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Prova

Honda CB650F


Avatar Redazionale, il 07/04/14

10 anni fa - Non chiamatela Hornet

Fai 2+2 e il risultato sembra scontato. Macchè. La nuova Honda CB650F sostiuisce la Hornet a listino ma è di tutt'altra pasta. Per favore, quindi, non chiamatela Hornet

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NEW ERA In controtendenza rispetto ad alcuna concorrenza, la Casa di Tokyo punta dritto al cuore dei giovani presentando un progetto molto più plug&play che, sia chiaro da subito, non è la nuova Hornet. È la semplicemente la Honda CB650F, una moto che segna un bel punto di svolta. Nuova dal primo all’ultimo bullone, la naked sacrifica le prestazioni massime rispetto a chi l’ha preceduta sull’altare della sfruttabilità su strada e del contenimento dei costi, al momento dell’acquisto e anche dopo. 

UNO STILE PER GIOVANI Di fatto, il progetto della Honda CB650F non è partito in quarta pensando ai soliti smanettoni. Si è fatto un passo indietro e, per una volta, ci si è chiesti: cosa vogliono i giovani motociclisti di oggi? La categoria dei ragazzi spendaccioni, infatti, oggi come oggi è esigua, chi si avvicina magari per la prima volta al mondo delle due ruote non vuole la pinza monoblocco ma un mezzo facile, amichevole e che costi poco. Un mezzo che, all’occorrenza, possa divertire, abbia stile e che sia anche molto attento al portafogli. 

SONO ALLA MODA Ecco perché sulla nuova Honda CB650F lo stile e la cura dei dettagli è così ricercata, ben più che sulle sorelle minori da 500 cc. A detta della stessa Honda, infatti, non sono mai stati interpellati così tanti designer e ingegneri ventenni. E bisogna ammettere che il risultato ha tutto il suo perché: il motore, in particolare, è stato disegnato ex novo anche pensando allo stile finale, niente tubazioni fuori posto o compromesso di alcun tipo sul fronte del design che doveva risultare pulito ed elegante. Molto d’impatto è anche la fanaleria a Led, sia sul cupolino sia sul codone.

CUORE DOLCE Torniamo però al motore. Lasciando un attimo da parte la potenza massima, ci si è concentrati sull’erogazione, sulla fluidità e corposità ai bassi regimi. Per tale scopo, è stato scelto un 4 cilindri in linea molto evoluto. 649 cc, 67 x 46 mm di alesaggio e corsa (è cresciuta proprio la corsa rispetto al vecchio 600), iniezione elettronica PGM-FI, distribuzione bialbero a 16 valvole con raffreddamento a liquido, cambio verticale a sei marce e disposizione del motorino di avviamento alle spalle della bancata cilindri, inclinata in avanti di 30°. Le valvole sono azionate direttamente dalle camme, con la fasatura di aspirazione, scarico e accensione progettata per enfatizzare la spinta ai regimi bassi e medi. Ci sono poi chicche come i fori di ventilazione tra le pareti dei perni di banco per ridurre le cosiddette perdite da pompaggio e pistoni progettati con metodologia CAE (Computer Aided Engineering) dotati di mantello asimmetrico per ridurre gli attriti. Tutto per aumentare anche l’affidabilità e quindi la vita utile del motore.

NUMBERS Si continua con il circuito di raffreddamento particolarmente nascosto, che sfrutta un’estesa rete di passaggi interni per non caricare eccessivamente il design del motore, lasciandolo libero da tubi e quant’altro. A questo scopo è stato spostato sotto al motore anche il filtro dell’olio. Tutto ciò ha permesso l’adozione di un innovativo sistema di scaricomolto aderente al motore e dal look ricercato con andamento 4-2-1 che richiama la mitica CB400 Four. Passando ai numeri, la potenza massima è di 64 kW (87 CV) a 11.000 giri con una coppia di 63 Nm a 8.000 giri. Per quanto riguarda i consumi invece, si parla addirittura di 21 km/litro nel ciclo medio WMTC che, accoppiati ai 17,5 litri del serbatoio, significano 350 km di autonomia.

SCHELETRO NELL’ARMADIO Passando alla ciclistica della CB650F anche qui è tutto nuovo. Si parte con il telaio, in acciaio con travi ellittiche, con la zona vicino al cannotto di sterzo più rigida e invece più flessibile lateralmente. Le sue quote sono un’avancorsa di 101 mm, cannotto aperto di 25,5° e interasse di 1.450 mm. Il peso con il pieno di benzina è di 208 chili. Affascinante anche il forcellone in alluminio pressofuso, con il braccio destro ad arco. Al reparto sospensioni ci sono un mono regolabile nel precarico infulcrato direttamente al forcellone, mentre all’avantreno c’è una forcella a steli tradizionali da 41 mm. Belli anche i cerchi a 6 razze sdoppiate in alluminio pressofuso, che calzano pneumatici 120/70-ZR17 e 180/55-ZR17. L’impianto frenante ha l’ABS a due canali di serie, dischi da 320 mm e pinze a 2 pistoncini. Dulcis in fundo, la sella è a quota 810 mm.

TI ASPETTO Ultima ma non meno importante è la strumentazione, anch’essa completamente inedita e digitale. La CB650F sarà disponibile nelle colorazioni Pearl Metalloid White (Tricolour), Matt Gunpowder Black Metallic e Pearl Queen Bee Yellow, e sarà venduta a 7.300 euro. Un po’ più alto rispetto, per esempio, a una MT-07, rispetto alla quale, comunque, c'è un'architettura completamente diversa.

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MODERN TIMES Coda a punta, sguardo accigliato e masse basse: è una moto moderna, fresca. Ma c’è di più: guardando da vicino, noto la cura maniacale per i dettagli, le plastiche, le finiture. È una Honda, senza dubbio. Però la sento più giovane, c’è un vago retrogusto brillante e di carattere che alle Honda più classiche è talvolta mancato. Se lo smanettone di turno storcerà il naso davanti alla forcella a steli tradizionali e alle pinze assiali della Honda CB650F, al giovanotto neopatentato non dispiaceranno invece le sue linee. Come se avessero preso la Hornet e le avessero tirato la pelle con i polpastrelli.

BELLO DENTRO È piacevole anche quando si sale la Honda CB650F. Un po’ come sulle ultime naked che hanno invaso il mercato, la posizione è più raccolta che in passato, non si è sopra ma dentro la moto. Merito del furbo dislivello tra serbatoio e sella che ha come gradito effetto collaterale di proteggere non poco il busto. E poi ci sono i comandi, tipicamene Honda: il manubrio è largo, alto (molto) e proprio lì dove lo cercavo, la sella è bassa e ampia e le gambe strette. Insomma, la classica moto per tutti e per tutte le taglie. Fatta, perlatro, a regola d’arte.

TELEPATIA Il ronzio del 4 cilindri. I comandi morbidi. Il suo cadere stabile in curva. Curiosamente, non mi è facile trovare qualcosa che descriva al meglio la CB650F, un aggettivo che la identifichi. Perché è facile ma comunque efficace, dolce ma dal piglio sportivo. Insomma fa un po’ qualunque cosa senza soprenderti, come fosse tutto molto naturale. Pensi di curvare in un modo e lei lo fa proprio così. Ormai è più scontato dei jeans in saldo da H&M ma anche la CB650F è una di quelle moto che ti sembra di avere guidato da sempre. Intuitiva ma svelta, è un’alchimia segreta quella delle moto Honda, che nessuno è ancora riuscito a replicare. La guidi con il  pensiero, senza sorprese sgradevoli. Che per un verginello di moto è solo un bene.

FLAT FOUR Il motore è frizzante. Non ha toni rabbiosi o bruschi modi di fare, però è sempre lì, a portata di polso, senza eccessi di testosterone. Nelle prime marce in particolare la risposta è decisa, goduriosa, quello che ci si aspetta da un bel 4 cilindri mid-size. E, forse, c’è anche qualcosina in più ai bassi-medi regimi della vecchia Hornet. Il ronzio del 4 in linea non è proprio emozionante ma la spinta è continua e costante, quasi piatta e cresce fino alla zona rossa attorno ai 12 mila giri. Il range migliore però è a metà scala del contagiri: coppia giusta e risposta dolce. L’allungo? Meno incisivo che sulla Hornet, ma ricordate: non è l’erede della Hornet.

PLUG&PLAY Se avete presente il concetto di plug&play, la Honda CB650F lo rappresenta alla perfezione. Perché ha quote ciclistiche stabili e intuitive e perché grazie al baricentro basso va bene anche per andare forte, molto forte, da subito. Ancora più che la sua non-antenata Honda Hornet, perché più leggera, più agile, più facile. Quando il ritmo si alza, trovo una moto che scorre bene e prende presto la corda, una bella naked moderna che chiude in fretta le curve. Frena forte, dimostrazione del fatto che non servono impianti replica SBK. Mi sarebbe piaciuta una forcella più competente per avere più sostegno e scorrevolezza anche nella guida impiccata. Ma forse, mi dico, non è questo quello per cui è stata pensata, o almeno non così tanto.

TIRO LE FILA Costa il giusto, beve poco (i 21 km/litro dichiarati si fanno serenamente), offre tanto. E si concede anche qualche vezzo estetico, come gli snelli collettori. Però. Però forse manca un po’ di sale nel piatto, una pennellata di colore, qualcosa di imprevisto e un po’ scioccante. In realtà, a ben vedere, all’appello ci sono tutti gli ingredienti: è comoda, spaziosa (il passeggero ringrazia) e facile, oltre che efficacie quando si alza il ritmo. Quindi cosa mi frugola in testa? È mancanza di carattere o mancanza di difetti? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Pubblicato da Alessandro Codognesi, 07/04/2014
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