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Prova su strada

Suzuki DR 400 Z


Avatar Redazionale, il 05/08/01

23 anni fa - Enduro per tutti

Ecco la moto giusta per andare ovunque, altro che mastodontiche bicilindriche stile Paris-Dakar. La suzukina è leggera, agile, tecnologica. E con un motore che è un gioiellino. Pochi sacrifici sull'asfalto per un orizzonte davvero a 360°.

LA NOVITÀ

Sono in tanti a rimpiangere le enduro degli Anni 80, quelle monocilindriche che cariche come asini scorrazzavano per le strade di mezza Europa, nonostante portassero nomi esotici come Djebel, Tenerè o Dakar. Erano le vere "tuttoterreno", buone per l’autostrada come per il fuoristrada. Poi, per far contenti tutti sono arrivate le carenature, gli accessori e i cerchi davanti da 19". E a ruota con il benessere, il sovrappeso… Delle enduro tuttofare è rimasto solo il nome. Almeno fino a quando non è spuntata la Suzuki DR-Z 400, un concentrato di tecnologia per suonare la riscossa. A questo punto non rimane che scoprire se 400 cc siano un cilindro mezzo pieno o mezzo vuoto.

POCO SEXI Alta sulle sospensioni, snella, tesa nelle linee, questa Suzukina rimane a metà tra l’accattivante e l’anonimo. Gli spunti interessanti ci sono, ma poi il layout è quello tradizionale delle care vecchie enduro Anni 80: parafanghi alti, serbatoio piramidale, un faro con la mascherina, le fiancatine laterali. Tutto il necessario e niente di più, ovvio. Però si poteva fare meglio: il fanale davanti è pesante e vecchiotto, le plastiche scontate. Insomma, senza scadere nei richiami africani o nel cattivo gusto da bar, avremmo visto bene la DR-Z 400 con un vestito più intrigante. Tante enduro professionali insegnano.

RUOTA ALTA

Superato il non-impatto iniziale, si scopre che l’enduro Suzuki ha davvero gli attributi a posto. Non è facile accontentare tutti, ma questa DR-Z ci riesce e bene. La ciclistica è un mix azzeccato, ottimo per godersi la moto su strada, quanto per affrontare senza patemi le strade più cattive. Andare dappertutto e senza fatica, ecco cosa dev'essere saltato in mente a chi l’ha progettata. Per questo le ruote hanno le misure giuste, quelle delle enduro da gara: 18" al posteriore (contro i 17" di tante sedicenti off road) e soprattutto 21" davanti.

GAMBALUNGA

Le sospensioni hanno parecchia escursione. La taratura standard è morbidina per l’uso su asfalto, in ogni caso un compromesso è sempre un compromesso, quindi, sia la poderosa forcella da 49 mm, sia il monoammortizzatore sono regolabili in tutte le salse. Certe regolazioni le enduro da turismo se le sognano e allora sì che bisogna tenersi quel che passa il convento. Con la DR-Z è invece difficile non azzeccare il set-up adatto per le proprie esigenze. La forcella non è rovesciata e va benissimo così, inutile star lì a seguire le mode, la DR bada al sodo. E lo dimostra con i suoi bravi soffietti che evitano infiltrazioni di polvere e rogne ai paraolio.

CONCRETEZZA, PLEASE

Nella stessa ottica troviamo un leggero forcellone in alluminio e due freni a disco. L’anteriore è da 250 mm, né troppi né pochi: il diametro giusto per la potenza tutto sommato contenuta della DR-Z. Il telaio di acciaio, davvero ben rifinito, è formato da una grossa trave centrale e da una culla che si sdoppia sotto il motore. Niente di stratosferico, ma ancora una volta massima attenzione agli aspetti pratici: l’altezza da terra è giustamente elevata, il motore viene fasciato bene ma c’è anche spazio per lavorarci senza usare gli stuzzicadenti al posto delle chiavi inglesi. E poi ogni cosa è al posto giusto: l’olio motore è contenuto nel trave del telaio, il filtro dell’aria e la batteria sono sotto le fiancatine. Questo significa che la struttura è semplice, non ci sono plastiche su plastiche da smontare, supporti di qui e supporti di là.

POCHI CHILI TANTA QUALITÀ

E, infatti, la bilancia è amica della DR-Z: 132 chili a secco con tanto accessori "civili" sono un ottimo risultato. Basti pensare che la versione più cattivella, la DR-Z 400 E pesa 12 chili in meno e si avvicina quindi a quelle piume che sono le enduro estreme da gara. Il messaggio è chiaro, se a gennaio scatta la voglia d’Africa, sappiate che questa più tranquilla versione S può dimagrire in fretta. Frecce, specchietti, pedane passeggero e portatarga si tolgono, infatti, in un attimo, mentre sarebbe un peccato privare la DR-Z della sua preziosa strumentazione digitale. Il cruscottino, oltre alla velocità istantanea, ha, infatti, funzione di trip master, tiene chilometraggi parziali e tempi…roba da studiarci un giorno per imparare tutte le funzioni. E qui iniziamo ad accorgerci dell’aspetto più sorprendente della DR: è spartana come una fuoristrada, ma rifinita da paura. In senso buono: la qualità qui sì tocca con mano.

C’È TUTTO

Già che siamo in tema di cose belle diamo un’occhiata al motore. Il classico gioiellino. Studiato apposta per questa moto, il mono quattro tempi da 398 cc è la giusta via di mezzo tra un motore da gara e uno da turismo. Per le prestazioni ci sono la distribuzione bialbero, le quattro valvole per cilindro, il raffreddamento a liquido, ma anche varie componenti in magnesio per ridurne il peso. Dall’altro lato non mancano l'avviamento elettrico, il contralbero antivibrazioni, la lubrificazione forzata con pompa, indispensabili per un utilizzo stradale senza problemi. Proprio per questo le dimensioni non sono mignon (come per i motori delle enduro racing). Il basamento potrebbe sembrare quello di un "carter umido", mentre in realtà l’olio lì ci passa e basta, non è autorizzato alla sosta. Trattasi, infatti, di carter secco. Comunque gli organi interni non sono troppo sovradimensionati, perché altrimenti non si spiegherebbero le notevoli prestazioni (40 cavalli) e la capacità di "girare" di questo motorino tutto pepe.

PREZZI DA GRANDI

Con tutte queste belle cose la Suzuki DR-Z 400 S non costa neanche troppo: poco più di 12 milioni. La cifra, è vero, è allineata con quelle delle enduro jap da 600/650 cc, magari più accessoriate, ma anche spinte da motori ormai "storici" e molleggiate con sospensioni meno sofisticate. Due lire si possono anche spendere per una ventata di nuovo. Oltre alla DR-Z 400 S "civile" è disponibile la più cattivella versione E: 5 cavalli in più e 12 chili in meno sono le differenze tra le due gemelline. La DR-Z 400 E è ancora più spartana, ha un motore dall’erogazione più appuntita ed è praticamente pronta per il fuoristrada da fanatici. Per fortuna mantiene l'avviamento elettrico e il contralbero antivibrazioni. Insomma, una cattiva ammaestrata. Costa 14.450.000 lire.

IN SELLA

La scaletta non è in dotazione? Ci vuole la gamba lunga per montare sulla DR-Z, ma dall’alto dei 945 mm della sella si domina il mondo. Ci si sente pronti a tutto: fianchi snelli, sella stretta e dritta, manubrio vicino al corpo del pilota. Quel che si dice una posizione aggressiva, l’ideale per sguazzare tra fango e sentieri. L’impostazione comunque è ottima anche su strada e permette una guida molto aggressiva. Insomma, l’assetto da enduro vera non nega i piaceri delle pieghe. Occhio solo a scegliere le gomme giuste, il tassellato estremo per strada non tiene.

GRAZIE, NON VIBRO

Diverso il discorso per il passeggero: con la DR-Z si può fare vita di coppia solo fino a un certo punto, perché le pedane del secondo sono alte e lo spazio insufficiente per due. La fuitina sì, tutta una vacanza no. A proposito, ma con la DR-Z si potrà viaggiare? La domanda nasce spontanea, perché tra i suoi compiti c’è anche questo, se proprio dobbiamo considerarla l’erede delle enduro Anni 80. Dunque: la protezione aerodinamica non serve e qui siamo a posto. Per le vibrazioni nessun problema, il mono 400 gira insospettabilmente rotondo. E questo è un gran vantaggio, quel che fa la differenza rispetto a un’enduro da gara. Una di queste l’abbiamo usata in tangenziale per una decina di km ed è stata una vera penitenza. Con la Suzuki nemmeno un fremito.

PER STRADA HA IL SUO RITMO Rimane il discorso del motore: 40 cavalli non sono pochi e la DR-Z 400 si spinge anche ai quasi 160 indicati, che poi sono 150 veri. Però gira, gira tanto, allungando volentieri fino a 9mila. Si sa, con i monocilindrici in autostrada bisogna starci attenti, gli imbiellaggi non sono eterni. Con la rapportatura della DR, un pelo corta, come è giusto che sia, si può ipotizzare di viaggiare attorno ai 110, anche per 1000 km di fila, in pace con sé stessi e con il motore. Dolori al fondoschiena permettendo. Per essere una moto di compromesso il ritmo è OK. Certo, con un mono 600 si viaggia a 130 e con un twin anche a 160. Ma poi, una volta arrivati, il fuoristrada lo si fa col binocolo, guardando l’amico col DR-Z che salta e derapa felice.

NO LIMITS

L’enduro Suzuki in fuoristrada è soprattutto facile. Non sarà nata per fare il tempo in prova speciale, ma permette a tutti, inesperti compresi, di avventurarsi in posti incredibili. Ecco lo spirito vero di una tuttoterreno. Su strada poi fa il suo dovere e anche qualcosa di più: così leggera è per forza maneggevole e nel misto diverte un mondo. In autostrada è addirittura stabile. Le sospensioni sono morbidine per non sfondarsi in fuoristrada, ma neanche così soffici da beccheggiare a ogni cambio di marcia. Addio mal di mare. In ogni caso si possono regolare.

POCHI VIZI

Piace sempre questa simpatica (ri)trovata Suzuki, in città si può usare anche come uno scooter. Ricordandosi che la borsetta porta-attrezzi è alla portata dei ladri, mugugnando perché non c’è il portapacchi, accanendosi sul bloccasterzo sul cannotto, separato dalla chiave sul cruscotto. A consolarci ci sono i rivestimenti di gomma asportabili sulle pedane, comandi rifiniti come su una moto ufficiale, una bella piastra sotto il motore. I giapponesi sono proprio bravi quando vogliono.

UN PO’ DI PALESTRA...

Il motore è uno dei punti forti di questa motoretta davvero azzeccata: un colpo al bottoncino ed è pronto. È qualcosa di assolutamente regolare e vispo allo stesso tempo. Prende molto volentieri i giri, frulla che è una bellezza e spinge la Suzukina in fretta con prestazioni da gara. Però bisogna stare attenti a quel che si desidera dalla propria moto, non bisogna confondere regolare con poderoso, pieno con forzuto. Occhio a non fraintendere, questo 400 spinge ma non è certo un pompone. E nemmeno un pomponcino come quello dell’Honda XR 400, tanto per citare un compagno di classe. Il mono Suzuki è lineare, facile, brillante ma certo non poderoso. Se dovessimo portarlo in palestra lo vedremmo bene per gli esercizi veloci con pochi pesi, quelli per "fare fiato", non certo per quelli pesanti da Mister Muscolo. Il Suzukino è un agile e furbo duecentometrista, non un pistone rubato all’agricoltura come un vecchio Guzzi Falcone.

ALLEGROTTO ANDANTE

In ogni caso il quattro tempi Suzuki concede anche una certa pigrizia al cambio, si può uscire da una curva con la marcia sbagliata. Il mono non borbotta, non strappa, ma non tira fuori neanche con entusiasmo. Il cambio è preciso e rapido e permette di infilare i rapporti dalla prima alla quinta a mo’ di pilota. L’allungo è fantastico. Nei cambi veloci bisogna solo stare attenti a non beccare "quel" punto dove l’erogazione flette, per non interrompere la corsa scatenata del Suzukino. D’altra parte 398 cc non sono 650. E qui torniamo al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
La DR-Z 400 è una gran moto, bella sul serio. Però prima di comprarla bisogna capire bene come poi la si utilizzerà. Certo che se in Suzuki studiassero una DR-Z 580, leggera uguale e con qualche kilogrammetro di coppia in più…sarebbe la botte piena e la moglie ubriaca.

Pubblicato da Spartaco Belloni, 05/08/2001
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