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Prova

H-D VRXSE Destroyer


Avatar Redazionale, il 04/12/05

19 anni fa - La regina dell'accelerazione

Il nome bellicoso non lascia spazio a dubbi. La Destroyer (sterminatrice) vuole demolire gli avversari nella prova più americana che ci sia: l'accelerazione. E con lei si può accedere al club super esclusivo dei 9 secondi sul quarto di miglio. Ci abbiamo provato. Negli States. Ecco il racconto di un'esperienza decisamente fuori dall'ordinario che fa capire quanta adrenalina può scatenare un rettilineo.


PREMESSA

Un rettilineo, due muri che gli corrono a fianco, un semaforo, due moto (o due auto nella versione a quattro ruote). Tutto qui: le gare di Drag Racing, estremo distillato della competizione in stile USA, non prevedono molto altro. Da noi praticamente non esistono (in Europa l'unico impianto permanente è quello di Santa Pod in Inghilterra) ma negli USA sono il top, per seguito e partecipazione del pubblico. Dall'altra parte dell'oceano, quando si cita un certo Valentino Rossi si rischia (e anche piuttosto spesso) di sentirsi dire Valentino Who? Ma se provate a chiedere chi sono Tony Schumacher, Gary Scelzy o Andrew Hines, lo sanno tutti. L'ultimo citato, in particolare, ha una sua prerogativa ben precisa.

UNDER SEVEN

È stato il primo uomo al mondo a scendere, con una moto della categoria Pro Stock, sotto i 7 secondi (6.968 per l'esattezza) sul quarto di miglio (402,25 metri), con una velocità di uscita di 197 miglia orarie. Traduco per chi non si barcamenasse troppo con i numeri: 197,45 miglia orarie= 316 chilometri all'ora. Il signorino è figlio d'arte. Il papà Byron era anche lui un pilota di dragster, e in coppia con un certo Terry Vance ha creato la Vance&Hines, azienda specializzata in preparazioni estreme per moto. Perché Andrew Hines è così famoso? Perché è americano e guida una Harley Davidson, o meglio un dragster derivato da una Harley Davidson V-Rod. Con questa moto, record a parte, si è permesso di strapazzare tutti nel campionato NHRA vincendo il titolo di campione di specialità.

FESTA CALIFORNIANA

All'ultima gara di Pomona (in California), dove hanno festeggiato il titolo, c'eravamo anche noi. Proiettati nella dimensione del Drag Racing come su un altro pianeta, abbiamo passato una domenica a respirare nitrometano e a perdere i timpani (non avete idea del rumore) in giro per il paddock e lungo lo "strip" (il rettilineo dove si gareggia). Vi racconterò anche questa esperienza in un altro articolo, ma adesso mi devo concentrare solo sulla prova della moto.

350 CAVALLI

Per farvi meglio capire questo mondo tutto particolare sappiate che la categoria Pro Stock, dove corrono Hines e la sua Harley, è quella dove le moto devono mantenere un aspetto vagamente di serie: i motori sono alimentati a benzina ed è vietato ogni tipo di sovralimentazione. L'unica concessione ai bicilindrici, tipo H-D (che possono arrivare fino a 2300 cc), è quella dell'alimentazione a iniezione elettronica, perché i quattro cilindri devono essere obbligatoriamente alimentati a carburatori! Ma allora mi spiegate come diavolo fanno 'sti americani a tirar fuori 350 cavalli da questi motori? Bah, per me è un mistero assoluto.

DRAG REPLICA

Questa premessa era necessaria per farvi capire come gli americani vivono questo sport motoristico e perché l'Harley Davidson abbia deciso di produrre la sua prima moto racing di serie (la Destroyer la può comprare chiunque, costa 31.000 €) ispirandosi proprio alla moto di Andrew Hines. Questa V-Rod è quindi una race replica, proprio come quelle che da questa parte dell'oceano si ispirano alle moto da competizione.

Il filmato della prova (formato wmv, dimensione 8,62 mb)

Com'è fatta la Destroyer

La prova 


COM'È

La Destroyer sta quindi alla V-Rod di Andrew Hines come una R6 trofeo sta alla M1 (tanto per restare in tema Valentino). Infatti, proprio alla Destroyer sarà dedicato un trofeo monomarca che si correrà come contorno durante le gare di dragster negli USA. Con la V-Rod la Destroyer ha certo molti punti in comune, basta guardarla, ma questa è una moto nata espressamente per le gare di accelerazione.

TELAIO RIGIDO

Per questo rinuncia alla sospensione posteriore (telaio rigido!) e monta un gigantesco pneumatico slick a profilo piatto realizzato appositamente dalla Dunlop. Anteriormente altra slick, con sezione minuscola (come quelle delle GP 125) e un solo disco flottante. Sella ribassatissima, con ampio "gradino" posteriore per incastrarsi in accelerazione, due cortissimi manubri e una strumentazione ridotta all'osso, in pratica un tubetto contenente il contagiri a cifre digitali rosse (come i primi orologi senza lancette, ricordate?) e i led del cambio marcia. Se poi pensate di aver messo le pedane arretrate sulla vostra moto, guardate dove le ha lei.

LUNGHEZZA RECORD

Già lunghissima per conto suo, la V-Rod in questa configurazione diventa esagerata (anche se l'interasse diminuisce a 1.699 mm): in tutto fanno 2 metri e 30 cm che diventano oltre tre metri e mezzo considerando anche il wheelie bar, la barra tipica dei dragster che impedisce le impennate. Anche perché, con 165 cavalli a 9700 giri e il grip smisurato del gommone posteriore, anche la V-Rod tende ad impennare. Per raggiungere questo livello di potenza il motore è stato ampiamente rimaneggiato con parti Screamin' Eagle.

SCARICO LIBERO

La cilindrata del V60 raggiunge i 1300 cc (cambiano alesaggio e corsa da 100x72 a 105x75), i pistoni sono forgiati e portano il rapporto di compressione a 14:1, esagerato per un bicilindrico di questa cubatura. Il motore si alimenta da corpi farfallati da ben 59 mm scaricando nell'ambiente da un collettore cortissimo e completamente libero. Sparisce anche la cinghia di trasmissione, qui a catena.

CAMBIO AD ARIA

In più metteteci la frizione a multi stadio (possibile tarare il limitatore ad un regime predefinito quando si tira completamente la frizione, per partire con il motore alla coppia massima) e il cambio pneumatico (un pulsante sul manubrio dà l'impulso ad una valvola che tramite un pistoncio sull'asta di rinvio "spara" letteralmente dentro la marcia superiore) e avrete una minima idea di come è fatta questa moto.

Il filmato della prova (formato wmv, dimensione 8,62 mb)

Premessa

La prova 

*BRPAGE*


COME VA

Pare impossibile che una Harley da 249 kg in ordine di marcia possa bruciare in accelerazione tutte le moto attualmente in produzione, eppure è così. La Destroyer è l'unica moto di produzione in grado di scendere sotto i 10 secondi nel quarto di miglio (esattamente 402 metri). Anzi, il giorno del test nelle mani del nostro "teacher" Gene Tomasson ha stampato un bel 9,4 (ma lui giura di avere un best di 9,1). Per Harley questa moto rappresenta senz'altro un modo di comunicare la sportività della V-Rod.

TRASFERTA AMERICANA

Per farcela toccare con mano ci ha invitato direttamente a casa sua, in America, dove pochissimi giornalisti da tutto il mondo sono stati invitati a tentare di accedere al club dei 9 secondi. Dopo averci gasato con la giornata di Pomona in cui abbiamo assistito alle impressionanti performance dei professionisti dell'accelerazione eccoci proiettati anche noi su un vero drag strip, con tanto di albero di natale (il classico semaforo da dragster) e cronometristi ufficiali. Più che una semplice prova di una moto, una vera e propria esperienza su come si vive il Drag Racing visto da dentro.

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'INCOSCIENTE

Ammetto di essermi avvicinato alla prova con un po' di leggerezza, o sarebbe meglio dire con un po' di incoscienza, perché non avevo minimamente idea di cosa si trattasse. In fondo, che sarà mai una accelerazione? Il rettilineo non mi ha mai fatto paura, per cui questo sarà sì un bel giochetto ma nulla di più. Sbagliavo, e dopo aver provato, dichiaro ufficialmente il mio massimo rispetto per chi gareggia da professionista in questa specialità. Perché un conto è partire così così in una gara da 18 giri, quando hai tutto il tempo di recuperare, un altro è invece giocarsi tutto in 7 secondi. Quando i distacchi sono di un millesimo, devi diventare una macchina che non sbaglia nulla.

CORSO DI DRAG

Per noi "profani" gli americani hanno organizzato addirittura un corso accelerato. Tomasson, professionista delle gare in moto, ci insegna il rituale del Drag Racing. Ci racconta dell'attesa che ti snerva, del burn out che deve essere fatto in modo scientifico, della concentrazione e dell'accensione delle lampadine. Siamo tutti in piedi ad ascoltarlo, sullo strip. Incredibile l'aderenza di questa striscia di asfalto, è talmente gommata che la suola delle scarpe si attacca come se ci fosse il Bostik. Sembra tutto facile, e lo è se sei lì per giocare, ma se devi fare il tempo l'adrenalina sale a dismisura.

ALLENAMENTO

Le Destroyer ci stanno aspettando sotto una tenda, e nel frattempo ci esercitiamo con le H-D CVO che proveremo l'indomani su strada. Tutti in coda, uno dietro l'altro a ripetere il rituale di continuo. L'unica cosa che non mi sento di fare è il burn out con la Electra Ultra Classic, scusate ma non ce la faccio proprio, mi piange il cuore, sarebbe come andare a fare autocross con una Aston Martin... Lentamente entriamo nello spirito del Drag Racing, anche perché ad ogni turno ci viene stampato uno scontrino con i tempi (tempo di reazione, primi cento metri, mezzo miglio, quarto di miglio, velocità d'uscita). Come sempre, quando ci sono di mezzo i tempi scatta la competizione. Italiani contro francesi, contro inglesi, contro coreani, tutti contro tutti. Si confrontano per ora solo i tempi di reazione, ma quando si usa la stessa moto si butta l'occhio sul tempo totale per vedere se l'altro ha fatto meglio o peggio di te. È gara senza esclusione di colpi, ma stiamo ancora giocando.

SEMAFORO RITMICO

Giallo-giallo-giallo-verde. L'albero di natale scandisce con ritmica costanza gli ultimi istanti prima della partenza. Si conta, si molla la frizione, i tempi di reazione si abbassano, anche se per quel che mi riguarda sono ancora degni di un bradipo assonnato. "Sotto i 2 decimi di secondo è già buono per un principiante", sentenzia Tomasson, ma io, per quanto mi ingegni di mollare presto la frizione meglio di 0,2 non riesco a fare.

SEMPRE PIÙ DIFFICILE

Appena abbiamo preso confidenza con il ritmo del semaforo, quel burlone di Tomasson cambia le regole. Niente più ritmo, adesso si fa sul serio come quelli veri, e la sequenza è gialloverde, tutto di filato. E il rito dell'accelerazione si riempie di tensione, ormai ci viene tutto (quasi) automatico. L'allineamento, il burn out, il posizionamento sulla prima fotocellula che accende le due lampadine del "pre-stage", poi qualche centimetro più avanti quelle dello "stage" e l'attesa che il commissario ti dia il via. Tutto banale se vogliamo, ma non credevo che questo rituale potesse scatenare tanta adrenalina. Se ci si pensa, anche nelle gare normali è la partenza la fase con maggiore tensione e qui praticamente ci sono solo partenze. "qui il pilota fa davvero la differenza nei primi cento metri perché poi, quando sei lanciato, le marce le mette anche una scimmia" Gene ci carica.

TOCCA A ME

È il momento di saltare sulla Destroyer. Il fracasso dello scarico libero echeggia tra i tralicci delle tribune vuote dell'autodromo di Fontana. E quello che fino a ora era stato un gioco divertente diventa improvvisamente molto serio. La posizione di guida completamente sdraiata, che non dà un sensazione di gran controllo, il gommone quadrato, il wheelie bar e il braccialetto collegato alla massa che spegne il motore in caso di incidente (?) contribuiscono a darmi un certo senso di inquietudine. Improvvisamente, non so com'è, mi inquieta anche il rettilineo.

APPROCCIO GRADUALE

La prova vera e propria è "one shot", ovvero un solo tentativo, ma l'avvicinamento al momento della verità è graduale. Facciamo un paio di prove con limitatore tarato a 10.000 giri, frizione multi stadio disattivata, senza burnout, con partenza morbida. Giusto per farci capire le reazioni del telaio rigido e della gomma quadrata. Proprio a causa sua nei primi metri la moto non va perfettamente dritta ma "si muove" leggermente a destra e sinistra salvo poi stabilizzarsi una volta presa velocità. Dito sul pulsante e appena s'accende il led una piccola pressione spara dentro la marcia con violenza (brutale tra prima e seconda). Tutto senza mai mollare il gas, che resta sempre completamente aperto. I giri del motore non bastano, tanto che pur partendo tranquilli il limitatore taglia l'accensione in quinta, prima che si arrivi alla fine del quarto di miglio.

CHE ALLUNGO

Il motore spinge fortissimo e allunga incredibilmente, tanto che a orecchio cerchi anche una sesta che non c'è. Poi, quando si arriva in fondo alla zona di rallentamento, ci si deve fermare, scalare normalmente con il pedale (che è piazzato in posizione normale) e tornare al punto di partenza. Nonostante le partenze rilassate e il limitatore che taglia prima dell'arrivo, il cronometro già si ferma a 10, 6 secondi, il che fa capire le potenzialità della moto.

PROVA VERITÀ

Dopo che tutti hanno provato e dopo aver armeggiato un po' con il PC per cambiare settaggio alla centralina, Tomasson ci fa vedere come fanno quelli veri. Appena accende la luce dello "stage" mette il gas a fondocorsa e poi molla la frizione come se avessero tagliato il cavo schizzando via come un proiettile. Tempo di reazione: 0,060 sec, tempo finale 9,4 secondi, velocità di uscita 223 km/h...

FRIZIONE A DOPPIO STADIO

Adesso funziona anche la frizione multi stadio, tarata sui 7.500 giri. È lei che rende possibile partire in questo modo. Quando il sistema è attivo si hanno praticamente due limitatori. Il primo è in funzione solo quando la leva della frizione è completamente tirata, ed è tarabile a piacimento, così puoi spalancare il gas senza ritegno e senza temere che il motore vada in pezzi ritrovandoti nel punto di maggiore coppia. Una volta rilasciata la frizione entra in funzione il limitatore "normale".

IPERTENSIONE Quando Tomasson rientra sono gasato e nervoso assieme. Vado per primo, salto sulla Destroyer, mi allineo, burnout, prestage. Mi spalmo sul serbatoio fino a diventare tutt'uno con la moto, un passo avanti. Appena si accende la luce stage, mi devo violentare ho il cuore a mille ma voglio, devo, partire a gas pieno come mi ha fatto vedere il professionista (guardate il filmato per capire). La cosa è per me del tutto innaturale. Giallo-Frizione-Verde. La moto si apoggia sul Wheeliebar, schizza via spostantosi leggermente, mi stringo più che posso cercando di andare il più dritto possibile.


POCO CI MANCA!

Mentre parto guardo il tempo di reazione 0,076 (solo 76 millesimi! Mai partito così bene per tutto il giorno!) ma non faccio tempo a guardare il tabellone che il led già lampeggia furioso, seconda, terza, quarta, quinta. Il motore urla come un pazzo tutti i giri che ha a disposizione. 10.087 secondi (meglio di una GSX-R 1000 K5, comunque) con velocità di uscita di 218,36 km/h. Per quei miseri 87 millesimi non riesco a sfondare il limite dei 10 secondi e quando mi fermo mi chiedo dove diavolo posso aver preso ben sei decimi da Tomasson in quei soli, miseri 400 metri. E questo fa ulteriormente innalzare il mio rispetto verso gli specialisti dell'accelerazione. Non c'è tempo per altri tentativi, il buio ferma le prove e i nove secondi mi restano qui. L'esperienza però è stata davvero bellissima oltre che istruttiva. La consolazione è che nessuno dei colleghi invitati riuscirà a fare meglio di me, nella lotta tutti contro tutti, ho vinto io... Vale poco, anzi niente, ma anche queste sono soddisfazioni.

Il filmato della prova (formato wmv, dimensione 8,62 mb)

Com'è fatta la Destroyer

Premessa


Pubblicato da Stefano Cordara, 04/12/2005
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