Come l'araba fenice, Bimota rinasce dalle sue ceneri e, dopo averla presentata all'Intermot, lancia sul mercato la sua prima moto del nuovo corso. Un vestito entusiasmante copre (poco) il motore bicilindrico ad aria e una ciclistica sofisticata farcita di tante parti lavorate dal pieno. Piccola, precisa e bella da guidare è una vera Bimota, anche nel prezzo
COM'È In quel di Rimini, dalle parti di via Giaccaglia, c'è una piccola azienda che da qualche tempo è tornata ad animarsi e a produrre tanti bei pezzi ricavati dal pieno. Stesso nome, stessa sede, stessa gran voglia di fare moto speciali, proprio come era un tempo. Rinasce con tutte le migliori intenzioni la nuova Bimota, il marchio creato da Massimo Tamburini nel 1973 "inventore" di incredibili moto speciali supersportive, vittoriose anche in pista e ancora oggi apprezzati dagli appassionati.
NATA PRESTO Pochi ma buoni, gli uomini Bimota hanno bruciato le tappe. 23 mesi fa la rifondazione, lo scorso settembre la rinascita ufficiale con la presentazione di un modello completamente nuovo all'Intermot di Monaco, in questi giorni a Valencia il lancio ufficiale della DB5. Oggi come allora il nome dice tutto: DB5, Ducati-Bimota 5. Perché questa è la quinta Bimota con motore Ducati.
GIÁ PREMIATA Nel frattempo, Sergio Robbiano, (allievo di Massimo Tamburini e già creatore della linea della 500 V2) ha fatto in tempo a togliersi la soddisfazione di veder vincere alla sua creatura il premio di moto più bella del salone assegnato all'Intermot dalla Motorcycle Design Association.
BIMOTA DENTRO In effetti, va dato atto al giovane genovese di aver saputo dare alla DB5 quello stile inconfondibile che solo i prodotti italiani riescono ad avere ma anche di aver lasciato giusto risalto alla tecnica. Basta guardare la carenatura, integrale sì, ma anche vuota a sufficienza per lasciare quasi totalmente esposto agli sguardi il bicilindrico Ducati raffreddato ad aria, o il codino striminzito che dà ampio risalto agli scarichi. Una linea futurista, tutta spigoli, ricercata in ogni suo particolare (anche se qualche deja-vù non manca, proprio con la F4 e la Benelli Tornado, con cui la Bimota condivide frecce anteriori e gruppo ottico posteriore) e con tutte le parti ben proporzionate tra loro a formare un oggetto (ancor prima di una moto) molto bello da guardare.
PREGIATA Poi è encomiabile la cura nei dettagli. La DB5 rispetta la tradizione Bimota che vuole protagonisti assoluti la lavorazione dal pieno e l'uso di materiali pregiati. Dove c'è alluminio state certi che c'è stato un colpo di fresa o una passata al tornio, nel pieno rispetto della costruzione artigianale di cui Bimota si è sempre fregiata.
FATTA DAL PIENO Da un blocco di alluminio arrivano i piedini della forcella, le piastre di sterzo, le cortissime pedane con i paratacchi, e le piastre del telaio e del forcellone entrambi di tipo composito. Ancora una volta Bimota si distingue per una scelta tecnica controcorrente, il forcellone segue, infatti, lo stile del telaio con una piastra imbullonata ad una struttura a traliccio che sulla DB5 aziona un ammortizzatore secondo lo schema Cantilever privo di leveraggio progressivo. Una soluzione nuova come spesso Bimota ha creato ai tempi d'oro. Basti pensare che il primo telaio perimetrale di alluminio oggi quasi universalmente adottato dalle sportive fu montato proprio su una Bimota.
DUE E AD ARIA Il cuore della moto rischia quindi di passare in secondo piano, anche perché è un tipo a noi ben noto. La scelta è caduta sul Desmodue Dual Spark raffreddato ad aria preso in prestito dalla Ducati Supersport. Un bel motore, che risponde appieno alle intenzioni dei progettisti di realizzare una moto sportiva inconfondibilmente italiana. Arriva così com'è direttamente dagli stabilimenti di Borgo Panigale, poi Bimota ci mette lo scarico e una centralina programmabile dell'iniezione. La potenza dichiarata è tuttavia la medesima del Ds originale: 92 cv a 8200 giri con una coppia di 9,4 a 5500 giri, che però sulla DB5 devono spingere solo 165 kg (probabilmente veri, perché la moto è realmente leggera) assicurando quindi prestazioni interessanti.
POTENZA FACILE In un mondo di superpotenza la scelta di questo due valvole può sembrare controproducente. In realtà in Bimota hanno preferito iniziare per gradi anteponendo stile e piacere di guida alle prestazioni pure. Chi comprerà questa moto lo farà più per l'oggetto in se che per le performance (e comunque in pista non va piano), certo che come tutte le Bimota anche questa probabilmente diventerà un oggetto da collezione.
GIOIELLO ANCHE NEL PREZZO Un oggetto che si fa pagare caro, 27.540 € franco fabbrica. Prezzo assolutamente elitario, che rende questa DB5 una moto assolutamente di nicchia. Prezzo che comunque non ha fermato tanti appassionati americani (terra di conquista per Bimota che ha appena aperto una Show Room) da cui sono già arrivate parecchie prenotazioni. Tenuto conto che il target produttivo è di 300 unità all'anno (comprese la Tesi e la SB8R già in gamma), crediamo che non sia così difficile da raggiungere.
SOLO IL TOP Perlomeno chi deciderà di fare l'investimento si potrà consolare con l'esclusività della moto e sul fatto che la componentistica sia al top. Bembo radiale per l'impianto frenante (ma con pompa tradizionale e dischi da 298 mm) Ohlins per le sospensioni, a questo punto forse valeva la pena fare un piccolo sforzo in più e montare anche i cerchi forgiati.
COME VA Trentasei gradi all'ombra. Non so quanti al sole ma vi posso assicurare che erano tanti. La Bimota ha scelto il catino arroventato di Valencia per farci provare la DB5 in versione pressochè definitiva. Il frutto del tanto lavoro svolto dallo staff è molto positivo. La moto è bellissima, davvero molto curata in ogni particolare, e a parte qualche piccolo dettaglio (come la strumentazione ad esempio, rifatta appositamente con un bel contagiri piazzato proprio sotto al naso), è praticamente la stessa presentata al salone.
MINISPORT La cosa che più colpisce è la compattezza dimensionale, la DB5 è una moto mignon basta vedere le foto per capire come il mio metro e settantatre stia quasi stretto nelle misure anoressiche della DB5, che non concede molto spazio al pilota per arretrare, tanto che quando ti metti in carena sbatti subito contro il rialzo del codino.
SNELLA COME POCHE Corta e magrissima, ma la triangolazione sella-pedane-serbatoio è molto ben studiata e in sella ci si trova molto bene. Nonostante sia davvero rastremata nel mezzo, le gambe trovano subito una collocazione ottimale tra gli svasi del serbatoio che garantiscono anche un buon appoggio quando ci si muove in sella o si stacca forte. In più c'è un'ottima protezione aerodinamica, perché il cupolino è molto rialzato e viene incontro al pilota, che quindi non ha nemmeno la necessità di sdraiarsi molto per trovarsi nella "bolla" d'aria calma. Le uniche cose che cambierei sono l'imbottitura della sella molto rigida e i manubri forse fin troppo spioventi che non offrono un braccio di leva ottimale.
A PIEDI STRETTI A completare la sensazione di grande snellezza concorrono le pedane, strettissime, che assicurano limiti di piega esagerati senza che nulla interferisca con l'asfalto. Insomma, una vera sportiva all'italiana, anche negli specchietti, assolutamente inutilizzabili, che sulla Bimota confermano come quelle due appendici applicate al cupolino siano del tutto indigeste ai designer che li considerano solo una imposizione legislativa e nulla più.
ARIA AI POLMONI Un colpetto al pulsante start e il Desmodue fa sentire forte la sua voce, lo scarico è molto soffocato a causa delle omologazioni, ma la cassa filtro compensa in parte la mancanza gorgheggiando come un tenore ad ogni colpo di gas e rimandando nel casco un ruggito cattivo. Non lo scopriamo certo adesso il questo bicilindrico, sempre molto pronto e corposo ai bassi non delude affatto le aspettative.
ELETTRONICA VARIABILE Il motore è tal quale a quello che mi era piaciuto sulla Supersport ma la centralina Bimota (ma perché non usare quella di serie?) al momento della presentazione era ancora da affinare nella mappatura, cosa che è stata praticamente fatta "on demand", basandosi sulle indicazioni dei tester presenti che riportavano a caldo ai tecnici le prime impressioni dinamiche. Qualcuna delle moto presenti denunciava, infatti, qualche "sporco" nell'erogazione attorno ai 6000 giri che però è andato via via scomparendo con il passare delle ore (e delle mappature).Ora di sera, comunque, mi sono trovato per le mani una bella moto, con una spinta notevole ai medi regimi e con un buon allungo fino ai 9.000 giri indicati (bello il contagiri sotto al naso, ma spie e contakm si vedono molto poco) e capace tra l'altro di girare in tempi di estremo interesse a Valencia. Direi che l'1:51 spiccato da Diego Giugovaz (presente come tester ufficiale) con gomme di serie (le stradali D 208 RR) sia abbastanza significativo considerato il tipo di moto.
ANTERIORE PIANTATO Merito anche di una ciclistica veramente a punto. A dire il vero mi aspettavo una moto più reattiva, in realtà Robbiano non ha imparato bene solo a disegnare le moto ma è anche riuscito nell'intento di carpire a Tamburini il segreto dell'avantreno rigoroso (basta guardare l'enorme piastra di sterzo inferiore). La DB5, infatti, grazie anche ad un interasse di 1425 mm sfoggia una precisione direzionale esemplare, l'avantreno non è sveltissimo e la moto va lavorata di corpo per essere buttata in piega. Una volta giù, però, fila via precisa e senza alcuna sbavatura consentendo al pilota di spalancare il gas prestissimo forte della notevole spinta ai medi del bicilindrico a due valvole.
GUIDA ROTONDAVa fatta scorrere le Bimota, entrando veloci in curva e usando la classica marcia in più (inutile insistere oltre gli ottomila, meglio cambiare prima) si ottiene una grande efficacia e ci si trova ad aprire il gas senza ritegno per godere della gran "schiena" offerta dal Desmodue, di cui mi sento di criticare solo cambio e frizione davvero duri, nel tipico stile Ducati del resto.
SOSPENSIONI EFFICACI All'inizio anche l'assetto era piuttosto rigido, ma nel pomeriggio dopo che sono stati allentati i registri idraulici di forcella e ammortizzatore, le sospensioni sono diventate più scorrevoli e la moto è diventata ancora più omogeneae veloce nell'ingresso in curva, saldamente appoggiata sulle Dunlop D 208 RR che hanno mostrato di reggere il gran caldo molto più dei piloti presenti, come del resto ha mostrato di reggerlo l'ammortizzatore.
MONO AL CALDO Devo ammettere che anche io ero tra gli scettici; vedendolo praticamente circondato dai due collettori di scarico pensavo che alla lunga andasse un po' in crisi. Invece le prestazioni del mono non sono cambiate di una virgola durante tutta la giornata, evidentemente la configurazione moto "aperta" della carenatura porta aria a sufficienza anche in quella zona critica. Ovviamente i freni meritano la lode, come sempre quando si tratta di Brembo, la moto è leggera e basta un dito per staccare alla grande senza avere alcun problema di affaticamento o modulabilità.