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Rossi per un giorno: in sella alla Honda NSR 500


Avatar Redazionale, il 13/12/01

23 anni fa -

Pochi giri, una manciata di minuti per raggiungere il nirvana sulla moto di Valentino "the doctor". Potentissima, leggerissima, stupendamente efficace, è un sogno che si avvera.

L’amaro in bocca me lo sono portato fino in redazione, quello che ho dato alla regina del campionato del mondo Gp è l’addio ufficiale. Due tempi kaputt, l’anno prossimo arrivano i quattro tempi. Con questo mondiale vinto dal dottor Rossi si chiude infatti un'epoca. Ecco perché c’è una pesante aria di sacralità nella prova che la Honda ha organizzato per un pugno di superfortunati giornalisti sul circuito di Jerez de la Frontera. Un sogno. Pochi fantastici giri in sella alla NSR di Valentino Rossi!!! Probabilmente l’ultima volta che noi comuni mortali potremo guidare una due tempi GP campione del mondo.

TENSIONE ALLE STELLE

Emozione, gasamento, paura terrore. Da subito mi ha pervaso una strana sensazione, quasi d’onnipotenza, mescolata ad un’ancestrale paura di fare errori in sella alla pluri-iridata campione del mondo: l’occasione è importante, ma se sbagli… la tua carriera di tester finisce male. Perdonatemelo, ma l’emozione con l’avvicinarsi dell’appuntamento fatidico, mi ha trasformato in una corda di violino pronta a spezzarsi.

INEBRIANTE

Eccomi dunque proiettato al giorno della prova. E' mattina presto e più che sgranchirmi le gambe sulla pit-lane, sto tentando di trovare un modo per allentare la tensione prima dell’ingresso in pista: sarò in pole position, almeno sulla carta, insomma, il primo a saggiare il profumo peccaminoso che emana l’NSR dai quattro sottili scarichi che corrono in coppia sul lato del destro della ruota e sotto il codino.

SOLO PER ME

Lei viene portata a bordo pista senza grossi cerimoniali, quelli che normalmente aleggiano attorno a Valentino prima che venga dato fuoco alle polveri. Solo due meccanici in divisa ufficiale armati dello stretto indispensabile: cavalletto, termo-coperte, tanica di benzina e relativo imbuto, nulla di più.
Tutto tranquillo, tranne che nel cervello del tester, violentato da tutta una serie di informazioni e automatismi da imparare troppo in fretta.
Il primo pensiero va ai circa 200 cavalli imbrigliati in soli 130 kg, poi la frenata spaventosa dei dischi in carbonio, e ancora, il cambio rovesciato, vero cruccio per chi convive da sempre con "la prima in giù e le altre in su".

SCARAMANZIA

Pochi giri, dunque, da fare tutti di un fiato senza sbagliare nulla, sapendo che i fotografi sono lì come cecchini ad aspettarti fuori delle curve e non c’è tempo da perdere. A dispetto di molti altri colleghi trascuro gesti scaramantici, o ridicole imitazioni dei modi di Valentino in ingresso pista, anche se un’innocente "toccatina" prima di sedere sulla sella me la concedo...

OPERA D’ARTE Bella e ammiccante come il frutto proibito, austera e micidiale come il più letale dei veleni, la Honda 500 stupisce per la cura maniacale nel dettaglio, l’idea che di solito abbiamo di un prototipo è quella di una moto grezza, artigianale. Decisamente in contrasto con le preziose ricamature che danno forma e sostanza ad ogni particolare di questa NSR, anche il più piccolo.
È il mio momento, i meccanici mi ricordano di non dimenticare: "first gear up...nothing else!" prima in su, tutto qua. Già, facile a parole, il problema è ben diverso, quando sei seduto su 200 cavalli.

PLAYSTATION

Mi spingono per pochi metri, mollo la frizione e il quattro cilindri inizia a scandire il ritmo, basta accarezzare l’acceleratore per vedere schizzare in alto la lancetta del contagiri come impazzita; l’adesivo sul serbatoio che ricorda il joypad della playstation mi riporta alla domenica precedente passata davanti al televisore nel vano tentativo di imparare i segreti del circuito... Abbasso la visiera, lascio al mio corpo il compito di filtrare le emozioni e alla mia mente quello, più arduo, acquisire quante più informazioni possibile, mantenere la giusta lucidità e, soprattutto, di non strafare.

SENSAZIONI

Bastano le prime due curve e una pelata al gas per sentire il casco riempirsi del profumo inebriante del due tempi, con il sibilo acuto degli scarichi a bucarmi i timpani. Sono stordito, davvero, ma già inizio a godere. Il primo giro mi serve per capire almeno dove mettere le ruote e all’ultimo tornantino che mi riporta sul rettilineo dei box provo a dare tutto il gas.
La ruota anteriore non sta giù, qualsiasi marcia butti dentro quel maledetto avantreno si alleggerisce, mi impongo di passare al rapporto successivo, ma la storia si ripete tutte le volte che stuzzico il polso destro a saggiare a fondo corsa. La NSR ha una rapportatura che non avevo mai provato prima, le prime tre marce sono lunghe, si fa davvero tanta strada: quarta, quinta e sesta sono vicinissime, il passaggio tra una e l’altra avviene in poche frazioni di secondo.

MOTORE DIVINO

Jerez è un circuito tecnico, ricco di continue variazioni altimetriche ma intuitivo, ci sono curve che a metà raggio chiudono, altre che scollinano, ma tutte, almeno girando con il mio passo, sono facilmente prevedibili. Il motore gira divinamente, a partire da 3.000 giri porta fuori dalle curve con inaspettata facilità; non un buco d’erogazione, non un tentativo di rifiutare il ritmo sornione, poi il tutto si fa più intenso e… caliente. La zona calda del contagiri è a quota 8mila, raggiunti i 10 esplode, fino ad oltre 12.500, punto che non mi sento di sorpassare con troppa veemenza, anche perché, alla fine di ogni accelerazione, la curva arriva sempre troppo in fretta… 200, 150, 100, meglio pinzare per non arrivare lunghi.

FRENATA SENZA FIATO

E qui si ha l’ennesima sorpresa: sul motore non avevo dubbi, ma la frenata… ti si strozza il respiro in gola. Quando i due dischi in fibra di carbonio vanno in temperatura mordono così tanto che le prime volte arrivo corto. Incredibile a dirsi, quanto vero, bisogna mollare la leva per non trovarsi con la ruota anteriore sul cordolo interno vicino all’erba. Più si aumenta il ritmo più la coppia di dischi si scalda e si fa efficace, modulabile e precisa. Non basta accarezzare il comando per ottenere quanto richiesto, serve forza, ma a quel punto sono le braccia a non sostenere la decelerazione. Ti si piegano in gomiti in fuori e non c’è rimedio, a meno di puntellarsi con le ginocchia sul serbatoio.

SEMPRE PIÙ GIÙ

Staccata, ingresso in curva e percorrenza, eventi che la NSR esegue senza esitazione. E' lì, ancorata come sui binari e terribilmente inclinata, hai la sensazione di poterti pulire il naso con i fili d’erba a bordo pista tanto grip hanno le due slick. Poi via di nuovo verso un’altra spalancata di gas, mi ricordo di quanto Valentino stia con il corpo all’interno della curva e raddrizzi la moto in uscita di curva, cerco di fare lo stesso: tiro su la NSR prima di sradicare la manetta del gas e sentire ancora una volta l’avantreno alleggerirsi con una naturalezza commovente. Chissà, probabilmente il mio ritmo i piloti del Gp non lo tengono nemmeno nel giro di allineamento, ma per me è tutta libidine.

FINE DEL SOGNO

Il tempo è volato come un batter di ciglia, all’orizzonte sventola la bandiera a scacchi anche se in palio non c’era nulla, tranne la mia personalissima soddisfazione. Manca ancora un giro, quello d’onore, che percorro tutto di un fiato senza festeggiamenti. Il sogno si è realizzato anche se è durato troppo poco, i meccanici attendono sulla pit-lane. Scendo, l’Nsr diventa il sogno tra le mani di un altro fortunato.

Pubblicato da Marco Selvetti, 13/12/2001
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