Triumph Street Triple RS 765, Ducati Panigale V4, Yamaha R1, Moto Guzzi V7 III Racer & c: le moto che mi hanno lasciato il segno
TOP 10 La migliore e la peggiore, la più amata e la più rumorosa, la prima e l'ultima: RiddenBox è una personalissima classifica - motivata - delle moto che hanno lasciato il segno. Versione a due ruote dell'altra nostra rubrica DrivenBox ci permette di ripercorrere con la memoria migliaia di chilometri, migliaia di luoghi e di emozioni. Momenti di esaltazione e tragedie sfiorate. Con un unico denominatore: le moto, quelle che ci hanno accompagnato nella nostra vita di centauri, lasciando i segni più oprofondi. E qualche volta le cicatrici. Volete sapere quali entrano nella mia top 10?
- First bike: Moto Guzzi Dingo 50 MM (1969)
- Ridden the most: Yamaha FZR 1000 Exup (1993)
- My bike: Yamaha R1 (1999)
- Worst bike: CCM 664 Dual Sport (2003)
- Next bike: Honda RC51 (2000)
- Funniest to ride: Husqvarna Svartpilen 401 (2018)
- Loudest bike: Ducati Panigale V4s (2018)
- Best bike: Triumph Street Triple RS 765 (2018)
- Most surprising bike: Moto Guzzi V7 III Racer (2018)
- Wish I had ridden: Honda RC30 (1987)
FIRST BIKE: MOTO GUZZI DINGO 50 MM
La prima moto è come il primo bacio: non si scorda mai. Anzi, a essere del tutto onesto il primo bacio non me lo ricordo affatto, ma quella Moto Guzzi Dingo 50 MM del 1969 ereditata dal nonno me la ricordo eccome. Ne porto ancora i segni sul mignolo della mano sinistra, frutto della prima scivolata sotto la pioggia che mi ha visto cadere come un salame rigorosamente senza guanti. All'epoca usava così e l'unica pelle che mi proteggeva dall'asfalto era la mia... E le gomme dell'epoca certo non tenevano come quelle moderne. Specie, appunto, sul bagnato. Poi metteteci pure l'inesperienza, ma a mia discolpa posso dire che seguivo le orme tracciate dai miei avi, visto che su quello stesso motorino sono caduti anche, appunto, i miei diretti progenitori.
RIDDEN THE MOST: YAMAHA FZR 1000 EXUP
Fatto sta che, da quella motoretta, sono passato abbastanza presto a oggetti più moderni e performanti. Addirittura bruciando le tappe, se pensiamo che prima ancora di aver finito il liceo, per una serie di fortunate circostanze, mi sono ritrovato in sella a una Yamaha FZR 1000 EXUP del 1992. È quella la moto che ho guidato più a lungo, anche perché di moto come quella ne ho avute tre di fila. Una l'ha piegata un conoscente (mai prestare le moto!); la seconda me l'hanno rubata dopo due giorni e solo la terza l'ho tenuta per qualche anno, girandoci l'Italia in lungo e in largo, da solo e in dolce compagnia.
Ridden the most: Yamaha FZR 1000 EXUP (1992)
MY BIKE: YAMAHA R1
Aprendere il posto della FZR, nel 1999, è stata una Yamaha R1 prima serie, quella del biennio 1998/1999: una moto che ha segnato un netto spartiacque tra due concezioni radicalmente diverse di supersportive. I primi metri mi ha fatto venire i capelli dritti sotto al casco, tanto era reattiva alla manetta. Partire al semaforo con il gas al 40% voleva dire impennate spontanee e feroci al sopraggiungere dei 4.500 giri. 150 cavalli genuini, quelli che venivano fuori dai suoi carburatori, molto più emozionanti dei duecento e oltre delle superbike moderne: anche perché qui tra te e un disastro c'erano solo manico e buonsenso, niente controlli elettronici, nemmeno l'ABS. Un vero spasso, comunque, e... un gran risparmio di gomme anteriori. La ciclistica, va detto, non era del tutto all'altezza: specie la forcella, che tendeva un po' a torcere in frenata. Ma anche se non la possiedo più, è lei la moto che più di tutte porto nel cuore e che ancora sento mia. L'unica e la sola.
WORST BIKE: CCM 664 DUAL SPORT
Dal personale passiamo al professionale: è in quest'ambito che ricadono tutte le altre moto della mia personale classifica RidenBox, l'elenco delle migliori e peggiori che abbia mai avuto il privilegio di guidare. Privilegio a volte dubbio, come nel caso della CCM 664 Dual Sport del 2003 che potete trovare alla voce Worst Bike. Perché la peggiore? Perché a momenti mi ammazza senza che io abbia fatto la benché minima imprudenza. Andavo a passeggio, spensierato, in una stradina di campagna quando, all'approssimarsi di una curva, pelavo il freno anteriore per rallentare... Istantaneamente la forza frenante andava alle stelle, tanto da causarmi un prepotente stoppie assolutamente non intenzionale. Al limite del ribaltamento, mi sono salvato solo perché in quel frangente ho trovato un provvidenziale accumulo di ghiaia che, facendo scivolare la ruota davanti, mi ha permesso di rimettere il culo per terra. Alla fine non sono neppure caduto. La causa del fattaccio? Il prigioniero superiore della pinza freno anteriore si era allentato e sfilato; così la pinza era ruotata su sé stessa e si era puntata contro il bordo del disco, con un effetto auto-serrante su di esso. Non che la moto non fosse ok nel suo insieme e, con il senno di poi, una simile avaria non è abbastanza per gettare ombra su tutta la moto. Ma permettetemi di dedicarle lo stesso una piazza nella mia personale hall of (in)fame.
Worst bike: CCM 664 Dual Sports
NEXT BIKE: HONDA RC51
Magnifici ricordi mi ha lasciato, invece, la Honda VTR 1000 SP1 del 2000, altresì chiamata Honda RC51. Ve la ricordate? Era la sportiva bicilindrica con cui la Casa giapponese ha sfidato lo strapotere Ducati in Superbike e con cui Colin Edwards – Texas Tornado – conquistò il mondiale. La versione stradale era un bijoux. L'aspetto e la posizione di guida erano autenticamente racing, ma era facile e ben rifinita come ti aspetti da una vera Honda. In più sapeva essere selvaggia ed emozionante, all'occorrenza: due caratteristiche solo raramente ho ritrovato nelle moto dell'Ala Dorata. In più, con lei, le impennate mi venivano benissimo e questa è una dote che ho sempre apprezzato... Ecco perché, il giorno che mi ricomprerò una moto, sarà lei la prescelta: Next Bike!
FUNNIEST TO RIDE: HUSQVARNA SVARTPILEN 401
Va detto che sono parecchie le moto che, negli ultimi anni, ho desiderato. E moltissime non erano affatto ipercostose, esotiche e straripanti dicavalli. Una su tutte, la Husqvarna Svartpilen 401. Perché? Perché è una moto divertentissima da guidare. E pure da nominare, con quel nome che in italiano sembra tanto uno starnuto. 43 cavalli per 150 chili e un passo più corto del mio, con una posizione di guida vagamente crossistica, ne fanno un giocattolo con una certa propensione alla guida acrobatica. Zero impegno, godimento a mille e tanta facilità in ogni condizione. Salute!
LOUDEST BIKE: DUCATI PANIGALE V4S
Ridotto impegno alla guida e divertimento spensierato non sono le prime cose che mi vengono in mente parlando della Ducati Panigale V4s 2018: una moto troppo importante per non includerla nella mia superclassifica, ma anche un mezzo dal carattere talmente sfaccettato da meritare più di una riflessione. Più facile di tante Ducati del passato è comunque una moto impegnativa. Le sue stratosferiche prestazioni sono oggettivamente laboriose da sfruttare al 100%, anche per piloti di grande esperienza. Nella stessa classe, ci sono mezzi altrettanto performanti che si offrono completamente in modo più spontaneo. Quindi? Loudest Bike: sulle sue capacità canore c'è poco da discutere.
Loudest bike: Ducati Panigale V4s sulle strade del passo del Penice
BEST BIKE: TRIUMPH STREET TRIPLE RS 765
Come, non è lei la migliore? Chiaramente esprimo un parere personale, ma se devo scegliere la mia Best Bike è la Triumph Street Triple RS 765 che ho guidato nel 2018. Incredible, se penso che di base le naked sportive non mi vanno a genio. Nondimeno la Street merita il titolo, perché... perché... perché è speciale. Ecco. Offre prestazioni esaltanti, ma a misura d'uomo, e sfruttabili tanto in pista quanto per strada. Guidabilità sopraffina, grande leggerezza, costruzione impeccabile e componentistica di livello superiore. Nessun altra, per adesso, mi ha dimostrato di offrire un compromesso così ben riuscito e di così alto livello. Certo, a meno che non cerchiate una moto da viaggio...
MOST SURPRISING BIKE: MOTO GUZZI V7 III RACER
Personalmente, però, ho smesso da tempo di essere un motoviaggiatore ed ecco che le moto che apprezzo di più sono quelle compatte e leggere. Non necessariamente potenti, ma con un gusto particolare nella guida. Come dire che alla Gatorade, 9 volte su 10 preferisco un Whisky pregiato o il cocktail di un bartender coi fiocchi. Ecco perché ho letteralmente perso la testa per la Moto Guzzi V7 III Racer 2018: la mia Most Surprising Bike. I semimanubri stretti, la sella bassa, la posizione allungata e un motore classico come il Partenone trasmettono sensazioni autenticamente d'altri tempi. A guidarla mi sento Ubbiali (anche se, a rigore, Ubbiali con la Guzzi non ci ha mai corso) e il mondo moderno, con troppi elettrodomestici per le strade, sparisce come d'incanto.
WISH I HAD RIDDEN: HONDA RC30
E poi c'è lei, la moto dei sogni, quella che avrei voluto tanto guidare almeno una volta, ma non ce n'è (ancora) stata l'occasione. A rifletterci, di nomi me ne vengono a decine, ma la prima risposta, quella d'istinto, è Honda RC30. Personalmente la ritengo la Ferrari F40 delle due ruote e gli aneddoti che la riguardano continuano a colpire la mia fantasia. Per esempio si dice che ogni esemplare fosse costruito a mano, da tecnici che selezionavano le componenti del motore una per una armati di comparatore centesimale. Ex piloti mi raccontavano invece che, per l'uso su strada, il manubrio era troppo spiovente e che un sistema per rendere la moto più confortevole era invertire i semimanubri. Non ho mai potuto verificare e la curiosità è tanta. Chissà che un giorno...