitrio. Il tre cilindri è sempre stato un motore apprezzatissimo, quindi perché andare a toccarlo? Rimane la cilindrata di 675 centimetri cubi, con misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 74 e 52,3 millimetri. Se ve lo state chiedendo, la risposta è no: non è il "Triple" che monta la nuova Daytona, con alesaggio da 76. Tuttavia qualcosa è cambiato anche qui: è stata messa a punto l’iniezione elettronica, con tanto di regolazione dei corpi farfallati, tutto per avere un’erogazione ancora più fluida e lineare. All’uopo, anche il primo rapporto è inedito, più lungo, e il passaggio dalla prima alla seconda ora è più dolce. I numeri invece sono rimasti identici: 106 cv (78 kW) a 11.850 giri e 68 Nm a 9.750 giri, ma sono migliorati i consumi; si parla di un generico meno 30% (da 7,1 a 5,5 litri/100 km).
SCHELETRO Le maggiori modifiche meccaniche hanno interessato il telaio della nuova Street. È vero, rimane un doppio trave in alluminio, ma è stato completamente ridisegnato e ora è composto da 8 elementi invece di 11. Nuovi sono anche il forcellone, più leggero di 600 grammi, e il telaietto posteriore, ora in alluminio pressofuso. Forcella da 41 e mono Kayaba completano la ciclistica, entrambi non regolabili (solo il mono nel precarico). I numeri caratteristici della nuova Street sono tutti a favore del divertimento: inclinazione del cannotto di 24,1°, avancorsa di 99,6 millimetri e interasse di 1.410 millimetri. Il risultato è che ora, grazie anche al riposizionamento dello scarico (più leggero di 3,6 chili), è cambiata la distribuzione dei pesi, che passa da 49/51 (anteriore/posteriore) a 52/48, quindi più caricata sul davanti. Il peso invece scende parecchio, 6 chili in meno, per un totale di soli 183 chili in ordine di marcia. Dulcis in fundo l’ABS, disponibile con 400 euro in più.
PREZZACCIO Fatte queste premesse, non si può certo dire che la Street sia la moto più avanzata tecnologicamente, soprattutto a livello di elettronica, ma questo le ha permesso di mantenere un notevole low-price: 8.190 euro la versione base, 1.000 euro in più per avere la R (sospensioni regolabili e impianto frenante potenziato). Tre le colorazioni disponibili per la versione standard: Phantom Black, Crystal White e Carribean Blue, mentre per la R, che è contraddistinta anche dal telaio verniciato di rosso, è prevista un esclusivo Matt Graphite.
FAMELICA Sono sempre rimasto affascinato dalla Triumph Street Triple, un mix di atletismo, arroganza, con un tocco di sinuosità. Mi è sempre apparsa come un oggetto altamente desiderabile, e anche quest’ultima versione non fa eccezione. Forse le linee sono vagamente meno originali e c’è più plastica rispetto al passato, segno naturale di un’economia dei costi. Ma d’altronde, di questi tempi lo fanno un po’ tutti. Rimane comunque una bella moto anche da ferma, con il sound roco del triple, una volta accesa, a riscaldare gli animi degli sportivi.
SPORTIVA INSIDE È agile anche da spenta la Triumph Street Triple: tra le gambe è piccolissima, come sempre, e anche il peso è da top model. La posizione non obbliga a particolari sacrifici, con il manubrio bello largo, tutti i comandi ben raggiungibili e la sella alta il gusto da terra (anche chi non è un vatusso poggia bene i piedi a terra). Solo il cockpit dà una sensazione vagamente cheap, più che in passato. Ingrano la prima e via, il tricilindrico spinge senza esitazioni fin da subito, più regolare e fluido di un filobus, assecondato da un cambio dolce come il miele. Ti conquista subito, la Street: è una di quelle moto che nonostante il carattere sportivo mette subito a proprio agio. Impossibile resistere al suo fascino di giocherellona. Tutto è intuitivo con lei, si frena dove si vuole e si accelera senza mai scalare. Il passeggero? Meglio dimenticarselo.
FUGA DALLA CITTÀ Territorio di caccia della Triumph Street Triple è, manco a dirlo, il vostro passo preferito. Stretto o veloce che sia, la piccola Street sembra non farsi intimorire da niente e nessuno. Le sospensioni che in città sembravano gnucche, una volta alzato il ritmo sono l’ideale: lavorano bene in ogni situazione, trasmettendo al pilota esattamente ogni singola asperità dell’asfalto, senza tuttavia scomporre l’assetto quando se ne incontra una. Velocissima a scendere in piega, ancora più che in passato grazie al peso ridotto, la media di Hinckley dimostra di sapersela cavare alla grande anche nel veloce, quando invece ci si aspetterebbe più instabilità da una moto così agile.
LET’S FUN! Finisce che, in sella alla Street, è praticamente impossibile non lasciarsi trasportare. La distribuzione dei pesi le dona un equilibrio genuino che, unito al peso forma, consente di guidare divertendosi molto. Non è mai troppo tardi per frenare, mai troppo presto per dare gas, tutto viene assecondato con l’avantreno che in uscita dai tornanti non ne vuol sapere di stare a terra. Il bello è che avviene con una certa tranquillità perché anche se si esagera, la piccola Triple non esce mai dagli schemi con reazioni impreviste. Certo, tutto accade con rapidità e immediatezza, forse fin troppo per chi non è abituato a una moto sportiva, che a fronte di un comportamento così pepato preferirebbe la relativa tranquillità di una naked giapponese.
MOTORE DA LODE Si sono dette tante cose sul tre cilindri Triumph, il più delle volte che fosse la perfetta via di mezzo tra il due e il quattro cilindri. Bene, anche in questo caso la formula è valida più che mai: la spinta non è mai troppa né troppo poca, semplicemente “giusta” in qualunque marcia, a qualunque regime. Non ha gli ormoni di un grosso bicilindrico, ma fin dai bassi c’è spinta utile per cavarsi d’impaccio. Anche tenere la marcia non è certo un problema, anzi: vedere lampeggiare i Led blu con il triple che invade i timpani è una vera libidine. Rispetto al passato comunque non è cambiato più di tanto, solo a metà contagiri ho notato ancora più fluidità di erogazione.
SPORTIVA VERA Anche la nuova Street ribadisce il concetto della prima versione: punta dritto agli amanti della guida sortiva, offrendo un pacchetto motore-telaio che moto più blasonate si sognano. È un equilibrio raro, quello che sono riusciti a realizzare ad Hinckely, spesso copiato ma mai raggiunto. Certo, rimane una moto un po’ a senso unico: il sottosella è infimo, il passeggero è meglio che stia a casa e la protezione aerodinamica è nulla (anche con il cupolino). Ma chi ama la guida sportiva, giocosa, finanche pistaiola, difficilmente potrà volere di meglio da una naked.