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Vi siete sempre chiesti come sono da guidare le moto di Sylvain Barrier e Marco Melandri per un qualunque smanettone, magari in una signora pista come Imola? Ecco il racconto di cosa ho provato io...
CHE FACCIO, VADO? E a un tratto sei lì, seduto alla tua scrivania ad abbronzarti davanti alla tossica luce del PC, quando arriva la telefonata: “ciao Ale, ti va di provare le moto di Melandri e Barrier?”. Ok, oggi eviterò il caffè. “ah, le provi in pista a Imola, fra una settimana”. Ok, il groppo in gola comincia a diventare un mattone. L’emozione e la fortuna di poter provare le moto dei campioni, quelle che ho sempre visto soprattutto da dietro uno schermo, mi hanno centrato come un gancio di Tyson ai tempi d’oro ma con queste anche la paura di fare un danno epocale. Diciamoci la verità: chi di voi non avrebbe un minimo di timore reverenziale a dover guidare su una pista come Imola moto da ben oltre 200 cavalli/mila euro?
COME DOVE QUANDO Il programma in realtà, viene incontro anche ai più timorosi: si gira all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, in un crescendo di prestazioni. 4 giri con la S 1000 RR base, per prendere confidenza con il tracciato e la moto. Poi, in ordine, quattro giri con l’HP4, quattro con la STK di Barrier e infine quattro con la bestia di Melandri. E, giusto per non farsi mancare nulla, tutte le moto avranno il cambio rovesciato, proprio come in gara. Facile, no?...
INQUIETUDINI Arrivato all’autodromo non basta l’ansia che ho già addosso di mio ma a questo si aggiungono colleghi che hanno l’accortezza di segnalarmi ogni possibile inconveniente, dalla potenza strabordante al poco grip a freddo delle gomme slick della SBK, passando per il cambio rovesciato. Te lo immagini scalare in prima in rettilineo quando pensavi di inserire la terza? Mettici che Imola la conosco poco, manca solo che al mio turno arrivi l’uragano Katrina e siamo davvero al completo.
PRONTO? Che io lo voglia o no, è il momento di salire in sella alla prima moto del lotto, la S 1000 RR. La moto la conosco già da parecchio ma ogni volta il motore riesce sempre a lasciarmi a bocca aperta per la progressione devastante. Il primo giro lo passo a scrollarmi di dosso le inutili paure che mi hanno tenuto sveglio la notte prima, anche perché la moto è ancora più facile di quanto ricordassi. Neutra, nel bilanciamento dei pesi tra anteriore e posteriore come nello scendere in piega, prende la corda abbastanza istintivamente, senza sorprese o comportamenti anomali. In uscita, però, il mono fatica a tenere a bada il mostro a quattro cilindri e l’avantreno non ne vuole sapere di scendere in terra anche in quarta marcia. Meno male che c’è il controllo di trazione a tenere a bada il posteriore. Finiti i quattro giri di riscaldamento la paura comincia a sciogliersi dalle mie spalle come neve al sole, anche perché al cambio rovesciato non ho praticamente mai dato attenzione, complice sicuramente l’ottima assistenza elettronica che permette di infilare le marce come una fucilata.
SALI SALI Scendo dall’S 1000 RR e salgo al volo sull’HP4, manco dovessi fare la superpole. E dalla prima variante, l’HP4 mi mostra cosa vuol dire avere parecchi chili in meno su masse rotanti (9 chili in meno in totale, di cui 2,4 solo grazie ai cerchi forgiati) e sospensioni più a punto, tanto da sembrare un’altra moto. La moto è più composta, entra sì più rapida in curva ma rimane anche più stabile. A confronto con la versione base, sembra di guidare un 600 molto a punto ma con il turbo, che in uscita non perde occasione per spararvi come missili terra-aria.
IL GIOCO SI FA DURO…Finita la giostra HP4, ora si fa sul serio. La STK di Barrier è lì ferma, nei box, con i meccanici che le sfilano silenziosamente le termocoperte, come una mamma che toglie le scarpette alla propria bimba. Ma qui la bimba non è carina e graziosa, tutt’altro. Il rumore è arrabbiato, da vera moto da corsa e la risposta al gas in folle è quasi imbarazzante. In sella da fermo la STK è più alta in tutto ma soprattutto più rigida. Così la voleva Sylvain, così l’hanno fatta.
A CANNONE Sono tante, troppe le cose che mi hanno colpito di questa moto, perciò, senza alcuna presunzione di dare un giudizio sulla moto, vi dico per prima quella che mi ha lasciato più basito: quanto più facile sia della versione standard. Non ho dubbi che una decina d’anni fa, quando l’elettronica sulle moto non esisteva, le versioni da corsa delle sportive fossero una sorta di drago sputafuoco ma oggi non è più così. È vero, l’accelerazione e la frenata sono bestiali, quasi troppo, ma tutto avviene in maniera estremamente controllata, non si ha mai la sensazione di poggiare le terga su un toro imbizzarrito. Merito sicuramente anche delle Pirelli SC1. Entri in curva rapido, veloce ma lei sta lì, prende la corda repentina ma senza sorprese. E dopo un paio di giri capisco: se l’elettronica di oggi può aiutare così tanto, perché mai un pilota dovrebbe volere una moto ingovernabile?
200 E PASSA Ovviamente, parte cruciale dell’esperienza è il motore. Non sono molte le modifiche concesse in Superstock (qualche toccatina al motore, scarico e centralina) ma quanto basta per raggiungere un vago “oltre 200 cavalli” (di serie, la BMW ne dichiara 193 a 14.200 giri sia per l’S 1000 sia per l’HP4). Curiosamente, l’erogazione è simile alla moto di serie ma più appuntita, addirittura ai bassi sembra quasi più pigra. Ma dai medi regimi fino al limitatore è una furia, spara fuori dalle curve come un toro che vede rosso. Tirare tutta la quarta lungo il rettilineo che porta dalla Tosa fino alla Piratella è un’esperienza mistica, al limite dell’orgasmo per qualunque smanettone che si definisca tale.
RIGIDELLA LA RAGAZZA Per quel che ho potuto intuire dai soli quattro giri concessimi, Barrier è un’amante delle staccate furibonde: la forcella è di marmo e fa rimanere l’avantreno sempre molto alto, è settata cioè per gente che sa frenare ma soprattutto che frena forte. Questo si traduce in una guida fisica, spigolata, si frena tardi, si piega tanto ma per poco, e subito con il gas. E tutto è maledettamente più rigoroso della moto da cui deriva. Certo, detto da dietro una tastiera sono buoni tutti…
FURIA A CAVALLO DI IMOLA Inanellati i quattro giri con la STK, è il momento della verità della SBK. Lei è lì che mi aspetta, magnifica e terrificante, un sound d’inferno. Ma ora la paura è completamente scemata, una volta capito che anche ai piloti piace facile. Certo, una volta in sella capisco cosa voglia dire “moto su misura”: chi scrive fa segnare 1,90 metri di altezza all’anagrafe contro il metro e sessanta alto di Marco. Morale della favola, sono appollaiato come fossi un ranocchio, le ginocchia sono completamente piegate e non mi è immediato trovare la leva del cambio. Cominciamo bene…
POTENZA E CONTROLLO Già dai primi metri intuisco la differenza tra questa SBK e la STK. La moto è più leggera, il motore sale velocissimo e ogni giro motore in più comporta spinta utile. Per rendere l’idea in breve (francamente non mi sento in grado di giudicare una moto del genere in soli quattro giri), prendete la S 1000 RR e toglietele qualunque difetto. Più motore ma più dolce, più leggera ma più stabile, frenata più potente ma più rigorosa e naturale. Posizione a parte, sembra realmente che i meccanici e gli ingegneri abbiano sviluppato la moto pensando al mio stile di guida, ogni comando impartito comporta esattamente la reazione che avevo previsto, una sorta di realtà virtuale. Pazzesco.
TRAZIONE E CONTROLLO Dopo i primi due giri passati a conoscerla, provo a osare un po’ con gli ingressi. E manco a dirlo, la moto non fa un plissè, entra in curva precisa come una lama, le ruote vanno esattamente e naturalmente dove stavo guardando senza un sussulto. Fiducioso del controllo di trazione e dell’incredibile aderenza delle gomme slick, provo a srotolare il gas fuori dalla variante Tamburello. Risultato? Vengo sparato come un proiettile, nessuna perdita di aderenza ma solo trazione utile, come se le gomme scavassero nell’asfalto per non perdere aderenza. E anche l’assetto è praticamente perfetto: dove le versioni di serie si muovevano, la SBK non fa nemmeno un’impennata fortuita.
4 LEONI Il motore ovviamente fa la parte del leone. È ciò che ogni smanettone potrebbe desiderare: esci dalle curve con moto ancora molto piegata e risponde prontissimo ma dolce, non aggredisce. Attenzione, però, perché ruotare tutta la manetta equivale a far esplodere una carica innescata: dai medi in poi i quattro pistoni pompano duro e la spinta si fa feroce fino alla soglia dei 15 mila giri, gloriosa e perentoria, segno che oltre 220 cavalli accelerano molto in fretta soli 165 chili di moto. Impressionante e violento, ma tutto sempre sotto controllo.
ALTRO GIRO ALTRO REGALO? Bandiera a scacchi per il sottoscritto e, come spesso accade, finisce tutto proprio quando cominciavo a prenderci gusto. Ma va bene così: è vero, l’impressione è di guidare una moto più facile rispetto a quella di serie, che dia ancora più confidenza. Ma è proprio questo che mi spaventa: dopotutto, c’è un motivo se chi scrive è dietro una scrivania mentre Marco o Sylvain vengono pagati per correre. E con che moto, aggiungerei; questo, però, posso dirlo anch’io!
In questo servizio:
Tuta da pista: Gimoto
Stivali da pista: TCX
Guanti da pista: Spyke
Casco: Nolan X-Lite X-603