A dodici mesi di distanzadall’ultima volta, il Circuito di Misano Adriatico s’è tinto del blu più racing che ci sia nel mondo delle due ruote, ovviamente si stratta dell’apertura stagionale delle attività in pista di Yamaha, occasione per la Casa dei Tre Diapason per comunicare il legame con il mondo delle competizioni su pista presentando campionati e iniziative, per i clienti di provare tutta la gamma R-Series (R7,R6 ed R1) e per pochi fortunati – tra cui il sottoscritto – di provare tutta la gamma GYTR, il massimo della tecnologia racing applicata alle sportive di casa. Yamaha R7, R6 o R1? Ognuna ha pregi e difetti, ve li racconto nelle prossime righe, dai che si va!
Yamaha GYTR: a Misano in sella a R7, R6 e R1
VOGLIA DI RIVALSA Non vi nego che per le prime ore trascorse presso il circuito intitolato al vulcanico Marco Simoncelli ho avuto una sensazione di deja vù clamorosa: piloti amatori e professionisti di tutte le età ansiosi di effettuare gli ultimi preparativi in vista della stagione di corse ormai alle porte, l’immancabile colore blu ad addobbare tutti gli spazi e le moto GYTR pronte nel box dedicato alla stampa. Anche i temi trattati dalle conferenze sono stati pressoché identici a quelli dello scorso anno: presentazione dei team che tenteranno l’assalto al titolo nei vari campionati e l’idea dei Pro Shop, nati per dare il massimo dell’assistenza e della competenza al cliente più esigente, che si evolve ulteriormente. Niente celebrazioni per i doppi titoli mondiali (MotoGP con Quartararo e SBK con il funambolico Ratzgatlioglu) sfuggiti di mano e atterrati a qualche chilometro di distanza (leggasi Borgo Panigale) ma la voglia di rivalsa è eloquente. Del Bianco difenderà i colori del team Keope per tentare l’assalto al CIV Superbike, una mossa interessantissima, sia per il pilota romagnolo, finalmente in grado di dimostrare tutto il suo enorme talento, sia per la Casa di Iwata per tentare di interrompere l’egemonia del binomio Pirro/Ducati.
PIRAMIDE DA CORSA Con il CIV si raggiunge quasi l’apice della piramide corsaiola di Yamaha (la punta ovviamente è rappresentata dai team ufficiali di MotoGP e SBK) ma è alla base che si apprezza l’enorme lavoro di Yamaha. Il progetto bLU cRU è ormai consolidato, i più giovani possono trovare in Yamaha un valido alleato nel loro percorso di crescita all’interno delle competizioni, dai trofei monomarca a livello italiano con le piccole R3 fino ai campionati Supersport e Superbike di livello mondiale, senza dimenticare la neonata R7 Cup, che quest’anno avrà la griglia piena di gentlemen riders e piloti in rampa di lancio. A fare da tutor arriva un esempio di professionalità e velocità come Andrea Dovizioso, neo ambassador del progetto. Parallelamente a chi sta in sella, Yamaha ha dato vita ad un percorso di formazioni per tecnici e meccanici di altissimo livello con i “vicini di casa” di MTS, utile per arrivare al vertice del mondo delle competizioni pur non essendo degli assi del manubrio.
Yamaha Blue Racing Day, la presentazione di Dovi come ambasciatore del programma bLU cRU
GENUINAMENTE YAMAHA La sublimazione del know how acquisito nelle competizioni si ritrova nella gamma GYTR, acronimo di Genuine Yamaha Technology Racing, tra accessori e moto pronte all’uso pensate per rendere al meglio tra i cordoli. Attraverso una rete dedicata di concessionari – i Pro Shop appunto – il cliente potrà personalizzare o acquistare la propria sportiva Yamaha sfruttando la competenza e la preparazione di tecnici altamente specializzati che lo aiuteranno nella messa a punto e nella preparazione della moto. Due le opzioni, sfogliare il catalogo e sbizzarrirsi con la fantasia oppure scegliere uno dei pacchetti messi a punto da Yamaha su tre diversi livelli di preparazione e spesa. Per gli utilizzatori saltuari o con budget ridotto c’è l’entry level Track Day, per chi vuole fare le cose con maggior impegno c’è il pacchetto EVO mentre per il massimo della preparazione, equiparabile ad una moto pronta a schierarsi in un campionato “Stock”, c’è il kit RR.
GYTR ALLA PROVA
Come si comportano le moto “kittate” rispetto alle controparti originali è piuttosto scontato, quindi ho deciso di fare un confronto interno tra la piccola R7, la media R6 e l’ammiraglia R1, scoprendo che, oltre alle ovvie differenze, hanno tanti punti di contatto tra loro.
Yamaha R7 GYTR in azione
YAMAHA R7 GYTR Se in versione stradale (qui la prova) si nota qualche rinuncia per contenere il prezzo, in configurazione GYTR non ho nulla da appuntare alla piccola peperina in blu: la forcella è una Öhlins perfetta per garantire sostegno in staccata e comunicatività in percorrenza, l’ergonomia è corretta, il plexi protegge anche me che sono di taglia XL e… che sound con lo scarico Akrapovic! Mi sono bastate due curve per capire cosa la R7 GYTR può fare e cosa non può fare: senza dubbio può fare divertire e andare fortissimo a livello cronometrico (andate a vedere i tempi dei primi alla R7 Cup) a patto di guidarla sfruttando i suoi punti di forza, privilegiando la scorrevolezza alle staccate al fulmicotone, anche perché il motore CP2 mostra tutta la sua natura stradale nell’uso tra i cordoli. Con poco più di 70 CV anche un circuito con rettilinei relativamente brevi come quello di Misano sembra quasi un’autostrada, se la R7 avesse attorno ai 100 CV come la RS660 sarebbe decisamente una valida alternativa per tutti quelli che alle prestazioni monstre preferiscono il piacere di guida.
YAMAHA R6 GYTR Con la R6 si fa un salto in un epoca che, un po’ tristemente, sta volgendo al termine. Sembra quasi appartenere al passato e lo noto dall’ergonomia tipicamente in filosofia nipponica di inizio anni 2000, proprio gli anni in cui le sportive da 600 cc con il motore a quattro cilindri in linea andavano per la maggiore, e dall’assenza del cambio elettronico in scalata. Personalmente trovo che i semi manubri siano troppo chiusi e spioventi e costringano a stare in sella in maniera poco confortevole e, di conseguenza, meno efficace. Peccato perché la R6 in versione GYTR ha tutto della moto da corsa, per precisione della ciclistica non sfigurerebbe nemmeno contro la sorella maggiore R1, ha una capacità di fiondarsi al punto di corda esemplare. Inoltre, sembra facile al neofita perché il suo 4 in linea sotto è vuoto, l’erogazione si riempie solo da metà contagiri per poi esplodere in spinta e sound vicino alla zona rossa. Farla andar forte e ottenere buoni tempi cronometrici, però, è tutt’altra cosa, la R6 è affilata e letale come un rasoio da barbiere, servono cuore e cogl***i per ottenere il meglio di quello che sa offrire.
Yamaha R6 GYTR
YAMAHA R1 GYTR Chiudiamo in bellezza con l’ammiraglia di casa, quella R1 che nelle mani del funambolico Toprak è riuscita a portare in vetta la Casa dei Tre Diapason nel Campionato SBK. Rispetto alla R6 si nota subito quanto il kit GYTR porti la R1 in era moderna. Mi spiego, la versione standard della millona di Iwata avrebbe teoricamente lo stesso problema di ergonomia della R6 ma qui, grazie al kit di accessori, i semi manubri sono decisamente più piatti e aperti come angolo, favorendo l’efficacia in sella e il controllo della moto a bassa velocità. A beneficiarne è ovviamente anche la fiducia con la moto: per strusciare la saponetta con la R6 ci ho messo 2 giri, con la R1 due curve appena uscito dalla pit lane. Scordatevi anche la scarsa potenza frenante della versione di serie, qui quando c’è da dissipare della velocità lo si fa in poche frazioni di secondo e senza avvertire particolare affaticamenti dell’impianto. Duque vengono eliminati alcuni punti deboli e valorizzati i punti di forza, come l’incredibile trazione in uscita di curva o l’equilibrio della discesa in piega. Tra i difetti, se così vogliamo chiamarli, rispetto alle rivali europee la R1 ha una tendenza ad impennare in uscita di curva maggiore, con lo sterzo che diventa sensibilissimo a ogni minimo input impartito dal pilota. L’elettronica fa quello che può e lo fa anche piuttosto bene ma è innegabile che sul cronometro questo si paga in termini di decimi persi.
LA MIA CLASSIFICA Un turno da 20 minuti su ogni moto non è sufficiente per dare giudizi approfonditi ma è abbastanza per stilare una classifica, assolutamente personale, sul godimento che mi hanno fornito. In vetta c’è sua Maestà R1, una vera libidine per erogazione ed efficacia, non spingerà forte come le 1.100 italiane ma c’è un motivo se lei è tra le più presenti nei paddock nelle giornate dedicate agli amatori. Al secondo posto la piccola R7, da tempo ormai dico che le moto per gli amatori debbano essere accessibili, sfruttabili e divertenti e lei racchiude quasi alla perfezione il mio pensiero, peccato per la mancanza di qualche cavallo extra che la renderebbe ancora più divertente da guidare. Ultima la R6, per lei non è una bocciatura, anzi, tornare in sella a una 600 cc sportiva mi ha fatto ritornare alle prime sparate in sella alla mia prima moto (una CBR 600 F) e mi ha fatto capire come mai, con le opportune modifiche, sia ancora la moto campione del mondo nella categoria Supersport nonostante l’arrivo delle Next Gen Panigale V2 e MV Agusta F3 800, peccato per l’ergonomia troppo estrema.