FUNERALE SUPERSPORTSono passati ormai 15 anni dall’ultima volta in cui una supersportiva 600 è stata nella parte alta della classifica delle immatricolazioni. Un declino inesorabile, che in questi anni – nonostante qualche timido tentativo da parte dei costruttori, e le richieste dello zoccolo duro amante della categoria – non ha conosciuto fine. Anche Yamaha, una di quelle che ha provato a tenere duro fino all’ultimo, ha alzato bandiera bianca:la R6 sarà solo pista, troppo costoso e mortificante in termini di prestazioni il passaggio all’Euro 5.
Yamaha R6 Race: la 600 di Iwata termina la sua carriera di moto stradale dopo oltre 20 anni
LE CAUSELe cause della situazione attuale di questo segmento tanto glorioso sono molteplici, la cosa triste è che molte di queste sono presenti ormai da un decennio: strade troppo dissestate per le ciclistiche estreme di queste race replica, erogazione “vuota” per l’utilizzo piacevole su strada, limiti di velocità e autovelox, senza contare l’esplosione che hanno avuto moto più versatili come crossover e naked, decisamente adatte all’uso nel mondo reale.
CRISI ANCHE TRA I CORDOLINon che tra i cordoli la situazione migliori, la categoria Supersport 600 si è negli anni impoverita, con la sola Yamaha a continuare ad evolvere la sua R6 anche negli ultimi 5 anni. Kawasaki, ad esempio, ha provato di recente a introdurre laZX-636, ma solo per l’utilizzo su strada, nel mondiale Supersport corre ancora la vecchia ZX-6R. Questo significa che probabilmente si è arrivati al vertice dello sviluppo tecnologico, tendendo conto anche del rapporto costo/beneficio. Se si volesse, l’elettronica, le sospensioni ma anche i motori potrebbero ancora essere evoluti, ma i costi schizzerebbero alle stelle, non portando al risultato sperato: far tornare gli appassionati nelle concessionarie con il bonifico (l’assegno è ormai anacronistico) pronto per l’acquisto di unaCBR600RR(che continua a esistere ma solo in Giappone), una R6 o una ZX-6R.
Nuova Honda CBR600RR
LA SOLUZIONE PROBABILELa soluzione al problema, almeno guardando cosa stanno proponendo le case motociclistiche e i rumors che vi riportiamo, è la scissione del segmento: bicilindriche e, perché no 3 cilindri, per l’utilizzo su strada, moto come la RS 660 o la Ducati Supersport, e sportive “solo pista” per l’utilizzo agonistico. Questa scissione è avvenuta anche in passato con le moto da cross – specialistiche e dunque non omologate – e le enduro. Yamaha ha già intrapreso questa via e chissà che in futuro non verrà seguita da qualche altro grande costruttore, magari la stessa Honda con la nuova CBR600RR. In questo modo le case potrebbero continuare a sviluppare le sportive medie e i piloti avrebbero un approdo sicuro prima di saltare in sella a quei missili che sono le odierne “mille”.
SOGNO (IM)POSSIBILE TURBOE se invece non fosse già tutto scritto? Mi spiego meglio. I grandi costruttori – specialmente quelli nipponici - negli anni ’80 furono folgorati dall’esplosione del fenomeno Turbo. Dopo anni di dimenticatoio, la sovralimentazione è tornata a ronzare nelle menti fulgide degli ingegneri, che valutano turbo e compressori volumetrici per ovviare alle normative sempre più stringenti in tema di emissioni. Gli svantaggi di queste due tecnologie sono ormai noti: componentistica in più vuol dire maggior costo e maggior peso, un aspetto da non sottovalutare che influenza la dinamica di guida. Dall’altro lato ci sono i vantaggi, tutt’altro che trascurabili: il turbo permette di utilizzare i gas di scarico per comprimere l’aria in aspirazione, questo genera maggior cavalleria da un lato e una riduzione delle emissioni dall’altro. Insomma si prenderebbero i proverbiali “due piccioni con una fava”.
La Yamaha MT-10 con motore turbo
LE APPLICAZIONI Di recente vi ho parlato dei brevetti Yamaha per il suo motore tre cilindri turbo: 180 CV a 8.500 giri min e 176,17 Nm di coppia massima, quasi un record assoluto, il tutto riducendo sensibilmente le emissioni del 30% (anche tramite l’adozione dell’iniezione diretta, soluzione comune nelle automobili). Un altro interessante esempio dell’applicazione di questa tecnologia – tra l’altro proprio su una supersportiva – arriva dallaBenda VTR-300. La piccola carenata cinese (per ora ancora allo stato embrionale) sarà spinta da un motore bicilindrico a V da 299 cc turbocompresso, i dati tecnici non sono ancora stati svelati ma non è improbabile che la potenza potrebbe essere attorno ai 70 CV, mica male per un 300 quattro tempi. E se le supersportive del futuro fossero turbo? Io sarei curioso di provarle, voi?