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Prova in pista

7 sfumature di BMW S 1000 RR


Avatar Redazionale, il 12/09/14

10 anni fa - A Jerez con le migliori BMW S 1000 RR da corsa

Un sogno? No, è quello che da Monaco si sono inventati per promuovere ulteriormente la loro moto sportiva: una giornata a Jerez con sei BMW S 1000 RR racing che corrono in svariati campionati. Compresi il Tourist Trophy e la Superbike EVO…

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POMERIGGIO D'ESTATE Milano, 4 settembre. L'unica fonte di calore in questo momento è il mio PC, svegliato poco fa dalla sua pausa estiva. Fuori, una pioggia intermittente cade sulle finestre e incupisce la redazione. Sto scorrendo le mail arretrate con occhio un po' spento, la mia testa è ancora a piegare in Sardegna. Sento in lontananza il direttore che parla al telefono ma non ascolto. Ora però si avvicina a me, il cellulare ancora all'orecchio: “Ale, lunedì parti per Jerez de la Frontera, vai a provare la gamma Superbike di BMW”. È il premio di produzione?

LEGGI LEGGI Arrivata la mail-invito di BMW scorro attentamente tutti i dettagli, che lasciano di stucco: “Di seguito la lista delle moto che avrai l’occasione di testare dopo qualche giro sulla BMW S 1000 RR in configurazione stradale: BMW S 1000 RR EVO Superbike, BMW S 1000 RR Superstock del Campionato Endurance, BMW HP4 Superstock e Superbike dell'IDM (il CIV tedesco), BMW S 1000 RR del BSB (Superbike inglese) e infine BMW S 1000 RR Superbike vincitrice al TT con Michael Dunlop. La mia mandibola si apre in maniera proporzionale allo scorrere della mail...

TECH SPECS Cerco di ragionare lucidamente e studio le schede tecniche di ciascuna moto, in ordine. Parto dalla più pregiata: la BMW S 1000 RR EVO Superbike sviluppata dal BMW Motorrad Italia SBK Team, quella guidata da Sylvain Barrier. In realtà, le modifiche sono ben più limitate che su una SBK standard: le parti principali del motore (clindri, testa, albero motore, albero a camme, pistoni, segmenti e scatola del cambio) non possono essere modificate. In compenso, si può agire sull'elettronica e sul fronte aspirazione e scarico per aumentare le prestazioni. Anche il telaio rimane in sostanza quello di serie, a meno del forcellone, delle sospensioni (full Ohlins) e dell'ergonomia in generale. Prestazioni? Si parla di 198 cv alla ruota e 168 chili senza la benzina. Tutto per molto meno di 100 mila euro, a detta dei tecnici.

ENDURANCE Proseguo con le schede tecniche e passo alla S 1000 RR dell'EWC (Endurance World Championship) che corre con il pilota Markus Reiterberger. Ed essendo una Superstock, le modifiche concesse sono ben poche, soprattutto alla parte termica. Fa eccezione il serbatoio, modificato e capace di contenere ben 24 litri. Comunque, le modifiche a scarico ed elettronica le permettono di avere 200 cavalli circa all'albero per 173 chili senza la benzina.

LE TEDESCHE Del gruppo fanno parte anche due tedesche doc, dato che entrambe corrono nel campionato IDM, l'equivalente del CIV italiano. La prima è una HP4 classe Superstock ed è guidata (attenzione, attenzione) da una ragazza di nome LucyGlöckner. Che non si limita a partecipare a quanto pare: è in lotta per il titolo. Da notare come sia l'unica moto del lotto a derivare da un'HP4 e non da una S 1000 RR, pertanto mantiene le sospensioni semi-attive. Per lei, 200 cv all'albero e 173 chili senza carburante. Sopra di lei c'è la sorella Superbike, che tuttavia deriva dalla S 1000 RR. Guidata di nuovo da Markus Reiterberger, è capace di 206 cv all'albero per soli 170 chili senza benzina.

LA BRITISH Le ultime due moto sono quelle che mi stuzzicano di più. La prima è la Superbike che corre nel BSB (British SuperBike) con Ryuichi Kiyonari. Tante le modifiche per lei, troppe da elencare (sia a livello di motore sia di telaio). Vi basti sapere che questa bestiaccia rossa sputa circa 208 cavalli alla ruota per soli 169 chili. Ma non è tutto: per regolamento, non si può usufruire dell'ausilio del traction control, del launch control e dell'anti-wheeling. Tutto nel polso del pilota, che in questo caso è il mio... Il prezzo? Circa 40 mila euro, poco considerate le prestazioni siderali.

TURISTICA TUA SORELLALast but not least, la lista comprende la S 1000 RR Superbike con cui Michael Dunlop, quest'anno, ha vinto il Senior TT sull'Isola di Man. Ovviamente qui è tutto diverso che sulle sorelle da pista, perché si viaggia spesso a velocità siderali (i rapporti sono lunghissimi) e ci sono accortezze come il cupolino estremamente rialzato, per stallare a ben oltre 300 km/h per minuti. Il motore, invece, è stato prelevato dalla moto con cui correva Melandri l'anno scorso. Significa oltre 220 cavalli alla ruota per soli 180 chili circa di peso senza benzina. Solo che il buon Dunlop, a differenza di Melandri, li scatena in strada. Bah.

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TEATRO COI FIOCCHI Sole e più di 30°: bisognava venire nel Sud della Spagna per godersi l’estate calda, quest’anno. Questo è infatti lo scenario che mi accoglie nella pit lane di Jerez de la Frontera, pista solcata da categorie top level come Superbike, MotoGP e anche Formula Uno. E guardando gli spalti immagino i tifosi esultanti, sento le urla di motori a regimi stellari. Ma oggi no: non sono qua per fare il tempo, anzi, mi guardo bene dal provarci. Nonostante abbia già vissuto l’esperienza l'anno scorso, a Imola, quando mi tocca indossare la mia Arlen Ness e avviarmi verso la S 1000 RR standard ho un bel groppo che mi attanaglia la gola. E di certo non è dovuto alle costine di ieri sera…

VECCHIA MIA Meno male che i primi 3 giri mi è concesso di guidare la BMW S 1000 RR standard, anche perché io, a Jerez, non ci ho mai messo piede. Figuriamoci le ruote di una moto. E lei, la sportivona tedesca, ci mette poco a ricordarmi il motivo del suo successo planetario: qualunque sia il vostro umore concede sempre tanto feeling, indipendentemente da chi guida. Anche se provo a forzare rimane facile e naturale. Ah sì, il motore. Si è già detto tanto sul suo 4 cilindri e qui a Jerez mi ribadisce la solfa: a oggi, esistono poche altre moto in grado di accelerare con la sua veemenza e ferocia, soprattutto agli alti regimi. Meno male che ci sono il Traction Control e tutti gli ausili elettronici del caso (compreso il cambio elettronico, che aiuta non poco nella guida in pista), perché se la potenza è erogata dolcemente, 195 cv rimangono una cifra da saper gestire. Anche con il Traction inserito… La pista? Beh, per impararla a dovere mi ci vorrebbero ben più di 3 giri.

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COITUM INTERRUPTUM 3 giri non bastano a scaldarmi come si deve, ma tant’è. Torno in corsia dei box, scendo dalla standard e salto sulla BMW S 1000 RR EWC (Endurance World Championship) che i meccanici hanno la premura di farmi trovare già bell’è pronta. Che velocità, ragazzi: vederli all'opera è uno sballo per un appassionato, sembrano coordinati l'uno con l'altro via Wi-Fi, ognuno sa esattamente cosa fare. E quando farlo. Salto su e mi dico ok, qui tutto è diverso: già da ferma la EWC è più solida, leggera e incazzata, come ha modo di farmi notare lo scarico. Inserisco sonoramente la prima e mi avvio un po’ timoroso verso la corsia di ingresso pista.

CONTROVERSA E INCAZZATA Con la posizione in sella non mi trovo male, ci sto bene (strano perché sono alto un metro e novanta e l'ergonomia è a misura di pilota), ma con il resto ingaggio un corpo a corpo. Sarà che sono ancora un po' arrugginito ma la BMW S 1000 RR EWC la trovo più stabile che agile: per chiudere le curve devo metterci forza, come anche per frenare: di sicuro, in ottica di Endurance, pastiglie meno aggressive salvaguardano l’usura dei dischi, ma provata così non mi ha esaltato. Il motore è parecchio incazzato: in basso sembra aver perso qualcosina rispetto alla standard ma agli alti regimi spinge come un toro che carica. D’altra parte, dev’essere utilizzata in un certo modo, mi dico, che non è certo quello di andare a spasso. A questo e ad altro penso, mentre cerco di capire dove mettere le ruote. La pista è tortuosa, che se già nei mille onboard che ho divorato la sera prima mi aveva emozionato, ora mi sta letteralmente togliendo il fiato.

SOTTO CON ALTRE DUE Le due moto che seguono mi hanno lasciato con una strana sensazione: la prima, la BMW HP4 IDM Stock, ha un’ergonomia studiata per Lucy, una ragazza di un metro e sessanta e spicci. Ergo: mi sembra di guidare una piccola 600 con la potenza di un 1000, tanto è piccola. E anche nel buttarsi verso la corda è fulminea, sembra addirittura essere stata accorciata di interasse. Il mio giudizio su quest’esperienza è tiepido: non sono riuscito a trovare il bandolo della matassa. La seconda è la RR IDM SBK e in sella stavolta ci sto bene. Simile alla EWC come erogazione di potenza, frena e curva con molta più naturalezza e scioltezza. Come sulla EWC, infatti, sento che il limite è lontano anni luce da quello che sto facendo ma invece che cercare di terrorizzarmi tenta in tutti i modi di esaltare le mie capacità. Riuscendoci abbastanza bene, peraltro.

PRANZA E PENSA Pausa pranzo, ho un’oretta per trangugiare un boccone e riordinare le idee, che sono abbastanza confuse: in una manciata di giri non ho capito molto su come si facciano a guidare forte queste moto. Però mi è chiara un'altra cosa: mettere a punto una moto da corsa non è facile, ci sono migliaia di parametri che possono incidere significativamente. Non solo: più la moto di partenza è valida e completa, come nel caso dell’S 1000 RR, più i parametri da tenere presente durante la preparazione sono numerosi. In altre parole, più la posta in gioco si alza, più è difficile raggiungerla. A partire dall’esperienza e dall’umore del pilota che, in questo caso, è ancora abbastanza ignaro di dove si debbano mettere le ruote in questa pazzesca pista…

RIENTRO COL BOTTO Finora le moto che ho provato mi hanno regalato sensazioni forti ma comunque normali. Tuttavia dopo pranzo la musica cambia totalmente, a partire proprio dalla RR SBK EVO, la moto di Barrier. Forse è merito del piattone di jamòn serrano che ho trangugiato, ma fin dalla prima curva la moto mi sembra incredibile: l’erogazione del motore è spalmata come burro, mai aggressiva o brusca ma con una potenza di fuoco esagerata. Le sospensioni raffinate la fanno curvare esattamente come immagino, la moto segue il mio sguardo con precisione chirurgica. L’elettronica evoluta mi concede di provare ad aprire dove non avrei mai osato, pur sapendo che l’aderenza, con queste gomme, è infinita. Faccio tre giri al fulmicotone, godo come un pazzo a inventare le traiettorie, ad aprire il gas senza scrupoli, a snocciolare marce perfettamente studiate per Jerez, a darmi delle arie con me stesso gonfiando il petto dentro la tuta. Torno come un bimbo da Gardaland e finiti i tre giri vorrei continuare ma non posso, il programma è intransigente. Se mi chiedessero “Come pensi che debba andare una moto da corsa?”, invece che dilungarmi in inutili spiegazioni esorterei a provare questa moto. Per quanto mi riguarda, è La moto da pista.

LA ROSSA CHE SPAVENTA So cosa mi aspetta adesso: 208 cv alla ruota senza Traction Control, come ha modo di ricordarmi il minaccioso avviso a pennarello sulla piastra di sterzo: “NO TC”. Che se traducete liberamente, in realtà è “cavoli tuoi...". Tutto su poco più di 170 kg, roba da infarto. È la moto di Kiyonari che corre nel BSB, una rossa focosa che non vede l’ora di spararmi come un proiettile. E la canna del suo fucile è il rettilineo dei box. O almeno, così pensavo: dopo un paio di curve capisco che il Traction è soprattutto nel mio cervello e che questa moto va maledettamente bene. È affilata e un po’ pungente, ma è così rigorosa e forte in uscita di curva da gasarmi come un gorilla uscito vittorioso da un corpo a corpo. Se non mi sposto rapidamente in avanti ogni rettilineo viene divorato su una ruota con una ferocia inaudita, perché oltre alla mandria di cavalli non c’è l’anti-wheeling. La potenza delle moto che ho provato finora è impressionante, ma qui siamo su un altro livello: bestiale, mostruosa, esagerata. Non ho altro da aggiungere, se non “Kawabonga!”

EROE DI GUERRA Per ultima c’è lei che mi aspetta, la più potente di tutte: èla moto di Michael Dunlop, che mentre mi dirigo verso la moto mi sta aspettando con un sorriso beffardo. Questa è diversa dalle altre, mi spiega il buon Michael, perché è pensata per andare forte al Tourist Trophy, tutt’altra roba rispetto alla pista. Tuttavia, il motore viene direttamente dalla moto che guidava Melandri l’anno scorso e quindi significa 220 cv alla ruota, per circa 180 chili. Devo aggiungere altro? Io no, ma lui sembra tranquillo: “Sì dai, il motore va abbastanza forte”. Bah.

LUNGOOO Non fraintendetemi: non sono andato lungo, sono i rapporti di questa moto a essere infiniti. Sui rettilinei sono riuscito a malapena a mettere la quarta marcia. Nonostante ciò, la potenza è solo in parte mitigata: basterebbe lasciare inserita la terza per girare comunque forte, tanta è la schiena di questo quattro cilindri. Quello che inizialmente mi fa un po’ strano è la guida: completamente diversa da quanto visto finora. Sembra avere un interasse più lungo di un paio di centimetri all’inizio, ma poi capisco il trucco: devo sfruttare la sua infinita stabilità entrando forte e ben pinzato. Allora comincia una danza fatta di cordoli accarezzati, curve raccordate alla perfezione ed esplosioni di potenza bruta a ogni apertura del gas. Sono piuttosto costernato, soprattutto pensando che il buon Michael la guida full gas on the road. Quando torno ai box e ci scambio due parole per capire come va guidata, mi dice che lui, quando arriva un po’ lungo in curva, la mette di traverso con il gas. Contento lui...

GIÀ FINITO? I bei sogni finiscono sempre troppo presto. E proprio come un sogno a luci rosse, sempre i più brevi ahimè, anche questa giornata volge al termine. Cosa ho capito delle moto? Poco ma nemmeno ne avevo realmente la pretesa. Però ho avuto delle conferme, una su tutte: la BMW S 1000 RR rimane, a oggi, la sportiva che offre le migliori prestazioni a un range incredibilmente ampio di piloti, dal quasi-neofita al pilota. Come e quanto prepararla sta solo a chi la guida.

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Pubblicato da Alessandro Codognesi, 12/09/2014
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