Italiane, sportive e costose. E belle da morire. Sono la MV Agusta F3 800 e la Ducati 899 Panigale, due sportive medie che, grazie all’elettronica evoluta, calzano bene anche a chi non è un pilota. Come abbiamo provato nella pista di San Martino del Lago
Difficilmente mi esprimo su quanto sia bella una moto. Dopotutto il gusto è personale, non si discute, casomai posso disquisire sulla qualità delle finiture. Ma queste, oh, queste sono, a mio parere, le due moto più eccitanti e affilate del mercato, le portabandiera del Made in Italy. Parcheggiate in maniera un po’ casuale nei box di San Martino del Lago, Cremona, fanno impallidire qualunque altro mezzo nelle vicinanze per la cellulite di troppo. Sono la rappresentazione, ognuna a modo suo, della figona del villaggio, il “mito” che Max Pezzali cantava qualche anno fa, passione e lussuria su due ruote. Dite quello che volete ma, almeno a livello estetico, sono due purosangue di razza. Se mi torturassero, voterei (sottovoce) F3. Ma molto sottovoce…
MOTORE DUCATI 899 PANIGALE I gusti son gusti, non si discute. E i motori delle damigelle in questione, la Ducati 899 Panigale e la MV Agusta F3 800, non potrebbero essere più diversi. Il primo, quello della bolognese, è pieno e corposo a tutti i regimi, come ogni buon bicilindrico che si rispetti. Non ha tuttavia la botta di coppia che ci si aspetta, è regolare fino al limitatore, quasi piatto come erogazione. È il classico motore che fa tanta strada senza dirtelo ad alta voce. Anche in mappa Race non spaventa ma, anzi, mette sempre a proprio agio. Se proprio devo fare il pignolo, avrei gradito un pelino di cattiveria in più agli alti regimi. Con uno scarico più libero e una mappatina alla centralina la situazione migliorerebbe sicuramente. Cosa che peraltro si può avere sfogliando tra gli optional ufficiali…
MOTORE MV AGUSTA F3 800 D’altra parte, il tre cilindri della F3 800 è una furia: relativamente dolce ai bassi regimi, viene fuori con forza ai medi per poi esplodere dopo gli 8-9 mila. E, se devo dirla tutta, in allungo va più forte, sensibilmente, del bicilindrico, soprattutto quando le velocità superano i 150 km/h. E poi è sparito il famigerato effetto on-off dell’acceleratore: ora è tutto preciso, sensibile al punto giusto. Una vera manna dal cielo che fa godere qualunque appassionato di motori sportivi, è la potenza giusta per ogni tipo di situazione: non stressa come una millona ma non manca come su un seicento.
CICLISTICA DUCATI 899 PANIGALE Anche qui, le due moto non potrebbero essere più diverse. Curioso a dirsi, la Ducati è facile e intuitiva, trasmette subito feeling. Mi infastidisce un po’ la posizione di guida, eccessivamente caricata sul davanti anche per un uso estremo come la pista e con i semimanubri un pelo troppo chiusi e ravvicinati. Attenti però: la piccola Panigale sa essere stabile e agile ma è anche parecchio sensibile ai vostri input. Questo significa che bisogna essere chirurgici nei comandi impartiti, soprattutto quando si esce con il corpo per gettarsi verso il cordolo. Se guidata così, però, è una goduria, con il bicilindrico che vi proietta fuori dalle curve senza intimorirvi. E poi la guidi un po’ come vuoi: spigolando, a mo’ di superbike, oppure tenendo in mano il gas e facendola correre in curva. E vi dirò la verità, la preferisco anche alla sorellona 1199. Perché è più facile ma soprattutto il motore mette meno in crisi ciclistica e gomme, pur facendo un sacco di strada in percorrenza.
CICLISTICA MV AGUSTA F3 800 Se la Ducati è un po’ la bestiolina da tenere a bada, con cui misurare attentamente le mosse, la MV è imperturbabile. Il suo assetto è totalmente neutro e vagamente puntato sul davanti. Le prime volte che provo a spingere con gli ingressi in curva, con i freni ancora ben tirarti, sembra una lama rovente che fende il burro: l’avantreno non fa un plissè. La forcella lavora alla grande, ci fosse qualcosa di più sportivo delle gomme di primo equipaggiamento (le pur ottime Pirelli Rosso Corsa) non so dove si potrebbe arrivare… Bella la posizione di guida, un po’ distesa ma non troppo caricata, e belli anche i semimanubri aperti il giusto. La ciclistica è più a punto della Panigale, almeno così di serie; per intendersi, l’impressione è che si possa spingere più che con la Ducati. Di poco, ma qualcosina in più c’è. Frenata eccellente, c’è tutta la potenza che serve anche se bisogna prendere la mano con quell’attacco immediato della leva.
ELETTRONICA DUCATI 899 PANIGALE Capitolo elettronica, la bolognese vince a mani basse. Il pacchetto dei Riding Mode, che comprende DTC, ABS e mappe motore, funziona alla grande. In particolare mi piace il DTC: sinceramente non l’ho mai sentito intervenire, ma l’intermittenza gialla sul cruscotto racconta una storia diversa. L’intervento è dolce, senza tagli improvvisi, e permette di aprire il gas senza remore in uscita anche dai tornantini più lenti. La moto si limita a procedere in avanti, non c’è apparente interruzione di coppia. Almeno, non a livello 2: sopra, per l’utilizzo in pista, è un po’ troppo invasivo, soprattutto con le Rosso Corsa di serie.
ELETTRONICA MV AGUSTA F3 800 Il pacchetto elettronico dell’MV Agusta è migliorato negli anni, soprattutto in queste ultime release e soprattutto sugli ultimi tre cilindri. Ma non è comunque a livello della più evoluta Ducati. Per intendersi, il Traction Control c’è ed evita spiacevoli inconvenienti come un high side (che con la coppia del tre ciclindri e le Rosso Corsa stradali non è così improbabile), ma il taglio è più brusco e repentino. Non interviene fino a una soglia abbastanza alta, ma quando lo fa si sente parecchio. Anche il cambio elettronico non è al livello della bolognese: è più gnucco da azionare, soprattutto a salire nei rapporti e soprattutto quando si spinge, e se non si agisce con convinzione si rischia di rimanere nella stessa marcia.
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