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Prova su strada

In sella a: Yamaha R1 ‘04


Avatar Redazionale, il 09/02/04

20 anni fa -

Si è fatta attendere come una star di Hollywood, ma era certa del suo potenziale. Ecco la prova dell'ultima pretedente al titolo di sportiva dell'anno 2004. Potentissima, radicale, esuberante, un motore infinito e, finalmente, un cambio all'altezza. Gran freni, ottima ciclistica, in pista è un animale da gara. Su strada invece, si soffre.

COM’È Obbiettivo 1:1 anzi anche meno. Più di un cavallo per ogni chilogrammo. È questo il leit motiv della stagione 2004. Obbiettivo che almeno due delle tre le sorelle giapponesi impegnate a rinnovare le loro superbike da 1000 cc hanno ormai sbandierato ai quattro venti. Lo ha fatto Kawasaki con la ZX-10R da 170 kg per 175 cv (184 in pressione) lo fa Yamaha con la nuova R1 annunciata per 172 cv a 12.500 giri e 172 kg di peso, cavalli che però diventano 180 con l’air box in pressione. Dati impressionanti, davvero, soprattutto perché ottenuti da un motore regolarmente filtrato e omologato e per di più catalizzato Euro 2. Roba da fare venire i brividi solo a pensarci e da farci venire il prurito alle mani per la voglia di provarla.

TUTTA NUOVA Ristilizzata completamente, riprogettata in ogni particolare la R1 si annuncia quindi come una delle più accreditate pretendenti al ruolo di regina delle 1000 per 2004. Poco, anzi niente arriva dalla versione precedente. L’estetica si è fatta ancora più appuntita, tagliente e il doppio scarico sotto la sella (ormai un must per le moto sportive), riesce a dare alla maxi Yamaha un aspetto ancora più filante e a vederla da dietro è davvero bella. E credete, le foto non rendono assolutamente l’idea di quanto la moto si è rimpicciolita.

MOTO GP Per spingere sull’acceleratore delle prestazioni Yamaha ha riprogettato il suo quattro cilindri, attingendo a piene mani alla tecnologia della moto GP. Non è, infatti, un caso che il motore abbia cambiato anche le misure d’alesaggio e corsa (77 x 53,6 mm) per arrivare alla canonica cilindrata di 998 cc ma modificare radicalmente il suo carattere. Nuove misure che consentono al motore di raggiungere regimi più elevati. La potenza massima, infatti, arriva a ben 2.000 giri in più del motore precedente. Nuova è la testa con le cinque valvole ancora più "in piedi" (gli angoli inclusi sono diminuiti drasticamente) e nuovi anche i pistoni forgiati dal mantello ormai ai minimi termini.

DUE FARFALLE

Cambia anche il sistema d’iniezione, che abbandona i depressori per "omologarsi" all’utilizzo del sistema a doppia farfalla già utilizzato da Suzuki e Kawasaki. Secondo i progettisti questa scelta è dovuta alla ricerca della maggiore precisione di risposta all’acceleratore. E gestire il tutto provvede un cambio a sei rapporti ravvicinati (anche questo un trend ormai generalizzato sulle moto supersportive).

MOTORE MINUSCOLO Ma ancor più impressionante è lavoro di compattazione eseguito sul quattro cilindri. Il motore si è accorciato, ristretto, liofilizzato. I cilindri (di tipo close deck, ovvero integrati nel carter superiore) hanno interassi risicati (il blocco si è ristretto di 56 mm), e aumentano l’inclinazione per raggiungere i 40°. Tutto per snellire al massimo la moto.

QUINTA GENERAZIONE

Il nuovo telaio Deltabox V (quinta generazione, la quarta l’hanno saltata) non aggira più i cilindri ma li scavalca realizzando così un collegamento più diretto tra cannotto e forcellone a tutto vantaggio di una rigidità aumentata che come ormai sempre accade è annunciata con aumenti strepitosi (rigidità verticale + 200 %, rigidità torsionale + 30 %), ma un tempo con cosa li facevano i telai? Per capire quanto si è ristretto il telaio basta un dato.

RISTRETTA

La distanza tra le due travi è di 395,6 mm contro i 464 mm del precedente. Logico che di questo dimagrimento approfitti anche il layout generale con pedane che si restringono e si abbassano di 7,5 mm avanzando anche di 2,5, a favore di una posizione di guida lievemente più abbassata e spostate verso l’avantreno.

IL PESO IN BASSO

Tutto per offrire un miglior controllo e un maggiore feeling con la ruota anteriore. I 18 litri di benzina sono quasi tutti contenuti in basso, sotto la sella (sistema già utilizzato da Honda) per concentrare quanto più possibile le masse vicino al baricentro che si è ulteriormente abbassato. Parte del serbatoio lascia quindi spazio all’air box. E per ottimizzare il tutto è lo stesso telaio che funge da supporto per il sottile filtro dell’aria.

PRESSOFUSA

E Yamaha ha applicato largamente anche la tecnologia della pressofusione, utilizzata per l’inedito forcellone con capriata inferiore (andamento curioso ma a quanto pare preferito dai piloti e, infatti, adottato sulla moto di Valentino Rossi) e per il telaietto reggisella. Il telaio, invece è ancora realizzato in parti saldate, a ottenere misure praticamente uguali alla precedente che si riassumono in 1395 mm di interesse, 24 gradi di inclinazione cannotto e 97 mm di avancorsa. Compare per la prima volta un ammortizzatore di sterzo di serie, mentre la forcella pur essendo completamente rivista mantiene le misure dell’attuale con steli da 43 mm.

TUTTO RADIALE

Logico attendersi anche l’arrivo delle pinze radiali, che, infatti, sono puntualmente arrivate, senza le quattro pastiglie ma con il plus di una pompa radiale Brembo che così fa la sua comparsa per la prima volta su una supersportiva giapponese. Aumenta il diametro dei dischi che passa da 298 a 320 mm. E il prezzo? Sarà di 13.700 euro, chiavi in mano. Arriverà nelle prossime settimane.

COME VA

Sessanta ore di viaggio, un aereo perso, bagagli (tuta compresa) smarriti chissà dove. Non è cominciata certo per il verso giusto la trasferta australiana dei giornalisti italiani invitati al press test. Mentre eravamo a Heathtrow a maledire la British Airways, ci prendeva anche un certo scoramento per non poter provare la moto. Irriducibili, siamo riusciti a saltare chi su un volo chi su un altro e a raggiungere Sydney, senza bagagli. Ma tant’è, avremmo provato la R1 anche in mutande tanto ci aveva fatto gasare dalla presentazione statica. Invece, come sempre accade la fortuna aiuta gli audaci e ci siamo ritrovati la tuta in circuito, giusto prima di provare la moto il pomeriggio. Già, ma a voi di questo non interessa, volete sapere come va la 1000 Yamaha. Eccovi accontentati.

BOMBA GIAPPONESE Radicale, esplosiva, gasante quanto mai. La R1 2004 tiene fede a tutte le promesse fatte, dalla prima all’ultima. In sella è compatta, raccolta, anche se così a memoria non raggiunge i picchi di compattezza della Kawasaki che è ancora più corta quanto a posizione di guida. Come tutte le Yamaha sportive nonostante la compattezza è una moto "abitabile", adatta anche ai piloti più alti al punto che mi va quasi "larga" e vorrei un cuscinetto per appoggiarmi in accelerazione.

RADIALE ANCHE PER MANINE

Il primo risultato che arriva dalla pompa radiale è che finalmente la leva del freno è alla portata anche di chi, come me, ha la mano piccola, adesso si avvicina e permette di frenare al meglio. Come ogni moto Yamaha, anche la R1, poi offre uno standard qualitativo di alto livello. Il cruscotto è un bijoux (unica nota stonata la presenza ingombrante del serbatoio dell’olio), le finiture davvero ottime. Anche se c’è un po’ troppa presenza di plastica (protezioni silenziatori e collettore ad esempio) ma la confezione globale è davvero appagante.

QUATTRO CATTIVI

Partiamo, e partiamo dal motore. I capoccioni giapponesi della Yamaha si sono prodigati nel dirci che sono andati alla ricerca della maggiore sfruttabilità possibile della moto. Hanno un bel dire, con 180 cavalli… In effetti, ad andare piano con questa moto sono capaci tutti. Il motore ai bassi è corposissimo ma trattabile, metti la sesta a vai in giro con una spinta che su strada basta, e avanza.

GIRA COME UN 600

Ma è quando si tratta di sfruttarne l’incredibile potenziale che le cose cambiano drasticamente. Quello che in Yamaha sono riusciti a tirare fuori da questo mille è davvero qualcosa di superlativo. Tanto per cominciare la R1 vince il premio di "urlatrice" dell’anno nella categoria. L’allungo è prodigioso, occorre arrivare a 14.500 indicati di strumento, prima che intervenga il limitatore, siamo 500 giri oltre la Kawasaki ZX-10R che già ci aveva impressionato… E il bello è che questi giri li usi tutti, (anche se la cambiata proficua è a 13.500) dal primo all’ultimo, ovvero dai 5000 in su. In pista, sotto questo limite, il quattro in linea Yamaha è un po’ "vuotino", nel senso che non strappa le braccia ovviamente, perché, parliamoci chiaro con queste potenze di motori spenti non ce ne sono di sicuro.

PIÙ ESTREMA

Certo è che le caratteristiche si sono fatte più estreme, un po’ tornando alla prima R1 senza però averne i difetti. Il motore gira alto, anche grazie al cambio ravvicinato si perdono pochissimi giri tra un rapporto e l’altro. Questo implica tra l’altro anche l’adozione di una prima lunga (si toccano i 167 km/h al limitatore), ma anche negli altri rapporti non si scherza. 205 in seconda, 240 in terza, 280 in quarta. 289 in quinta, poi c’era la curva… Il motore è quindi davvero esuberante, anche se fluido nel suo comportamento (poche vibrazioni, oltre i 10000 ma niente di che), c’è sempre tanta spinta, percepire un cambio di ritmo è molto difficile, l’erogazione è molto lineare e questo rende anche più sfruttabile il tutto, anche se ogni volta che si apre il polso destro è come innescare un candelotto di dinamite, niente manate sul gas, please.

CAMBIO, FINALMENTE!

A proposito di cambio, finalmente possiamo fare i complimenti ai tecnici Yamaha che sono riusciti a dotare la R1 di un cambio degno di chiamarsi tale. Non siamo ancora ai livelli di un cambio Honda (o dei migliori Suzuki) ma manca un pelo. Preciso, rapido e anche morbido è davvero un passo avanti enorme rispetto alle edizioni precedenti. Adesso si riesce a buttar dentro la marcia anche senza frizione con il motore in tiro o appoggiarla quando si cambia direzione. Prima la vita non era altrettanto facile.

AGILE COME UNA 600

La ciclistica è di spessore, incredibile la maneggevolezza, probabilmente anche superiore a quella della ZX-10, nei cambi di direzione la R1 volteggia rapidissima e scende anche in piega con una velocità quasi paragonabile ad una 600 cc. Il rovescio della medaglia è un avantreno in perfetto stile Yamaha, che tende ad agitarsi un po’ quando si affonda il polso destro. Abbiamo avuto modo di provare la moto sia con le Pilot Power, sia con le Pilot Race. E mentre le prime offrivano un comportamento più "rotondo" (anche se pativano la coppia motrice con derapate al posteriore) le seconde (ovviamente con il giusto setting) innervosivano ulteriormente la moto il cui avantreno sotto la spinta poderosa si muoveva più spesso, su uno scollinamento, o in accelerazione.

UN TIPO SENSIBILE

Le sospensioni sono sensibili, un click si sente subito e io ho solo cercato un posteriore leggermente più rigido di quello che ci ha proposto Yamaha (un click nel precarico e un click nel ritorno) per evitare che la moto si sedesse troppo. Va da sé che è chiaro che con tutti quei cavalli è praticamente impossibile avere anche un avantreno che sta sempre giù. In ogni caso, non siamo certo ai livelli della prima R1: qui il feeling con la ruota anteriore è decisamente superiore, la "senti" di più ti da più sicurezza di prima e i movimenti del manubrio si "spengono" subito, anche grazie all’ammortizzatore di sterzo.

FRENO AL MILLIMETRO

E i freni sono finalmente all’altezza della migliore concorrenza. Non ci sono le quattro pastiglie e questo porta ad un attacco "pastoso", mai aggressivo. Ma la potenza è notevole e il feeling alla leva eccellente. La frenata si modula millimetro per millimetro e la moto non fa un piega anche quando inserisci con i freni in mano come nel caso del tornantino in discesa di Eastern Creek.

BALZELLO

In frenata si avverte anche l’assenza del sistema antisaltellamento sulla frizione, perché a tanta coppia motrice corrisponde, ovviamente, anche tanta coppia frenante. La staccata quindi va accompagnata con la "frizione in mano" ma il bello è che quando s’innesta il saltello la moto resta sempre in linea, non sbandiera. Gestire questa situazione alla fine è quasi divertente.

IO LA VEDO COSì

E adesso la butto sul personale. Il serbatoio è estremamente rastremato non ha i tradizionali svasi, pertanto manca quel "gradino" che io utilizzo normalmente per appoggiarmi in staccata con il ginocchio. Questo implica che il peso vada a gravare maggiormente sulle braccia, che con tutto questo tira e molla tra accelerazioni e staccate si stancano in fretta. Con le Pilot Race (maggior nervosismo a parte) la moto è davvero performante, l’abbassamento delle pedane ha però comportato anche una diminuzione della luce a terra, adesso occorre almeno togliere i piolini per non toccare spesso alle massime inclinazioni. La famosa trattabilità decantata dai giapponesi, in effetti, c’è, perché il motore è fluido.

FATE PALESTRA

Andare piano è affare per tutti, andare forte richiede muscoli, cervello concentrazione. Come tutte le mille anche la R1 ormai richiede un fisico allenato per fare una giornata in circuito. Inutile nascondersi, ormai queste moto vanno veramente forte e se qualcuno come al solito dice che sono pericolose non mi stancherò mai di ripetere che pericolose le moto non lo sono mai, di pericoloso c’è solo chi le guida.

SU STRADA

Come tradizione Yamaha ci ha fatto provare la moto anche su strada (con le Pilot Power) prova sempre utile per valutare comfort e vibrazioni, protezione aerodinamica. Certo la posizione estrema che tanto piace in pista, su strada significa soprattutto scomodità. I manubri sono bassi, chiusi, pedane alte, ginocchia molto angolate, protezione dall’aria pochina; nonsiamo molto lontani da una Ducati 998 tanto per citare una moto comoda. Su strada bene forcella, freni (ottimi), cambio e motore (e ci mancherebbe).

ALTO E CALDO

Un po’ rigida la sospensione posteriore, mentre lo scarico alto fa pagare pegno con una bella dose di calore trasmessa soprattutto alla gamba sinistra del pilota (ma durante le prova sfioravamo i 30 gradi). Non si raggiunge l’insopportabilità di una 999 ma se guidate senza tuta in pelle il calore si fa sentire.

PASSEGGERO?

Il passeggero, invece è più isolato (ho provato personalmente con un collega a fare un tratto da secondo) certo è che la sistemazione della R1 va giudicata come di fortuna, e solo per brevi tragitti. Posizione a Koala (in tema australiano) e ginocchia in bocca, nessun appiglio. Per le vostre fidanzate un viaggio su questa moto sarà un prova d’amore. In questo servizio:Casco: X-lite  X 801Tute: Dainese Talos IV

Guanti: Alpinestars Gp Pro

Stivali: Dainese D-Axial Out

Pubblicato da Stefano Cordara, 09/02/2004
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