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1000 km spaccati in due: 950 di endurance e 50 di gara sprint. Si corre in Germania questa gara folle a cui abbiamo partecipato con una KTM RC8 R completamente di serie.
LA PROVA PIÙ BELLA Ci sono molti modi per provare una moto nuova. Puoi essere invitato alla presentazione ufficiale, tutto ben organizzato, la pista tutta per te 4/5 sessioni da 20 minuti in cui cercare di capire al meglio le potenzialità del mezzo. Oppure te la fai mandare in redazione e organizzi una prova tua, o magari la butti nella mischia di una comparativa. Oppure puoi fare come abbiamo fatto noi: prendi una moto di serie (KTM RC8 R 2011) e ti iscrivi a una gara un po’ fuori di testa. La gara in questione è la 1000 km di Hockenheim, appuntamento fisso per gli appassionati tedeschi che ogni anno, da 38 anni, si corre su questo circuito nelle sue varie configurazioni. Pare che in Germania ci siano solo tre punti fermi: la Weissbier, la kartofelnsalat e la 1.000 km di Hockenheim il sabato di Pasqua.
PILOTI PER CASO Un’iniziativa nata quasi per caso, la nostra, parlando con il PR di KTM Thomas Kuttruf che in occasione del lancio della SMT 990 mi spiegò come funzionava la gara e la sua intenzione di parteciparvi. Quando ha visto i miei occhi brillare non ha saputo resistere e si è lasciato scappare che, forse, poteva esserci una moto anche per me. “In fondo la KTM RC8 R 2011 non l’hai ancora provata e questa è una buona occasione”. Non l’avesse mai detto! La voglia di tornare a fare una gara di endurance anche se atipica si è impossessata del sottoscritto che in men che non si dica ha letteralmente tirato in mezzo il collega Marco Selvetti di Moto TV (troverete uno specialone in onda tra un po’ sul noto canale satellitare) catturato con l’inganno (finché non ha accettato di venire nessuno gli ha detto che si trattava di correre il sabato di Pasqua) e ovviamente l’immancabile Max Tresoldi, il “Jeremy Burgess di Cernusco” mago degli assetti con cui ho vissuto tutti gli anni del mondiale e che ha volentieri sacrificato un paio di giorni di lavoro pur di respirare di nuovo l’aria dell’Endurance.
COME LEI NESSUNA Ma perché questa gara è atipica? Semplice, perché il regolamento sfiora l’assurdo e il suo svolgimento è qualcosa che non siamo certo abituati a vedere. Vi dico subito che questo è un evento a metà tra la sagra paesana e la gara di alto livello; come detto si corre da sempre il sabato di Pasqua, il che significa che da queste parti a volte si corre con la neve ai lati della pista. Quest’anno però la Pasqua è arrivata molto avanti, a primavera iniziata, e siamo stati fortunati. Per due giorni a Hockenheim sembrava estate piena.
POUTPOURRI Tra gli iscritti si trova un po’ di tutto: piloti superprofessionisti con moto esagerate e team organizzatissimi o amatori con moto di 10 anni fa e sistemi di rifornimento del tutto improvvisati, tutti insieme appassionatamente. Lo spirto sportivo è ai massimi livelli, la 1000 Km di Hockenheim è un vero meeting in cui correre, divertirsi e fare festa senza alcuna tensione.
CON MOTO DI SERIE Una gara perfetta, quindi, anche per chi non ha mai corso e vuole provare l’ebbrezza della competizione senza spendere una follia. Perché nella classe stock sono ammesse anche moto completamente di serie (nel vero senso della parola), con tanto di fari e senza carena racing. Proprio come la nostra KTM RC8 R che, come potete vedere dalle foto, si è presentata alle verifiche con fari coperti dal nastro e scarico originale omologato con tanto di catalizzatore.
TUTTO IN UN GIORNO Altre stranezze? La gara si svolge tutta in un giorno, il sabato, consentendo quindi un investimento limitato per quel che riguarda il tempo (noi siamo arrivati venerdì pomeriggio e siamo ripartiti sabato sera) non ci sono prove libere né tantomeno prove di qualificazione, il che per noi che Hockenheim lo abbiamo visto solo in cartolina è il massimo.
PRIMA L’ENDURANCE L’organizzazione ti assegna un numero di partenza secondo logiche astruse (hai partecipato l’anno prima e sei andato bene? Parti davanti. Non hai mai partecipato? Parti quarantesimo anche se sei il campione del mondo). Nella parte endurance si parte a “mazzi” (gruppi di 20 moto per volta) e devi compiere un numero di giri predefinito (nel nostro caso 204) entro un tempo predefinito (nel nostro caso 457 minuti). Se non si riescono a compiere i giri previsti non si perde il diritto a partire per la gara sprint dalla posizione preassegnata ma si prendono delle penalità in termini di tempo che influiscono sul risultato finale.
POI LA GARA SPRINT Terminata la parte endurance arriva la gara sprint: 16 giri da fare a cannone con tanto di cambio pilota a metà gara e nessun limite di velocità in corsia box! In pratica, i primi 950 km sono un “riscaldamento” per la gara sprint.
PASSEGGIATA? MICA TANTO Detta così pare una passeggiata; invece non lo è perché in pista, per la parte endurance della gara, le 5 categorie che corrono a Hockenheim sono tutte assieme, il che significa che c'erano in pista 120 moto nello stesso momento, con tempi sul giro che spaziavano dall’1:48 al 2:20.Districarsi in un traffico del genere cercando e di mantenere un passo gara dignitoso è tutt’altro che semplice. La concentrazione deve essere massima, devi avere occhio lungo e orecchio teso per capire se per caso dietro c’è qualcuno arrivato lungo che ti può stendere. Alla staccata del rampino di Hockenheim arrivavano anche 15 moto assieme e lo strike era sempre agguato.
PISTA MAI VISTA In più arrivando in circuito completamente “vergini” (un giro a piedi il venerdì ci ha almeno fatto capire da che parte girava il tracciato) e con una moto che più standard non si può Marco e io abbiamo cercato prima di tutto di tenerci lontano dai guai, poi di imparare la pista in fretta e infine di sistemare la moto al meglio per la fase “calda” dell’evento, ovvero la gara sprint.
PARTITI MORBIDI D’accordo con Max siamo quindi partiti con un assetto piuttosto morbido, così da avere anche più feeling con la moto, che conoscevamo davvero poco (qualche giro al Mugello in occasione del TNT e nulla più). Piccole modifiche che ci siamo concessi: il cambio rovesciato e i semimanubri che abbiamo aperto più del normale per aumentare il braccio di leva e fare meno fatica nei cambi di direzione. Non che servisse in realtà, perché la RC8 ha un’agilità impressionante, davvero paragonabile a quella di una 600 cc, ancor più enfatizzata dalle Dunlop D211 GP Racer (mescola Endurance per il posteriore e Media per l’anteriore) che abbiamo scelto come “scarpe” per correre la parte endurance della gara. Conoscendo bene il rendimento delle Dunlop siamo andati sul sicuro e abbiamo anche azzardato portando con noi solo due set di gomme. Il che, tradotto, significava percorrere circa 460 km con ogni set.
EVOLUZIONE IMPORTANTE La KTM RC8 R è molto cambiata dalla moto che conoscevamo, il lavoro svolto sulla moto 2011 l’ha resa non solo più efficace ma anche decisamente più intuitiva e facile da guidare. Tra gli appassionati c’è chi la guarda con sufficienza, sbagliando, perché gli uomini in arancio le moto le sanno fare sul serio e con quest’ultima versione hanno ulteriormente innalzato il livello di competitività della loro bicilindrica. L’agilità è sempre stata il suo punto di forza, che è rimasto intatto; il lavoro sulle sospensioni ha però portato anche a una moto più comunicativa e ancora meglio sfruttabile.
CAVALLI MORBIDI Ci sono più cavalli di prima (175 cavalli veri) e mai sono stati così gestibili. Il lavoro sul motore è stato, se possibile, ancora più proficuo di quello sulla ciclistica. Se prima la risposta “secca” alle sollecitazioni del gas era uno dei talloni d’Achille di questa moto, ora, grazie la doppia accensione, alle nuove mappature e al ribilanciamento dell’albero motore (che ha anche contribuito a diminuire le vibrazioni), si ha una gestione del gas assolutamente perfetta. Non c’è elettronica sulla RC8, ma la trazione e il feeling con la ruota posteriore sono tali che non se ne sente nemmeno il bisogno. La percezione di chi guida è quella di sentire la gomma che “morde” l’asfalto e di poter controllare perfettamente l’accelerazione. La cosa in questo caso ci è stata molto utile perché, giro dopo giro, con la KTM potevi percepire l’usura della Dunlop posteriore “leggendo” il suo grip e gestendo perfettamente la trazione, raramente ho guidato moto di serie con una gestione dell’aderenza altrettanto precisa.
ABBIAMO ESAGERATO? Nel frattempo, però, l’azzardo con le gomme sembra non pagare. Dopo il suo primo turno (iniziato alle 8 del mattino) Marco rientra ai box con la posteriore già messa male e considerando che ha fatto solo 22 giri (il massimo consentito dal serbatoio di serie da 18 litri) ovvero un decimo di gara, aumenta il timore di finire le gomme prima dei giri. La realtà è che siamo “fuori” con l’assetto, la moto è molto morbida, trasferisce troppo i carichi e, soprattutto, sul curvone da sesta piena si siede troppo e fa lavorare troppo la gomma, che si strappa.
ALLA RICERCA DELL’ASSETTO PERFETTO Due indicazioni e Max è già lì che armeggia con cacciavite e chiave da 17. Più precarico alla forcella e compressione più chiusa per diminuire il beccheggio. Lo stesso facciamo dietro; all'inizio "sgrossiamo" l'assetto ma turno dopo turno gli interventi sono sempre meno radicali, l’ultimo che facciamo è un giro di molla al monoammortizzatore per dare sostegno in accelerazione e nel curvone. Dover adattare l’assetto man mano che giriamo significa che ogni sosta ai box ci costa più tempo del previsto, ma è tempo speso bene perché appena riprendo in mano la moto dopo l’ultimo intervento la sento mia come non è mai stata.
SEMPRE MEGLIO Guido più veloce, sono più sicuro e, complice anche la temperatura dell’asfalto che nel frattempo si è alzata, la gomma anziché peggiorare migliora, si consuma ma non si strappa più. Grazie a Max ogni intervento è andato nella giusta direzione anche perché la KTM (piuttosto rigida a livello strutturale) è molto sensibile alle regolazioni e le sospensioni WP di serie sono di grande qualità e sentono anche il singolo click. Oltretutto non perdono le regolazioni con il passare dei giri mantenendo un rendimento costante, il che le rende più vicine alle sospensoni racing che a quelle stradali.
TRAFFICO REGOLARE Devo dire che, nonostante i timori dell’inizio, in realtà in pista si riesce a girare senza troppi problemi. Tenersi lontano dai guai non è molto difficile: con il passare dei giri l’andatura si regolarizza; imparando la pista capiamo anche dove si riesce a sorpassare in sicurezza e, a parte alcuni grupponi stile “gita domenicale sul passo”, che ci costano quattro o cinque giri al rallentatore prima di riuscire a sorpassare tutti, l’andatura non è così male. Ci assestiamo sui tempi, che variano dall’1:55 all’1:58 senza troppi problemi, e la RC8 R marcia alla perfezione senza alcun problema, nonostante sul curvone i rapporti di serie siano un po’ corti e si pizzichi quasi a ogni giro il limitatore in sesta a oltre 290 indicati. Vorrei solo una corona con un dente in meno e il cambio elettronico che mi faciliterebbe non poco la vita, ma abbiamo detto che la moto doveva restare di serie e così è stato.
GOMME ETERNE La prima GP Racer finisce dopo 110 giri, ovvero oltre metà gara, il rendimento di queste Dunlop è davvero incredibile e ancor più stupisce l’anteriore (a me comunque ben noto visto che le Dunlop le ho usate parecchio) che, oltre ad offrire agilità e prestazioni ottime, dopo 450 km di pista è talmente “in forma” che decidiamo di non cambiarlo nemmeno. Ci porterà a fine gara senza problemi, 938 km di pista con una gomma sola! Segno comunque che anche di assetto siamo ormai a posto.
GUIDA TANTA RIPOSO POCO Marco ed io siamo due orologi, continuiamo a martellare un giro dietro l'altro; non è una passeggiata perché correndo in due e con turni di guida relativamente brevi (40 minuti) anche il riposo è breve e appena ti rilassi un attimo è già il momento di rientrare. Oltretutto, come succede spesso nell’Endurance, man mano che passano le ore il turno di guida sembra sempre più lungo e quello di riposo sempre più corto. Alla fine però ci togliamo la piccola soddisfazione di essere tra i primi tre equipaggi a finire i giri previsti. Gli altri sono quello dei “colleghi” Thomas Kuttruf e Olivier Schmidt (soprannominato “Oli Rocket”, indovinate un po’ perché..) che corrono con l'altra KTM RC8 R presente (la numero 3) e la BMW numero 44 con cui sta correndo anche un certo Helmut Dahne.
FINIAMO IN ANTICIPO Finiamo in anticipo di 20 minuti sul tempo concessoci, per cui guadagnamo un po’ di tempo in più per riposare; dopo 7 ore di gara togliamo la tuta e ci rilassiamo un po’. Le moto vengono pulite, cambiamo le pastiglie dei freni ormai alla frutta e dalle GP Racer passiamo alle Dunlop D211 GP “vere”, che ci siamo procurati per dare tutto nei 16 giri che mancano. Un rapido check alla moto conferma la totale affidabilità della RC8. Dopo 938 km a fuoco senza fermarsi mai non si è allentata nemmeno una vite e aggiungiamo solo 100 cc di olio motore. Niente male.
CAMBIO DI PASSO Può sembrare facile cambiare passo da un momento all’altro, ma non lo è affatto. Dopo che per ore hai guidato a un certo ritmo e con certe gomme, entrare “a fuoco” in una gara tutto o niente con gomme più performanti non è così banale. Il rischio di perdere i riferimenti e di fare una sciocchezza è sempre in agguato. Nelle due ore che trascorrono tra il momento in cui terminiamo l’Endurance e quello in cui partiamo per la gara sprint (con partenza stile Le Mans) la stanchezza prende il sopravvento. In una gara di endurance normale non ti rilassi praticamente mai, qui hai la sensazione di aver finito il tuo compito e ti rilassi ma ti manca ancora la parte più difficile. L’adrenalina, però, sistema sempre tutto. Mentre sto scattando per attraversare la pista e saltare sulla moto non sento più un barlume di stanchezza.
PARTENZA A RAZZO Un minimo di esperienza nelle partenze dell'endurance ce l’ho, per cui allo start sono addirittura terzo! Le GP 211 (mescola M e M) sono di altra pasta rispetto alle GP Racer e così mentre mi passano un paio di piloti mi trovo a strappare il cavo del gas della RC8 come non ho mai fatto. L’erogazione fantastica del bicilindrico è gestita perfettamente dalla Dunlop 200 posteriore che sembra attaccata all’asfalto con l’attack. Lo giuro, in questo momento sto godendo, la moto è leggera reattiva, precisa, attaccata a terra, la "sento", le faccio fare quello che voglio e quando guidi così non puoi non godere.
INIZIO A LIMARE Improvvisamente però non mi basta più niente, non mi basta la luce a terra visto che inizio a limare pedale del freno, del cambio, pedane e perfino la carena. Non mi bastano nemmeno i rapporti, quella corona più piccola mi farebbe molto comodo perché le marce adesso sembrano diventate tutte corte. Per forza, sto girando 5 secondi al giro più veloce! Il passo è furioso, tutti i giri in 1:50, con il giro più veloce in 1:50:001. “Oli Rocket” è li, a 30 cm da me, e non lo mollo. Appena davanti c’è un tipo con una BMW S1000RR stock che ci fa da tappo nel misto ma ha troppo motore sul dritto per riuscirlo a passare. I primi due sono andati ma il terzo posto è ancora a portata di mano.
SERVE UNA DIETA Poi capisco i piloti della MotoGP quando dicono che i piloti più grandi e pesanti sono sfavoriti. O meglio, forse capisco che mi dovrei mettere a dieta. Quanto a guida sento di averne di più dei due davanti ma in accelerazione perdo costantemente 5 metri da “Oli” che guida una RC8 identica alla mia, ma pesa almeno 15 kg in meno. In staccata sono sotto, nel misto non perdo un millimetro, in accelerazione però lascio quei dannati 5 metri che non mi consentono mai di essere abbastanza vicino per tentare un attacco. Questo tira e molla dura per tutti i sette giri del mio turno, poi, per regolamento, devo lasciare la moto a Marco che mi aspetta in pit lane. Il cambio pilota in questo caso non è meno spettacolare della gara visto che non ci sono limiti di velocità nei box (a parte una effimera chicane di rallentamento in ingresso): le moto entrano a fuoco per cambiare pilota staccando come alla prima variante di Monza.
NEI BOX A 150 Non mi è mai capitato di entrare ai box a 150 all’ora! Il cambio moto è velocissimo e Marco dopo il primo giro guadagna addirittura una posizione seminando l’amico Thomas. Vi confesso che per qualche minuto mi stavo gustando l'idea di fare lo scherzetto ai nostri amici tedeschi, arrivargli davanti non sarebbe stato affatto male. Thomas però recupera, ingaggia una bella lotta con Marco, danno spettacolo, ma alla fine riesce a passarlo relegandoci in settima posizione, con un’altra BMW che ci soffia sul collo. Durante l’ultimo giro Marco chiude ogni porta e riesce a mantenere la posizione in una volata vinta per tre decimi. Finita. Terzi a finire l'endurance su 120 iscritti, settimi su 31 equipaggi al via nella gara sprint guidando una moto completamente di serie con tanto di fari e scarico originale. Capito cosa intendono in KTM con lo slogan Ready To Race? Si, ci sono tanti modi per provare una nuova moto e in assoluto questo è il modo migliore.
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