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Prova su strada

Suzuki GSX-S 1000F


Avatar Redazionale, il 04/08/15

9 anni fa - Da Suzuki una sportiva

GSX-S 1000F, la sportiva stradale di Suzuki: ha il manubrio alto, un motore potente dal sound e dalla coppia motrice entusiasmanti, una ciclistica a punto e un prezzo di lancio, fino a settembre, di 12.490 euro f.c.

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GIUDIZIO DI PANCIA Se andate in moto da un po’ di tempo, vi sarà capitato di incontrare in giro qualche tedescone su una ipersportiva, dotata di un manubrio alto, tipo trial o cross. La modifica rende la moto più maneggevole grazie al maggior braccio di leva e, soprattutto ci sta la pancia (del teutonico motociclista) tra sella e serbatoio. Bene, Suzuki ha un po’ preso tutti di contropiede presentando la GSX-S 1000F che, se a prima vista può sembrare una sport-touring, dopo un’occhiata più attenta si rivela una sportiva stradale vera, che semplificando potrebbe rappresentare la versione ben fatta e corretta dell’idea di quel geniale germanico

SEMPRE PRESENTE In realtà Suzuki ha da sempre in gamma moto dalle caratteristiche dinamiche prettamente sportive combinate con una buona abitabilità e comfort. Era infatti il 1976 quando venne presentata la GS750, la prima della serie GSX, come leggo nei cenni storici gentilmente forniti da Suzuki. Al tempo avevo infatti… pochi anni e le sportivecome le intendiamo ora erano nate da poco. Anzi, sarebbero nate da lì a pochi anni, quando la GSX-R 750 sconvolse il mondo a due ruote. Nel corso degli anni l’escalation delle prestazioni ha condotto queste moto a una darwiniana estinzione di massa, lasciando in vita e in vendita solo pochi esemplari destinati alle mani di pilotini in grado di gestire 200 CV e oltre

SPORTIVA MA FACILE Allora, perché non realizzare una moto in grado di offrire sensazioni di guida strettamente sportive, grazie a un motore 4 in linea da 999 cc a 16 valvole, capace di 107 kW a 10.000 giri (sono 145 - e spiccioli - CV), e di una coppia massima di 106 Nm (10,8 kgm) a 9.500 giri. Se ci si sofferma su questi numeri, in realtà sembra di parlare di un motore da corsa visto che i valori massimi “caratteristici” sono molto vicini (come numero di giri) ma attenzione, perché i motoristi hanno ricercato una curva di coppia sempre “alta” e costante, con un gustoso picco di potenza agli alti. Alesaggio e corsa di 73,4x59,0 mm definiscono un motore meno “impiccato” rispetto alle misure da F1 utilizzati sui 1000 cc delle racer. Elettronica, sì, ma con discrezione sulla GSX-S 1000F: il sistema di iniezione-accensione è ovviamente digitale ed è utilizzato un sistema di traction control selezionabile, anche in movimento, su tre livelli. Per il resto, l’elettronica resta confinata entro i limiti della bella strumentazione, le cui funzioni sono selezionabili sia dalla plancia sia dal comando a bilanciere sul manubrio, che aziona anche i livelli del controllo di trazione. Il prezzo di listino della GSX-S 1000F è di 12.890 euro f.c., m fino a settembre la Suzuki sarà venduta al prezzo di lancio di 12.490 euro.

BELLA MECCANICA Bene, esaurito con personale piacere il discorso sull’elettronica, passo alla bella meccanica di questo motore. Il comando delle valvole è ad alberi a camme in testa con interposizione di bicchierini e comando a catena, mentre i condotti di aspirazione sono stretti e molto profilati, per raggiungere alte velocità di flusso anche a bassi regimi, ottimizzando il riempimento anche a regimi di rotazione normalmente sfruttabili su strada. I pistoni dal lungo mantello (il che suona anche un po’ poetico) riducono lo scampanìo e quindi la rumorosità meccanica e scorrono in cilindri dotati di riporto superficiale S.C.E.M. che, al di là del nome, è un’intelligente soluzione per aumentare la durata e ridurre gli attriti

ALTO RENDIMENTO Tutto concorre al miglior riempimento delle camere di combustione, compresa la cassa filtro dotata di paratia internamobile, che, variando la sezione utile, mantiene elevata la velocità dell’aria in ingresso: in accordo ai nuovi profili delle camme e all’impianto di scarico, questo accorgimento aumenta la coppia motrice anche a regimi medio bassi. La batteria di corpi farfallati da 44 mm ospita iniettori a 10 fori che nebulizzano alla perfezione la benzina evitando fenomeni di condensazione. Unitamente alle caratteristiche elencate sopra e alle candele all’iridio, il tutto rende il fronte di fiamma veloce e omogeneo in camera di combustione. Suzuki non ha certo rinunciato al sistema a doppia farfalla: nei corpi farfallati sono montate due serie di valvole, la prima operata direttamente dal pilota, la seconda motorizzata e subordinata alla gestione della prima centralina elettronica. In pratica, aprendo tutto il gas a, poniamo, 2000 giri in sesta, il realtà non si apre un bel niente, perché la centralina manovra la serie di valvole secondarie in modo che il motore sia in grado di bruciare tutta la benzina iniettata

TELAIO MISTO La ciclistica è composta da un classico telaio a doppia trave discendente dotato di una robusta bretella anteriore, accoppiato al forcellone pressofuso dal design derivato da quello della della GSX-R 1000. In sostanza, uno chassis flessibile per rendere la guida intuitiva ed eliminare le reazioni più violente accoppiata al “carro” posteriore rigido in grado di trasmettere a terra con rigore direzionale elevato la coppia motrice. Interasse di 1.460 mm, angolo di sterzo di 25° e avancorsa di 100 mm definiscono una geometria votata più alla stabilità che alla maneggevolezza: gli ingegneri Suzuki hanno ricercato questa caratteristica lavorando piuttosto sulla distribuzione dei pesi. il pneumatico di primo equipaggiamento, Dunlop Sportmax D214 fa la sua parte nel migliorare l'handling. 

SOSPENSIONI SPORTIVELa forcella è stata progettata espressamente per questo modello e, pur essendo simile a quella adottata sulla versione naked, è tarata in modo da compensare la diversa distribuzione dei pesi, dovuta alla presenza della carenatura e alla postura eretta del pilota. Si tratta di una KYB completamente regolabile con escursione tipica di 120 mm. Al posteriore lavora invece un mono regolabile nel precarico della molla e nel ritorno idraulico. Infine, i freni a disco da 310 mm sono “morsi” da pregiate pinze Brembo monoblocco a 4 pistoni, attuate da una pompa assiale dotata di spurgo posto vicino al serbatoio del fluido idraulico, molto comodo quando si effettuano degli interventi sull’impianto. La frenata è tenuta sotto controllo da un sistema ABS che rileva la posizione della ruota 50 volte al secondo, sufficienti ad assicurare un intervento “morbido” e controllato.

IN QUESTO SERVIZIO

Casco HJC RPHA 10 PLUS: la calzata è molto buona, ben aderente sul viso ma senza che l’imbottitura costringa a “masticare” l’interno delle guance.Molto ampio il campo visivo offerto dalla visiera priva di deformazioni ottiche, che però ha un sistema di bloccaggio piuttosto macchinoso. Alla ventilazione provvedono due prese d’aria sulla sommità della calotta, azionate tramite “rotelle” facili da trovare anche con i guanti. Anche la presa d’aria sulla mentoniera è efficiente ed evita che la visiera si appanni anche con temperature esterne di circa 15C, incontrate nel corso della prova.

Tuta Arlen Ness LS1: offre una sensazione di protezione totale, anche se a costo di una certa pesantezza d’insieme. Anche se indossata per ore (l’abbiamo infilata alle sette di mattina e tolta circa 11 ore dopo…) non crea particolari disagi, aspetto molto importante durante la guida sportiva. Un po’ rigida nella zona del bacino, ma solo perché è provvista di schiumati piuttosto spessi, necessari ad assorbire gli impatti, molto frequenti in questa zona. Dotata di fodera con tasca interna e microfori nella zona frontale, è perfetta per l’utilizzo con temperature anche piuttosto basse.

Guanti Arlen Ness G9149: Molto ben rinforzati nella zona del palmo vicina al polso e sopra l’intero palmo, nocche comprese, grazie a ampi inserti plastici rigidi. Il tutto però non influenza la sensibilità anche nella guida sportiva, grazie alla pelle morbida dove serve, come la zona del palmo. Il cinturino di serraggio del polso tende a sfilarsii, ma la chiusra dotata di ampie zone di Velcro è robusta e facilmente utilizzabile.

Stivali TCX RS-2: la sensazione di protezione è elevata, soprattutto nella zona posteriore “blindata” da grandi placche in materiale plastico. La tomaia è ben aderente al collo del piede ed è dotata di microfori che evitano il surriscaldamento anche se la zona è investita dall’aria calda del motore. Servono un po’ di km di utilizzo per creare le “pieghe” che facilitano la rotazione della caviglia, il tutto facilitato dalla “plissettatura” della porzione anteriore. Una chicca: la micropompa situata sul bordo superiore dello stivale permette la perfetta aderenza al polpaccio: per sfilarli, basta “sgonfiare” i cuscinetti pneumatici e allentare la stringatura interna, che chiude la “scarpetta” solidale con lo stivale.

IL MIO CICERONE Suzuki ha organizzato il test della GSX-S 1000F, una sportiva stradale, nel regno delle corse su strada, l’Isola di Man. Beh, farsi un giro sul “Mountain” con questa moto, non insultatemi, è proprio una figata. Anche perché, nel ruolo di apripista, c’è una mia vecchia conoscenza, Richard “Milky” Quayle, uno dei tre piloti originari di Man ad aver vinto un TT nell’intera storia di questa gara. E scusate se è poco. Milky ora accoglie i “Newcomers”, i piloti che per la prima volta gareggiano a Man, e insegna loro come fare a portare a casa la pelle, se non il risultato.

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FAT... APPOSTA Parto dalla pit-lane a Grandstand e procedo ad andatura tranquilla per un po’ di km, finché sono nel centro abitato. Così ho tempo di valutare questa moto perché, se solo conosco un poco Milky, appena usciremo dall’abitato e prenderemo la salita che porta in quota, avrò ben altro da fare. Accidenti, devo dire che l’idea che quel famoso tedescone ha avuto anni fa, su questa moto ha raggiunto una dimensione completamente differente, in grado di offrire pieno controllo senza per questo stancare il pilota. La postura in sella è comoda, il manubrio “Fat” della Renthal, a sezione variabile, mi dà la sensazione di poter fare quel che voglio con questa moto e infatti svicolo lesto nel traffico, mica voglio perdere un “tiro” di questo livello al TT…

CHE SOUND! Il suono dello scarico è da componente aftermaket non omologato e solo grazie alla valvola comandata elettronicamente, questa moto è in grado di superare le fonometriche di omologazione. Corposo, pieno, il sound di questa Suzuki mi accompagna mentre cambio marcia (gli inserimenti sono precisi anche se l’escursione del pedale è un filo lunga) sottocoppia: il carico di azionamento della leva della frizione non è cosa da femminucce e nel traffico può affaticare un po’ l’avambraccio sinistro. Se però lo giudicate eccessivo, sappiate di rientrare nella categoria di cui sopra.

APRO ANCH'IO Non fa caldissimo all’Isola di Man, una ventina di gradi al massimo, ma il motore comunque non mi sembra una stufa: il calore esce dagli sfiati della carena e non investe le gambe e ginocchia. Il traction control sulla posizione 3 interviene davvero presto, appena la gomma perde un filo di aderenza: perfetto per la pioggia, ma non per star dietro a Miky Quayle per cui passo al livello 2, decisamente meno intrusivo ma comunque ancora troppo invadente per la guida sportiva. Sfrutto la coppia del motore per scorrere a velocità moderata di fianco ai muretti in pietra e alle protezioni - un lascito del recente TT - poste davanti alle cabine rosse del telefono (per proteggere le cabine d’epoca, mica i piloti). Finalmente la strada si apre, Milky apre, e apro anch’io, il gas, ovviamente.

FATE I VOSTRI CONTI Alt, niente obiezioni, sull’Isola di Man non esistono limiti di velocità, per cui ne approfitto per sfogarmi… I giri salgono e io scalo il Traction a livello 1. Una successione di curve in rapida sequenza ci aspetta, quando si corre qui si tira dritto, ma ora il traffico è libero e aperto a tutti i veicoli. Ne approfitto per gustarmi l’handling nei pif-paf, la Suzuki si stacca velocemente dalla verticale per poi adagiarsicon precisione sulla spalla della gomma, in piega: basta guidare “rotondo” senza schiaffeggiare la ciclistica e la GSX-S 1000 fila via senza scomporsi, mentre se si adotta la guida “cattiva” non si perde che del tempo. Meglio condurre la Suzukona su traiettorie ben raccordate e scorrevoli ma con questo non sto dicendo di andare piano: dietro a Milky, leggo 140 sul tachimetro, e sono miglia, non km all’ora (1 miglio= 1,6 km, fate i conti…).

SALE IL DIVERTIMENTO Passiamo l’”Hairpin”, un tornante dove il traction control si fa sentire anche a livello 1, e poi schizziamo veloci sulla salita: mi accuccio dietro al plexiglass ma mi accorgo che non è una grande idea. Infatti la visione inevitabilmente distorta dal policarbonato mi impedisce di vedere tutto per bene e ora capisco lo stile del mio apripista, busto eretto e testa in asse con la moto: si “attacchi” l’aerodinamica, qui è meglio vedere bene dove si va. Stando seduto normalmente noto che il flusso d’aria sollevato dal cupolino libera le spalle dalla pressione dell’aria e questo a mio parere è più che sufficiente su una moto sportiva. Il motore, da “bonaccione” tutto coppia inizia a cantare se tiro le marce allungando poco oltre i 10.000 e mi accorgo… che mi sto divertendo da matti. Il manubrio non carica i polsi, le pedane non costringono le ginocchia ad angoli da fachiro, e toccano terra il giusto, direi che il suono della pedana che “gratta” l’asfalto è la ciliegina sulla torta di una bella piega. La frenata non è tra le più potenti che abbia provato, ma rallenta con decisione la moto e soprattutto mi impressiona la stabilità della ciclistica nelle staccate più decise. Sì, “staccate”, come quella alla curva dove sorge l’albergo Creg-Ny-Baa, una delle più note al mondo.

STRADALE PURA Qui il ginocchio lo appoggio eccome, e con estremo piacere, il tutto con una moto che non è il “top del top” per potenza ed “elettronica” e con gomme stradali. Insomma, questa Suzuki non è farcita di soluzioni raffinatissime per la pista ma praticamente inutili su strada. Per contro, ètremendamente efficace, è una sportiva stradale pura, e me lo ricorda ogni volta che riapro il gas, con la “botta” con cui il motore risponde. In percorrenza sulle prime la cosa mi disturba, ma devo dire che dopo pochi km ho già preso la mano e il fatto che il motore risponda istantaneamente con energica spinta si traduce in accelerazioni brucianti e “adrenaliniche”! Il che oltre a regalarmi parecchio piacere, mi serve, perché nel tempo che ho speso a valutare la moto, Milky ha già preso un bel vantaggio e io non mi voglio perdere il traino e le sue traiettorie al TT, è un privilegio troppo grande. Quindi scusate, ma torno in carena…

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Casco HJC RPHA 10 PLUS: la calzata è molto buona, ben aderente sul viso ma senza che l’imbottitura costringa a “masticare” l’interno delle guance. Molto ampio il campo visivo offerto dalla visiera priva di deformazioni ottiche, che però ha un sistema di bloccaggio piuttosto macchinoso. Alla ventilazione provvedono due prese d’aria sulla sommità della calotta, azionate tramite “rotelle” facili da trovare anche con i guanti. Anche la presa d’aria sulla mentoniera è efficiente ed evita che la visiera si appanni anche con temperature esterne di circa 15C, incontrate nel corso della prova.

Tuta Arlen Ness LS1: offre una sensazione di protezione totale, anche se a costo di una certa pesantezza d’insieme. Anche se indossata per ore (l’abbiamo infilata alle sette di mattina e tolta circa 11 ore dopo…) non crea particolari disagi, aspetto molto importante durante la guida sportiva. Un po’ rigida nella zona del bacino, ma solo perché è provvista di schiumati piuttosto spessi, necessari ad assorbire gli impatti, molto frequenti in questa zona. Dotata di fodera con tasca interna e microfori nella zona frontale, è perfetta per l’utilizzo con temperature anche piuttosto basse.

Guanti Arlen Ness G9149: Molto ben rinforzati nella zona del palmo vicina al polso e sopra l’intero palmo, nocche comprese, grazie a ampi inserti plastici rigidi. Il tutto però non influenza la sensibilità anche nella guida sportiva, grazie alla pelle morbida dove serve, come la zona del palmo. Il cinturino di serraggio del polso tende a sfilarsii, ma la chiusra dotata di ampie zone di Velcro è robusta e facilmente utilizzabile.

Stivali TCX RS-2: la sensazione di protezione è elevata, soprattutto nella zona posteriore “blindata” da grandi placche in materiale plastico. La tomaia è ben aderente al collo del piede ed è dotata di microfori che evitano il surriscaldamento anche se la zona è investita dall’aria calda del motore. Servono un po’ di km di utilizzo per creare le “pieghe” che facilitano la rotazione della caviglia, il tutto facilitato dalla “plissettatura” della porzione anteriore. Una chicca: la micropompa situata sul bordo superiore dello stivale permette la perfetta aderenza al polpaccio: per sfilarli, basta “sgonfiare” i cuscinetti pneumatici e allentare la stringatura interna, che chiude la “scarpetta” solidale con lo stivale.


Pubblicato da Riccardo Capacchione, 04/08/2015
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