La Cina ci deve fare paura? No, la mia non sarà un’analisi socio-politica – non ne avrei le competenze – ma vi voglio raccontare che effetto mi ha fatto vedere da vicino la Cina delle moto, quella che da qualche anno, e con crescente successo in termini di vendite, imperversa nel nostro paese. Sono stato invitato da Padana Sviluppo – importatore ufficiale di CFMOTO in Italia - alla scoperta dello stabilimento produttivo del colosso cinese situato ad Hangzhou e, vi anticipo, di stereotipi e falsi miti ne sono crollati un bel po’, ma andiamo con ordine.
BIG IN CHINA
Dopo 12 ore di volo – in cui non ho chiuso occhio nemmeno un secondo – siamo atterrati a Shangai, approdo momentaneo prima di fare altre 3 ore di autobus verso la “vicina” Hangzhou. Caldo, tanto caldo e per di più umido (che a confronto il clima delle metropoli italiane sembra quello delle Canarie) ma anche tante auto elettriche – con forme e nomi sconosciute a noi europei - e distese infinite di cantieri: la Cina non sta marciando verso il futuro, sta correndo la finale olimpica dei 100m di corsa a caccia del record mondiale. Dal mio finestrino vedo un’autostrada che probabilmente verrà terminata in tempi record, da quello opposto grattacieli crescono con la stessa velocità con cui a me cresce la barba. Credo di aver reso bene l’idea
BIG BROTHER Tutti avrete presente il libro di George Orwell “1984”, ma se alla cultura preferite il trash va bene anche il Grande Fratello, ecco io non ho mai avuto la sensazione di essere osservato così come in Cina: telecamere ovunque, ad ogni albero, lampione, semaforo, pista ciclabile, edificio. Loro sanno dove sei… sempre. Inquietante? Forse, ma come mi diceva chi queste zone le bazzica di frequente per lavoro “se non hai nulla da nascondere non dovresti temerle”. Vero, ma diciamo che un po’ mi ha stranito. L’aspetto positivo è che puoi camminare per strada “sereno”, la criminalità è a livelli bassissimi… mica come a Milano.
IL NOSTRO È UNA... CINESATA Prima di buttarci a capofitto sulla realtà produttiva di CFMOTO permettetemi un’ultima divagazione, siamo italiani e il nostro cibo ci manca in ogni parte del mondo… Quando sono andato in India per la prova della Himalayan, ma anche nelle filippine per la 450MT di CFMOTO, ho trovato sapori nuovi ma anche molto simili a quelli che puoi trovare in un ristorante indiano o filippino in Italia. Il cinese per i cinesi è altra roba… il nostro è una “cinesata”.
IMPERO PRODUTTIVO
Perchè vi ho parlato di cibo? Perchè siamo italiani – e come tali il cibo per noi è cosa seria – ma anche perché proprio dalla mensa è iniziata la nostra visita presso il polo produttivo. Non certo una mensa qualunque, bensì una mensa a 3 piani con diverse tipologie di cucina e d’altronde con un'area totale di circa 280mila metri quadrati, due campus, e più di 4800 persone che lavorano all’interno dello stabilimento da sfamare non poteva che essere così. Costo del pasto al dipendente tra i 2 e 3 dollari americani, ma nei benefit compresi all’interno dello stabilimento ci sono anche un supermarket, una palestra e uno Starbucks… viene quasi voglia di non tornarci nemmeno a casa.
TURNI MASSACRANTI? “Eh ma in Cina si lavora sempre, verranno sfruttati”. Falso, almeno per quello che ho avuto modo di vedere: si lavora 5 giorni, su turni da 8/9 ore, il weekend è di riposo. Certo niente mese di ferie ad Agosto (ma quella ormai è una chimera anche in Italia), si ha a disposizione solo una settimana.
I dipendenti CFMOTO non se la passano poi così male
CITTADINA PRODUTTIVA Quello che mi ha impressionato è la dimensione del polo produttivo, vasto quanto alcune cittadine italiane della provincia. Mini grattacieli per la parte di R&D (top secret e preclusa nella nostra visita) Marketing e le altre mansioni d’ufficio, con altre tre palazzine in costruzione, capannoni a perdita d’occhio per lo stoccaggio dei materiali e dei veicoli in attesa di esportazione più due gemme al centro della cittadella, il vero cuore pulsante dello stabilimento.
LINEA HI-TECH La Cina delle fabbriche sporche e arretrate è un falso mito o, se anche esistesse ancora, non è certo quella di CFMOTO. Automatizzata, efficiente, flessibile, all’avanguardia e super produttiva. Al momento della nostra visita sulla linea della catena di montaggio – composta da carrellini robotizzati semoventi – la sportiva 450 SR: dal primo bullone avvitato al telaio all’ultima stazione di finitura ci passano poco meno di 30 minuti, che possono essere molti meno per moto più semplici come la custom 450 CL-C. Insomma nel tempo in cui noi ci prepariamo il pranzo un centinaio di uomini assembla una moto. La produzione ha tempi serrati e in “diretta” si riesce a capire se l’intermedio – per dirla alla F1 maniera – è positivo o negativo, io un po’ di pressione l’avvertirei fossi negli operai addetti al montaggio. Pressione che serve a ottenere risultati fenomenali, come il record produttivo di 280.000 veicoli in un anno raggiunto nel 2021, ad esempio.
AMICI AUSTRIACI
CFMOTO produce per KTM motori e non solo
Una forza strabordante, che basta per le proprie esigenze e anche quelle degli altri. Se siete lettori attenti saprete infatti che alcune delle moto presenti nella gamma CFMOTO sono strette parenti delle austriache, come la 800NK e la 800MT. Parentela che nasce da una partnership ormai consolidata da anni che all’inizio prevedeva la distribuzione delle moto KTM – che in Cina vengono vendute come KTM R2R (ovvero Ready to Race) a causa di un brevetto già depositato - e l’assemblaggio dei motori, oggi si arriva addirittura alla produzione di intere moto, nello specifico le 790 Duke e 790 Adventure. La linea dedicata alla produzione di KTM è in tutto e per tutto simile a quella di CFMOTO,stessi standard, stessa attenzione e cura.
MINACCIA O OPPORTUNITÀ
Tornando verso Shangai – e i suoi grattacieli chilometrici – mi sono perso in una riflessione: la crescita esponenziale dell’offerta cinese è più una minaccia o un’opportunità per il movimento moto europeo e italiano? Dal punto di vista del consumatore finale, come dimostra l’andamento del mercato, l’arrivo di nuove proposte dalla Cina – dopo una naturale iniziale scetticismo – è senz’altro positivo: le moto cinesi hanno aperto la strada a nuovi motociclisti che non avevano il budget necessario all’acquisto della moto nuova da un brand europeo o giapponese. I prodotti che si stanno affacciando sul mercato non sono più semplici copie di ciò che da noi piace, ora anche alcune moto cinesi sono ben disegnate (per CFMOTO c’è lo zampino dell’italiana Modena40) e ben fatte.
SOTTO ATTACCO La maggior competizione spinge i costruttori affermati a fare delle valutazioni strategiche: c’è chi trova alleanze con la Cina emergente (come KTM, ma hanno accordi anche Piaggio e Yamaha) e chi invece non ne vuole sapere nulla. Per loro fare la guerra al prezzo più basso potrebbe rivelarsi una scelta strategica potenzialmente letale – la Cina, anche grazie ad alcune scelte di carattere economico e politico, non la si batte – allora meglio investire nella tecnologia e nella qualità dei materiali, affermarsi come brand premium. Ma c’è un però: fino a dove possono spingersi tecnologia e premiumness? Il successo della moto come qualcosa di superiore all’essere un semplice mezzo di trasporto non sta forse nel senso di libertà che questa trasmette? Oggi le grandi case propongono moto sempre più potenti, sofisticate, connesse a tutti i costi, presto avremo a che fare anche con l’intelligenza artificiale (spoiler, i cinesi sono avantissimo anche lì)… Ma non era sufficiente girare le chiave, mettere la prima e andare?