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Prova su strada

Kymco YUP 250


Avatar Redazionale, il 12/02/04

20 anni fa -

Linee "neo-classiche" per il maxi cittadino della Kymco che per l'occasione si è affidato alla matita di uno studio italiano di design. Risultato: l'ispirazione alla nostra Vespa è più forte che mai. Ma non disturba. Motore affidabile, maneggevolezza e praticità i tre assi nascosti nel cilindro taiwanese.

COM’È Non è più un segreto per nessuno che il "Made in Italy" spopoli nei Paesi del lontano oriente (e non solo). È una vita che i "signori" delle arti marziali si rifanno allo stile e al buon gusto italico importando grandi quantità di prodotti e spunti per i loro "cloni", esportando in cambio perle di saggezza e di meditazione...

RETRO' PIACE Ultimamente, poi, il richiamo al passato, non solo nel mondo "fashion" e nell’arredamento, ma anche nel design auto e moto ne ha aumentato la presenza. Kymco, casa taiwnese leader, non si è sottratta alla tendenza e ha affidato la realizzazione del vestito per il suo "midi" urbano, lo Yup 250, proprio a una "sartoria" italiana, che ne ha curato tutta la parte stilistica.

ISPIRA ANCORA Alla base c'è un concetto molto semplice: prendere quel che di buono viene dal passato e riproporlo con gusto e stile in una chiave moderna, per renderlo più appetibile. Un’idea introdotta dall’Aprilia con il primo Scarabeo 200 (che si rifà alle motoleggere degli anni trenta) e ripresa successivamente dalla maggioranza delle Case motociclistiche. La Kymco, per esempmio, per lo Yup si è ispirata al primo vero scooter globale, la Vespa che, insieme alla Lambretta, spopola da decenni sulle strade di tutta l'Asia.

VESPA BANZAI Linee tondeggianti, cromature in bella vista ad impreziosire il vestito, pedana piatta, fianchi "giunonici": i riferimenti all’insetto italiano sono tanti, ma senza mai cadere nel banale, riuscendo a donare allo Yup 250 un aspetto piacevole e una personalità propria.

TUTTO E DI PIU' Il prodotto è di qualità più che buona, le plastiche sono ben assemblate, la strumentazione è ricca di informazioni e di spie (tra cui la spia del cavalletto laterale e quella della sella aperta), ma qualche rifinitura lascia un poco a desiderare, come la "gommatura" degli steli forcella (un po’ povera nell’aspetto) o gli indicatori di direzione sporgenti (specie quelli dietro) che le danno un aspetto un po’ troppo "giocattoloso".

FIN TROPPO RETRO Fin troppo leziosa, ma perfettamente in tema nel suo puro old-style, la strumentazione bianco-panna riprende le linee ovali del faro e ben s’intona con il parabrezza di serie, comodissimo nel periodo invernale perché protegge completamente il busto, lasciando scoperta solo la parte superiore del casco, e gran parte delle spalle.

SELLA PER TUTTI Peccato solo per il bordo superiore che va ad infastidire la visuale per chi sta intorno al metro e ottanta. Meglio a questo punto se si è più bassi o più alti. A proposito di altezza, la sella è in teoria alla portata di tutte le gambe con i suoi 800 mm, anche se la sua forma un po’ pienotta e la pedana larga infastidiscono un po' durante le soste al semaforo.

SEMPRE LUI Il motore è lo stesso monocilindrico montato sul Grand Dink: 251 cm³ di affidabilità scandita in quattro tempi, raffreddato a liquido e con il sistema di immissione d’aria secondaria allo scarico per renderlo in regola con le norme Euro-2. La potenza non fa gridare allo scandalo, ma i suoi 18,6 cv (13,7 kW/7.250 giri e 19,7 Nm/5.500 giri) sono più che onesti per l’uso che si deve fare dello Yup.

TUTTO DOPPIO Per reggersi in piedi lo Yup fa affidamento su di un telaio in tubi d’acciaio, corredato da una forcella con steli da 33 mm e doppio ammortizzatore posteriore, regolabili nel precarico molla. Due anche i dischi freno: uno davanti di 220 mm e un altro dietro di 200 mm. Per portarsi a casa il buon orientale bisogna sborsare € 3.090 f.c., anzi, con le promozioni in corso, anche meno. Il  che, vista la qualità complessiva dei componenti e dei materiali, non sono nemmeno così tanti.

COME VA

In sella ci si trova subito a proprio agio. Pur con il manubrio vicino al corpo lo spazio dietro lo scudo non manca di certo, anche se non abbonda come su di un maxi. In questo, comunque, aiuta la soluzione della pedana piatta che rimane insuperabile: permette grande libertà alle gambe e spazio per i carchi improvvisati come la borsa della palestra o della spesa.

QUANTO SPORGE Intelligente la posizione del serbatoio, sistemato dietro allo scudo e a portata di mano per un "pit-stop" rapido e pulito. Meno azzeccata la sistemazione del blocchetto d’accensione: una volta inserita, la chiave sporge parecchio ed evitarla con la parte più sensibile del ginocchio è quasi impossibile, soprattutto nelle frenate, dove si tende a scivolare in avanti.

EQUILIBRIO IN DUE A proposito di frenata, i due dischi si comportano piuttosto bene. Quello davanti ha il comando un po’ spugnoso, è morbido nella morsa iniziale, ma strizzando per bene la leva destra compie più che dignitosamente il suo dovere. Un po’ più decisa, invece, l’azione del disco posteriore che se azionato con troppa decisione tende al bloccaggio. Meglio utilizzarli sempre tutte e due insieme per una frenata più pronta ed omogenea.

UNA CONFERMA Il motore si conferma degno della fama che lo precede. Parco nei consumi e molto silenzioso, il mono automatico dello Yup 250 conferma le sue doti di affidabilità, capace di prestazioni più che discrete, non esplosive, ma di certo perfette per l’utilizzo cui è destinato: un uso prettamente cittadino.

VA PIANO (SEMBRA) Lo scatto al semaforo non è esaltante, ma sempre pronto e deciso anche per via della trasmissione tarata alla perfezione, da sempre punto di forza dei motori della Kymco. Si apre il gas e lo scooter parte via rapido, l’erogazione è tanto "pulita" e progressiva che senza accorgersene si è già in "zona punti".

INSTANCABILE La trasmissione attacca sempre al momento giusto permette di sgattaiolare agilmente in testa al gruppo. Anche sforzando il motore, la trasmissione non perde mai un colpo, precisa e puntuale, sempre come fosse la prima volta. Inotre, i 153 kg dichiarati dello Yup 250 in movimento non si sentono minimamente; cosa che invece non si può dire nelle manovre da fermo.

GAMBE MOLLI Ma se il cuore "pompa" bene, lo stesso non si può dire delle "gambe", che faticano a reggere il passo del motore. Lecito comunque non aspettarsi troppo, nonostante la cilindrata "abbondante", lo Yup è uno scooter nato per la città, ma le sospensioni sono tarate sul morbido, molto morbido. Soprattutto la forcella che oltre ad essere troppo "in piedi" (l’avantreno è un po’ "nervoso"), filtra poco le asperità più toste della strada come pavé e buche per via di un’idraulica poco efficace, ripercuotendo tutti i colpi sulle braccia di chi guida.

DIETRO UN PO' MEGLIO Dietro le cose vanno un pochino meglio. I due ammortizzatori hanno parecchio da lavorare per via del maggior peso caricato sul posteriore, ma giocando con la regolazione del precarico si riesce un pò ad ovviare al "sovraccarico", anche se la risposta ai colpi rimane sempre un po’ secca.

POCO IMBOTTITA A questo si aggiunge una sella sì grossa ed ospitale per i giri in coppia, ma poco imbottita, specie per chi sta davanti. Insomma, se potete evitare pavé, sampietrini e quanto altro è meglio; se proprio non potete farne a meno, prenotate una seduta extra dal fisioterapista di fiducia.

GUIDA PULITA Tra le curve lo Yup mostra il fianco a qualche critica, sia per le "gambe" molli, sia per un certo disequilibrio proprio nella ripartizione dei pesi, concentrati soprattutto nella zona posteriore. Per questo va guidato in modo "pulito" senza strafare, anche perché se forzato l’avantreno tende a "cadere" dentro la curva.

TURISTA PER CASO Se, poi, la cilindrata vi ispira un salto in autostrada, nessuno ve lo impedisce. Il motore spinge anche bene e veloce; i 119 orari dichiarati dalla Casa sembrano esserci tutti (visti 130 indicati). Prestazioni soddisfacenti anche per affrontare il veloce traffico delle tangenziali.

In questo servizio:Casco: Vemar HalleyGiacca: Spidi Raodway manGuanti:Spidi

Pubblicato da Alfredo Verdicchio, 12/02/2004
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