Sono entrambe figlie di Terblanche e messe una a fianco all'altra non nascondono nemmeno la parentela. Su strada, però, sono due moto diverse: rabbiosa di motore e dalla guida rotonda la Navigator; più "piatta" la Multistrada, che sfoggia rapidità e agilità tra le curve.
C'ERA UNA VOLTA Quando nel lontano 1998 la Cagiva tirò fuori dal cilindro la Gran Canyon, una enduro dal sangue sportivo, la Ducati (che ai tempi le forniva i motori) se ne innamorò perdutamente. Al punto che al momento della cessione di Ducati, i vertici bolognesi provarono a chiedere a Claudio Castiglioni di vendergli il progetto. Con esito, naturalmente, negativo (Castiglioni piuttosto si sarebbe tagliato le vene).
TRA UN DISPETTO E L'ALTRO E visto che di dispetti tra gli adulti se ne fanno più che tra bambini, qualche anno dopo (2001) Cagiva sostituì i motori bolognesi con il gioiello tecnologico arrivato da Hamamatsu, il bicilindrico 1000 Suzuki: nacque così la Navigator, erede della Grand Canyon, l'anti Yamaha TDM, una motardona al nandrolone con cui era possibile macinare chilometri su chilometri.
IL SOGNO CHE SI REALIZZA Ma a Borgo Panigale non hanno mai smesso di sognare e di bramare una motard con traliccio e abito rosso, così dopo il prototipo presentato a Milano nel 2001, nel 2003 la Ducati arrivò al salone milanese accompagnata dalla Multistrada 1000 DS, una moto con la piega nel DNA ma con cui fare del turismo guardando gli altri dall'alto.
(MULTI) STRADA IN SALITA Per un paio di anni la Ducati ha avuto anche la strada libera perché, a parte la TDM (vista più come una moto da turismo che come una sportiva con manubrio alto), i concorrenti non si sono fatti "tirare in mezzo" dalla nuova sfida delle motardone "civili". Ma il vantaggio non è servito a nulla perché la Multistrada ha faticato non poco a riscuotere consensi. Un po' a causa di una estetica molto particolare (poco Ducati per i ducatisti), un po' per il prezzo da vera Ducati, e cioè caro. Dal gennaio 2005, poi, è tornata in produzione la Cagiva Navigator 1000 (un migliaio di pezzi e non di più) dopo un lungo letargo dato dai problemi finanziari in cui è navigato il Gruppo MV Agusta (di cui Cagiva fa parte) e così eccovi lo scontro diretto.
COMPARATIVA INEVITABILE Le due si assomigliano molto sia come tipologia di moto (una sorta di enduro-motard) sia stilisticamente: se le si guarda bene una fianco all'altra, non si differenziano di molto. Certo la Navigator mostra tutti i suoi anni (la ciclistica è la stessa della Gran Canyon e l'estetica poco ci manca) le linee sono morbidose, i faretti tondeggianti non sono più di moda, eppure ai suoi tempi è stata una moto "avanti". Tanto avanti che se le si tirassero tutte le curve ne verrebbe fuori la Multistrada (o giù di lì) che essendo figlia dello stesso padre (la Grand Canyon l'aveva disegnata Terblanche) si può considerare come l'evoluzione stilistica della Navigator.
MULTI? NO, STRADA Ma le due enduro-motard hanno altro in comune, tra cui il tentativo di porsi come moto tuttofare, divertenti ma anche avvezze al viaggio. Soprattutto la Multistrada, che all'inizio della sua vita di "multi" aveva decisamente poco. La ducatona, infatti, era più una 999 dalle "gambe lunghe" e il manubrio alto piuttosto che una moto con cui macinare comodamente tanti chilometri: la protezione dall'aria era scarsa e la sella era dura e poco imbottita, così come quella del passeggero perdipiù perennemente riscaldata dal grosso catalizzatore messo proprio lì sotto. Adesso che in Ducati hanno corretto il tiro, la vita a bordo della Multistrada è più agevole. La sella "comfort", prima offerta in optional, adesso è di serie così come il cupolino rialzato che però, nonostante sia stato ampliato rispetto alle prime versioni, non offre una ancora una protezione d'alto livello. Tenere medie elevate non è così difficile con la "Multi", ma oltre i 160 orari l'aria si fa sentire, soprattutto sulle spalle e la parte alta del casco.
POCHINO MEGLIO Idem per la Navigator che ha il cupolino più dritto e protettivo di quello della Multistrada (meglio su usto e casco, un pochino meno sulle spalle), ma oltre i 160 accusa anche lei qualche problema. Anche qui, poi, la sella è modello panchina (più della Ducati) però più larga e più accogliente per pilota e passeggero che non sta proprio in mansarda e non soffre per gli scarichi alti. La seduta è un pochino più turistica, inserita nella moto, con le gambe del pilota leggermente più protette rispetto alla Multistrada che le lascia in balia del vento quando si va forte. A conti fatti, la Navigator risulta in generale un pelo più comoda della Multistrada, che dalla sua cala dal mazzo (come da tradizione) la carta sportività.
SOLO ASFALTO Entrambe non amano il fuoristrada e controvoglia si lasciano portare su di una strada bianca: le sospensioni hanno tarature studiate per altri lidi e sui sassi sono solo dolori. In strada, però, non dicono mai di no, sempre pronte a tirare fuori il meglio di sé, ma con caratteristiche ben distinte l'una dall'altra nonostante il concetto base sia tutto sommato lo stesso.
IMMEDIATA, MA NON PER TUTTI La Navigator la vince sul campo della facilità e immediatezza d'approccio: sali in sella e ti trovi subito ben inserito con le pedane comode, nonostante la sella sia alta e larga, il che toglie centimetri utili a chi nelle gambe ne ha pochi. Ma a parte questo, metti la prima e vai via veloce: tutto è sotto controllo, ti senti padrone del mezzo ti accorgi subito che il twin giapponese è un vero peperino, capisci subito che sotto ne ha da vendere: per questo non è una moto per tutti, i cavalli da gestire sono tanti e la risposta al gas è immediata, quasi brusca (mancano le doppie farfalle delle ultime versioni) e sporca la guida cittadina nel traffico.
RABBIOSO IL SUZUKI Seconda, terza, quarta... la Navigator sciorina cavalli e coppia in modo quasi rabbioso, tanto da mettere in soggezione se non si è abituati: ai medi, poi, tira come una bestia e lo scontro diretto conferma le sensazioni: quanto a prestazioni, la Cagiva ne ha di più.
FLUIDO IL DUCATI La Multistrada provata singolarmente non dispiace affatto, il bicilindrico DS di Borgo Panigale è un gran motore e funziona proprio bene, è più pulito del Suzuki ai bassi regimi (dove la Navigator soffre di una carburazione non a posto) nel traffico è morbido e fluido il che rende la Multistrada più gestibile. Ma non per questo alla portata di un neofita: anche qui di cavalli ce ne sono in abbondanza (92) e quando si apre il gas la Multi scatta come una pantera, ma con una erogazione più lineare che non ti dà l'idea di quanto si stia andando forte finché non si è dentro la curva. Fin troppo fluida mi vien da dire, perché quando scendi da una e sali sull'altra la Ducati sembra quasi una "motoretta" con poca sostanza, soprattutto ai medi regimi: nel misto quando in uscita di curva spalanchi il gas, la Navigator risponde grintosa pronta ad affrontare la curva successiva.
GRANDE FEELING Destra, sinistra e ancora destra, con la Navigator sembra venire tutto facile, almeno per chi ha un po' di esperienza nel polso destro. Si sta sempre parlando di moto da 98 cv e 210 kg (dichiarati) di peso, eppure tra le curve la millona varesina si muove bene, con precisione e buona rapidità, anche se sulle sconnessioni in sequenza l'ammortizzatore posteriore ha mostrato di andare un po' in crisi. Certo non è un fulmine nei cambi di direzione, qui la Multistrada fa valere scelte ciclistiche più sportive come la ruota da 17" anche all'anteriore (18" per la Cagiva), un baricentro più basso e una agilità molto simile alla "cuginetta" Monster che la rendono fulminea negli ingressi di curva.
SVELTA MA NON IMMEDIATA La Ducati invoglia alla guida stile motard, buttandola dentro la curva, ma il manubrio rivolto (chissà poi perché) troppo in avanti non trasmette sempre un gran feeling: in curva, almeno sulle prime, non sempre ti fidi dell'avantreno sembra sempre che prima o poi ti abbandoni.
DA REGOLARE Anche la taratura standard della forcella non aiuta ad aumentare il feeling, morbidina in compressione e troppo frenata nel ritorno idraulico, mentre l'ammortizzatore ci è parso anch'esso un po' morbido. Così, durante la prova, su entrambe abbiamo apportato modifiche (la forcella è stata rispettivmente irrigidita nella compressione e liberata nel ritorno e l'ammortizzatore indurito nel precarico) che hanno trasformato la Multistrada. Con la moto più puntata sull'avantreno il feeling è migliorato molto e la moto è apparsa da subito più sincera. Insomma, basta conoscerla (magari saper "giocare" con le regolazioni) e tutto cambia: in curva fila liscia, veloce e precisa nelle traiettorie, sella e serbatoio stretti lasciano tanta libertà di movimento, mentre le Pirelli Scorpion Sync offrono una aderenza molto buona.
A OGNUNO IL SUO Nonostante questo, la Navigator mantiene il vantaggio di un feeling più immediato con l'avantreno, ci si fida di più ad entrare in curva anche forte per via del suo comportamento più rotondo e progressivo nello scendere in piega. Poi ha una ciclistica rigida che se ben si sposa con la guida spumeggiante, poco si adatta alla scarsa qualità delle strade nostrane tanto che sullo sconnesso la schiena soffre e non poco. Due modi diversi di intendere la piega che, però, non mette in netto risalto una sull'altra. Qui entriamo però nella sfera delle sensazioni, a chi piace rapida e a chi più progressiva. Sono gusti: a ognuno il suo.
DUCATI FERMA SUL VELOCE Dove invece la Multistrada esce di prepotenza è nella stabilità alle alte velocità: la bolognese accusa meno le folate di vento rispetto alla varesina, e quando si incolla il gas al fondo corsa la Ducati trasmette grande solidità e stabilità di marcia, anche nei curvoni veloci affrontati a manetta. La Navigator, invece, paga lo scotto di sospensioni tarate rigide (soprattutto dietro) e di aver ereditato la ciclistica della Gran Canyon, studiata però per montare la ruota da 19" all'anteriore, inspiegabilmente sostituita con una 18": alle alte velocità (dai 180 orari in su), infatti, la Navigator si alleggerisce parecchio e l'avantreno tende a galleggiare un po'. Anche a pieno carico, con borse e passeggero, la Cagiva è più "leggerina" della Ducati, senza contare che è meglio non stare dietro ai camion perché sentono molto le scie: nulla di cui preoccuparsi perché la moto "non va per i fatti suoi", ma è anche vero che se si può evitare è meglio, almeno psicologicamente.
STACCATRICE Migliorabile sulla Navigator la risposta dei freni, che anche nella versione 2005 non cambiano di una virgola dalle passate versioni. La leva al manubrio è sempre troppo lontana (anche se si agisce sulla regolazione della distanza) e poco modulabile per via del comando troppo duro: è vero che ci si abitua a tutto, ma i Nissin mordono molto forte e avere un comando gestibile aiuta certo di più di una risposta immediata e secca che con l'imprevisto non va mai d'accordo. Discreto il freno posteriore che se non morde proprio forte, almeno si sente, a differenza di quello Ducati che, invece, si sente molto poco. Molto meglio la coppia di disconi davanti, pronti e forti, ma anche modulabili e meno stancanti della Navigator che fanno della Multistrada una staccatrice di livello assoluto.