Questa custom sinora non ha sfondato come avrebbe meritato. Ora torna sotto i riflettori con un abito scuro, grintoso ed elegante, e con una sella che aiuta anche chi non ha zampe da fenicottero. Peccato che il prezzo resti ancora un po' salato...
COLPO IN CANNA Se infatti sinora c'è un aggettivo che meglio di altri fotografa la Moto Guzzi Bellagio e la sua storia, questo è probabilmente "incompresa". Da quando è stata lanciata nel 2007, la più recente tra le custom di Mandello del Lario è stata venduta a malapena in un migliaio di pezzi. Sono tutto sommato pochini, in senso assoluto e, a maggior ragione, alla luce delle molte qualità della moto. Se a questa Guzzi è rimasto un po' il colpo in canna è per una serie di concause. In primis, la stessa Casa ha preferito spingere più altri modelli da un punto di vista mediatico, lasciando la Bellagio un po' lontana dalle luci della ribalta.
PICCOLI NEI A ben vedere c'è ancora un po' troppa plastica là dove ci si aspetterebbe di trovare metallo, come a livello dei parafanghi, delle cornici del faro e della strumentazione ma nel complesso la Bellagio Aquila Nera appaga tanto la vista quanto il tatto. Tra l'altro, con questa versione, come si accennava al'inizio, anche le terga hanno la loro parte. La sella biposto è meglio conformata rispetto a quella della primissima serie ed è più sciancrata lungo i fianchi, per permettere a chiunque di poggiare saldamente i piedi per terra nel traffico cittadino.
CUORE GENEROSO Dal motore arrivano solo belle conferme. Il tradizionale V2 si dimostra in configurazione 940 più in palla che mai. Si avvia lesto, vibra pochissimo a tutti i regimi e sale rapidamente di giri, con una colonna sonora allo scarico urbana ma comunque piacevole. Ai bassi è regolare e gira senza strappi o ruvidità, pronto a sgranchirsi le bielle ben supportato da un cambio abbastanza svelto, silenzioso e preciso.