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Prova

Derbi Mulhacén


Avatar Redazionale, il 07/05/06

18 anni fa - Scrambler da città

Debutto in grande stile per la Derbi più grande di sempre. Scrambler stilosa senza complessi nei confronti della concorrenza, offre una guida facile e tanta agilità in ogni situazione. Il prezzo è alto ma la dotazione è ai massimi livelli.

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COM'È
La Spagna è in pieno boom economico, ogni volta che ci vai scopri che è in mutamento continuo. Barcellona, in particolare, è una città in fermento, c'è una mentalità molto giovane e tanta voglia di fare.

LA DERBI PIÙ GRANDE Sarà anche per questo che a Derbi è venuta voglia di osare proponendo la moto di maggiore cilindrata della sua storia. Con i suoi 659 cc la Mulachén segna, infatti, il debutto nell'alta società del marchio iberico, fino ad oggi specializzato nella realizzazione di scooter e moto di piccola cilindrata. La Mulachén è una scommessa, una vetrina che Derbi ha scelto per far capire al mondo che è in grado di progettare e realizzare una moto vera, ricca di design e di contenuti tecnici. Una bella vetrina, non c'è che dire.

ATTRAZIONE FATALE Ad ogni apparizione ai saloni la Mulachén ha fatto parlare di sé e sempre in modo positivo, sia quando era un semplice prototipo, sia quando è stata esposta nella sua versione definitiva. Anche adesso, che la vediamo sulla strada, la Mulachén conferma quanto di positivo finora è stato detto di lei. Ora che l'eccellente lavoro della squadra capitanata da Klaus Nennevitz (l'ingegnere che ha inventato la Tuono, prima di migrare in Spagna...) è giunto alla conclusione, possiamo dire che Derbi è riuscita nella piccola impresa di industrializzare una moto praticamente uguale al prototipo.


FACCIA DA SCRAMBLER
Le linee rastremate sono rimaste dunque le stesse, con un accenno di convogliatori d'aria che fanno un po' off road, un bel serbatoio (solo 12 i litri ma oltre 170 km di autonomia) e un codino sfuggente, bellissimo nella versione monoposto, un po' meno appagante con la sella del passeggero (entrambi offerti di serie).

MUSA ISPIRATRICE Nel frattempo l'idea di Nennevitz di realizzare una moto semplice, a metà tra una dirt track e una scrambler vera e propria, ha già avuto un successonetanto che all'ultimo salone di Milano le moto ispirate alla Mulhachèn erano più di una.

CUORE YAMAHA La cilindrata 659, fa ben capire da dove arrivi il monocilindrico che la anima. Lo Yamaha 660 ad iniezione elettronica è lo stesso della XT, della Pegaso e della MT-03 la concorrente più diretta della scrambler iberica. Come loro la Mulhacén vuole essere soprattutto una moto facile e divertente da guidare per chiunque.


PESO PIUMA
I 47 cavalli del mono (dichiarati a 6.250 giri e con una coppia di 55 Nm a 5.500 giri) non fanno certo fatica a muovere i soli 162 kg di peso che Derbi dichiara per la sua scrambler. Una piuma, visto che mediamente le concorrenti dirette pesano circa 20 kg in più. Oltretutto la Mulachén è anche molto compatta con un interasse di soli 1386 mm il più corto tra tutte le moto della categoria e con queste premesse è evidente che la nuova Derbi faccia dell'agilità il suo punto di forza.

RUOTE GROSSE CERVELLO FINO Le ruote, come vuole la filosofia scrambler, sono da 18 pollici, il telaio è un culla aperta in tubi d'acciaio. Per facilitare l'accentramento delle masse la batteria è stata spostata appena dietro al motore, uno spazio che si è reso disponibile grazie alla soluzione dell'ammortizzatore laterale disposto in posizione verticale che non rinuncia nemmeno al leveraggio progressivo. Tra gli altri vanti della Derbi anche il forcellone di alluminio realizzato interamente per fusione senza nessuna saldatura.


IL BELLO DEL DETTAGLIO
Lo sforzo di Derbi per realizzare una buona moto, anche tecnicamente, è notevole. Così la Mulachèn non è solo un bell'oggetto di design, ma può vantare una dotazione tecnica di prim'ordine. La forcella rovesciata è Marzocchi, i dischi "wave" arrivano dalla Braking. Per le pinze si è addirittura esagerato andando a scomodare una pinza radiale Brembo a quattro pastiglie con pompa anch'essa radiale.

IN ESCLUSIVA Inoltre si sprecano i particolari unici, realizzati solo per lei. La strumentazione digitale piazzata dietro la mascherina ne è un valido esempio: compattissima è in grado di offrire tutte le informazioni necessarie (anche se le spie in pieno giorno si vedono un po' poco). Vanno poi citati il faro anteriore e quello posteriore (a led), anche il disegno dei dischi è su specifiche esclusive Derbi.

LISTINO BOLLENTE Tutte cose che ovviamente hanno un costo. Non ci si deve stupire più di tanto, quindi, se la Mulachèn costa parecchio. 7.500 € franco concessionario non sono pochi per una monocilindrica pur se di grande impatto tecnico/estetico come la Mulachèn.


COME VA
L'impatto "fisico" con la Mulhacèn è in linea con quello estetico. È una moto leggera, snella e soprattutto è il massimo dell'intuitività. La sella non è bassissima (835 mm) ma ben conformata e con una imbottitura "all'italiana" ovvero quel poco di schiumato che c'è è duro. La "signorina" ha anche i fianchi belli stretti con una ergonomia particolarmente curata: comandi e leve sono piazzate al posto giusto, tutto è morbido e piacevole al tatto.

QUALITÀ Di nuovo, per Derbi, c'è la percezione di una qualità costruttiva davvero ottima. C'è ancora qualche cablaggio un po' in vista ma nel complesso la Mulachén passa l'esame di ammissione nell'alta società a pieni voti. Bei materiali, belle finiture e componentistica di prim'ordine. "Niente di cinese su questa moto, tutta roba di prima scelta" dichiara orgoglioso Klaus, ed ha ragione. Del resto se Derbi deve debuttare nel mondo delle moto grosse, meglio farlo nel migliore dei modi, no?


UN MOTORE TANTE MONO
Con il motore, intanto, è andata sul sicuro. Il 659 Minarelli-Yamaha è una unità che ormai sta dilagando sulle monocilindriche di questa cilindrata. Sulla Derbi si innesta alla perfezione sottolineando con il suo carattere lo spirito scrambler della moto. La Mulachén è agile e leggera e anche per questo il motore fa una bella figura, offrendo a prestazioni più che sufficienti per fare ciò che la moto si propone, ovvero un diporto disimpegnato. Morbidissima la frizione, ottimo il cambio, l'erogazione dà il meglio ai bassi e medi regimi ma pecca un po' in allungo.

MEGLIO IN BASSO Si arriva a 7.000 ma la spinta si è già esaurita da un po'. Bene sotto, invece, anche da meno di 3.000 giri la Mulhacén riprende briosa senza troppi problemi. Il comportamento del mono è dunque simile a quello delle concorrenti, anche se sulla Mulhacén ho rilevato una piccola flessione nella spinta dai 4.500 ai 5.000 giri quando si affronta questo transitorio in piena accelerazione mentre le vibrazioni restano nella norma per un motore monocilindrico.


ARTIGLI DA CITTÀ
Mi pare che anche la ciclistica sia centrata per l'impiego della moto. Il peso è molto limitato l'angolo di sterzo sufficientemente ampio per svicolare senza troppi patemi dalle code. Alla faccia dei pneumatici artigliati si capisce subito che è la cittàl'habitat in cui la Derbi si muoverà meglio. Di base ha una taratura enduristica (cioè piuttosto morbida) delle sospensioni. Giusto, visto che si tratta di una scrambler. Questa morbidezza di forcella e mono assicura un valido filtro tra il pilota e le asperità della strada e compensa in parte la durezza della sella, che non è fastidiosa fintantoché il tragitto e breve, ma inizia a diventarlo quando si superano le due ore di guida.

MANGIACURVE Se però in quelle due ore ci piazzate anche una bella strada farcita di curve allora vi dimenticherete facilmente delle vostre natiche dolenti e inizierete a concentrarvi sulla guida. Perché oltre alla città, la Derbi gradisce, e molto, anche le stradine di montagna, dove agilità e facilità di guida si trasformano in divertimento. Le Pirelli Scorpion di primo equipaggiamento vanno ben oltre il limite psicologico che ha il pilota nell'entrare forte in curva con un tassellato, e non è così difficile trovarsi a grattugiare i piolini sull'asfalto.


MORBIDA
Se il ritmo diventa troppo alto, però, sono le sospensioni a dare il primo segno di affanno. La morbidezza dell'assetto si fa sentire con qualche dondolio, e qualche fondocorsa del mono, ovviabile in parte indurendo il precarico molla e chiudendo un po' l'idraulica dell'ammortizzatore.Sulla forcella, invece, non c'è possibilità di intervento morbida è e morbida resta per cui, alla fine, la cosa migliore è guidare in modo "rotondo" mollando per tempo il freno anteriore e facendo scorrere la moto con le sospensioni libere di lavorare. Ovviamente si sta parlando di ritmi molto elevati che poco hanno a che fare con la filosofia scrambler della Derbi, che induce alla passeggiata e non alla sparata con le orecchie per terra.

FRENIDOC Rientrando nei canoni di una guida normale la Mulachèn non mostra alcun problema e pur essendo corta di interasse resta sempre stabile, anche una volta lanciata alla massima velocità. Ha poi anche una buona frenata, con un anteriore molto potente (ma la leva è troppo lontana dal manubrio, anche nella posizione più vicina) ma un posteriore dal comando un po' duro che rende difficile al pilota percepire il punto di pressione.


RELAX
Fondamentalmente trovo la Mulachén una moto molto rilassante, da godere in quel range che va da 80 a 120 orari guidando in modo del tutto disimpegnato non fermandosi nemmeno quando finisce l'asfalto. Gli sterrati, infatti, non sono un problema per lei e pur restando un veicolo fondamentalmente stradale va detto che anche la guida in piedi tipica dell'off road è tutt'altro che fuori luogo con una ergonomia che resta fondamentalmente corretta.


Pubblicato da Stefano Cordara, 07/05/2006
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Un anno di test: tutte le prove moto del 2006