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Prova su strada

Malaguti F-18 Warrior 150


Avatar Redazionale, il 07/02/02

22 anni fa - Guerriero da città

La famiglia degli scooter Malaguti ispirati ai Caccia militari si completa con l'arrivo dell'F-18 Warrior, motorizzato 150. Cuore coreano e ciclistica italiana, un ottimo connubio d'affidabilità e dinamicità per affrontare al meglio gli stressanti spostamenti quotidiani casa-ufficio-scuola.

COM’È Malaguti è da sempre sinonimo di scooter di personalità. Con alcuni dei suoi mezzi la casa di San Lazzaro ha lanciato mode e tendenze tra gli scooterini. Epico l’esempio del piccolo F10 (presentato nel '92 e prodotto ancora oggi) o del fratello maggiore F12. Tutte sigle aeronautiche a sottolineare l’impeto sportivo degli scooter Emiliani. Con l’F18, la casa bolognese ripropone lo stesso tema ma in cilindrata maggiore. Sportivo e grintoso l'F-18 Warrior è pronto a sfrecciare non solo in città ma anche su tangenziali e autostrade.

CUORE ASIATICO

Per il motore i tecnici sono andati sul sicuro, scegliendo uno dei "mono" automatici più affidabili sulla piazza. Difatti, i motori Kymco sono ben conosciuti proprio per la loro alta affidabilità, i bassi costi di manutenzione e l’ottimo funzionamento del gruppo frizione-trasmissione.

A BOCCA APERTA

Il muso è di sicuro il pezzo forte del look del Warrior. Innovativo, con il faro a forma di freccia, la "bocca", posta poco sotto le "branchie" laterali allo scudo, ricorda il muso di uno squaletto sempre pronto ad insinuarsi tra un’auto e l’altra. Anche gli altri elementi non sono da meno: bellissime le frecce a "doppio baffo", il parafango anteriore aggressivo e le prese d’aria ai lati della coda.

NON VEDO L’ORA

D’impatto anche la disposizione della strumentazione sul cruscotto. I tre elementi circolari, amalgamati l’un l’altro in un crescendo progressivo di dimensione, sono ben leggibili ed offrono tutte le informazioni necessarie anche se con qualche pecca: presenti all’appello tachimetro, contakm totale, livello carburante, temperatura dell’acqua e quattro spie, tra cui quella relativa alla riserva. Assenti il conta km parziale e ahimè, quasi imperdonabile la mancanza dell’orologio, strumento oramai più che necessario in un mondo in cui il tempo è denaro.

SPECCHIO CIECO

I comandi elettrici sul manubrio sono di vecchio stampo e stonano con l’idea generale di eleganza sportiva trasmessa dalla linea, ma è ineccepibile la loro facilità d’uso. Bocciati, invece, gli specchietti i quali, oltre ad offrire una scarsa visibilità (problema comune a molti scooter), sono difficili da regolare a causa di un non felice sistema di fissaggio: è molto difficile trovare la giusta posizione e spesso ci si trova con lo specchietto rivolto verso l’esterno, oppure a penzoloni.

POCHI VANI

L’impostazione sportiva dell’F-18 e le dimensioni da cinquantino, non facilitano la disponibilità di vani. Del tutto assente quello nel retroscudo, mentre è solo discreta la dimensione di quello sottosella, che ospita a fatica un casco integrale, soprattutto se è uno di quelli replica, ricco di protuberanze. Comunque, in dotazione c’è anche il portapacchi che, oltre a slanciare piacevolmente la coda, può fungere da base d’appoggio per uno zaino.

C’È TUTTO

Il telaio è un tradizionale monotrave sdoppiato in tubi d’acciaio, la forcella è una Paioli con steli da 33 mm con escursione di 85 mm, mentre i due ammortizzatori posteriori, sono regolabili nel precarico molla in quattro posizioni e offrono alla ruota la possibilità di scorrere per 76 mm. I cerchi sono in lega leggera da 13" e calzano pneumatici da 110/70 e 130/60. Infine, l’impianto frenante offre due dischi, uno per asse, l’anteriore da 220 mm il posteriore da 190 mm, entrambi morsi da pinze a doppio pistoncino.

PREZZO COMPETITIVO

Se l’F18 ha un punto di forza questo è senz’altro il prezzo, molto competitivo. I 3.181 € richiesti sono una cifra che si colloca nella fascia bassa di un settore che oltre all’F18 vede in lizza tra gli altri anche il Maxster 150, il Benelli Velvet Touring 150, il Kymco B&W 150, tutti con prezzi più alti di 4-500 €, anche se spesso con una dotazione più ricca.

COME VA

La posizione di guida evidenzia l’ottimo studio dell’ergonomia da parte dei tecnici. Da soli o in coppia lo spazio non manca a nessuno. Il manubrio è lontano il giusto, la sella non è troppo alta (800 mm) e le pedane sono ben sistemate (pur non essendo molto ampie). Il pilota assume così una posizione naturale, comoda anche per chilometri, con gambe ad angolo retto e busto dritto, senza però assumere il portamento tipico del "servo della gleba" (per delucidazioni rifarsi all’omonima canzone di Elio & le Storie Tese). Le pedane sono ben poste anche per il passeggero, contento di poter finalmente contare su di una buona imbottitura. Non manca poi un più che mai necessario appiglio (dato dal portapacchi) cui aggrapparsi nelle partenze da fermo al semaforo, dove il mono asiatico dà il meglio di sé.

SCATTO PRONTO

Come già detto lo spunto è buono, in pochi metri si raggiungono i 50 Km/h (difficilmente si esce sconfitti da una garetta al semaforo). Poi il mono taiwanese si acquieta, salendo progressivamente, ma senza fretta, verso la velocità massima dei 105 Km/h indicati. La progressione rotonda del motore tradisce l’aspetto aggressivo, ma se non è velocissimo, almeno "il guerriero" è robusto sapendo resistere a qualsiasi strapazzata. Inoltre, non è un bevitore incallito: il consumo medio è intorno ai 25 Km/l. Facendo due calcoli, con otto litri di pieno si gira per 200 Km, più che sufficienti per superare indenni la settimana.

POCO SFRUTTATO

La ciclistica può supportare cavallerie ben maggiori dei soli 11,8 cv offerti dal motore Kymco. Il telaio tiene ben stabile il "caccia" 150, sia sul dritto sia nelle curve, anche quelle affrontate allegramente (a patto di avere un manto stradale poco "mosso", rischio leggeri ondeggiamenti). In città, le dimensioni contenute, sono una manna per "slalomare" tra le auto in colonna, mentre nel misto, il Warrior scende in piega che è un piacere, sopportando cambi di direzione repentini, senza sbacchettare troppo.

CAVALLETTO TRADITORE

I pneumatici Pirelli sono perfetti. Belli panciuti offrono un ottimo appoggio a terra, anche col bagnato, invogliando a piegare, ma meglio non farsi prendere troppo la mano specie nelle curve a sinistra, perché il cavalletto sporge in modo insidioso e si comporta come Giuda: tradisce quando meno te lo aspetti.

ABBASSO IL PAVÉ Le sospensioni funzionano bene un po’ ovunque, palesando qualche neo solo in caso di accentuata asperità: su strade dissestate o pavé, si avverte una scarsa escursione, specie del posteriore (problema comunque riscontrabile un po’ su tutti gli scooter a ruote basse), mentre la taratura rigida della forcella si ripercuote sulle braccia del pilota. Un valido supporto alle sospensioni viene dalla sella ben imbottita, che protegge bene le parti più delicate.

MORDE POCO

La frenata è forse la parte che meno ci è piaciuta. La leva del freno anteriore è piuttosto "gnucca", mentre l’azione sul disco è apparsa con poco mordente: anche aumentando la pressione sulla leva non si ottiene una frenata decisa e potente. D’altra pasta, invece, il freno posteriore che, modulabile e potente, infonde maggiore feeling e sicurezza al pilota rispetto all’anteriore. Si consiglia, comunque, l’uso combinato di entrambi i freni, perché se pigiato troppo forte, il posteriore tende a bloccarsi.

IN QUESTO SERVIZIO
CASCO: FM TAZ
GIACCA: Spidi Passion
SCARPE: Alpinestars MK-1


Pubblicato da Alfredo Verdicchio, 07/02/2002
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