Il 2021 sigla il 700° anniversario relativo alla scomparsa di Dante Alighieri che, con la sua Divina Commedia, ha gettato le fondamenta della lingua italiana. Nella celebre opera, l’autore percorre un iter che lo porta fino al Paradiso ma, per raggiungerlo, deve prima calarsi nell’inferno per poi salire in cima al monte del Purgatorio.Difficile pensare che a Dante potessero piacere le moto – per ovvi motivi storici – ma se penso a quante volte “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, chè la diritta via era smarrita” per l’assenza di cartelli stradali, una strada chiusa o per il telefono che non prende… Ecco, il parallelismo con il mondo motociclistico è immediato.
Per questo, in veste del Virgilio di turno, abbiamo richiamato all’ordine Dante per mostrargli come ci immaginiamo noi l’Inferno motociclistico. La data di pubblicazione di questo racconto, 2 aprile, non è casuale: gli esperti dicono che il cammino di Dante sia iniziato il 25 marzo o l’8 aprile. Per far contenti tutti, abbiamo scelto Il giorno a metà tra le due date. Casco in testa, si parte!
- 1° Cerchio: Limbo
- 2° Cerchio: Lussuriosi
- 3° Cerchio: Golosi
- 4° Cerchio: Avari e prodighi
- 5° Cerchio: Iracondi e accidiosi
- 6° Cerchio: Eretici
- 7° Cerchio: Violenti
- 8° Cerchio: Ingannatori
- 9° Cerchio: Traditori
1° CERCHIO: LIMBO – HONDA NR 750 OVAL PISTON
Honda NR 750 Oval Piston
Dopo aver schivato con grande fatica l’antigirone infernale degli ignavi, fatto prevalentemente di scooter asiatici e moto che non vanno “né bene né male”, ci ritroviamo nel Limbo. Un luogo dove sono situati tutti i modelli nati prima dell’avvento del “Sommo” Internet. Il World Wide Web ha sancito uno spartiacque nel modo di raccontare e recensire le moto: per chi legge, il vantaggio è l’accessibilità alle informazioni e – soprattutto – all’incredibile possibilità di interfacciarsi, nella sezione “commenti”, con chi ha già testato la moto comodamente dal divano di casa propria, ancor prima di averla vista dal vivo. Ma tornando al nostro cerchio infernale, la moto che più attira la mia attenzione è la leggendaria Honda NR 750 Oval Piston, un capolavoro ingegneristico con i suoi quattro pistoni ovali, otto bielle e 32 valvole. Sono stati venduti 322 modelli, con un prezzo che si aggirava sui 100 milioni di lire (50mila euro attuali) e valori dell’usato che superano i 100.000 euro.
Nonostante la sua importanza tecnica, la rarità del mezzo e il prezzo da capogiro, la Oval Piston non stupì particolarmente per le sue doti dinamiche. Anzi, risultava meno maneggevole di altre maxi sportive, senza fornire sensazioni particolari dovute dal suo elevato contenuto tecnico. Insomma, una moto straordinaria da vedere ma “normale” nella guida. Se fosse arrivata dopo l’avvento del web, le critiche nei suoi confronti non sarebbero mancate…
2° CERCHIO: LUSSURIOSI – VYRUS ALIEN
Vyrus Alyen
Il percorso continua nel cerchio dei lussuriosi, dove l’amore carnale viene anteposto all’amore di Dio. In questo caso, però, si può dire che l’amore per le forme, per i materiali preziosi e per il design ricercato si antepone allo scopo ultimo della moto: la guida. Tra tantissime moto bellissime, in questo cerchio catalizza la scena la Vyrus Alien. Presentata lo scorso anno, si tratta di una moto con delle forme visionarie frutto della matita di Adrian Morton (ex capo del design di MV Agusta). Sotto al suo abito fatto di fibra di carbonio, alluminio e titanio ci sono soluzioni tecniche prelevate dalla Ducati Panigale 1299, a partire dal suo leggendario V2. Insomma, è una moto che potenzialmente può regalare grandi soddisfazioni nella guida, ma diciamocelo: le moto dell’azienda di Ascanio Rodrigo vengono comprate per l'estetica, non prettamente per le doti dinamiche. Quelle ci sono, sì, ma sono quasi come un fattore secondario al design.
3° CERCHIO: GOLOSI – KTM 690 (PRE 2016)
Con la mia KTM 690 Duke R andavo ovunque, anche sulla neve. Mi ha accompagnato - tra gioie e dolori - per 41.000 km
Abbandonato uno dei gironi più belli – visivamente parlando – è tempo di entrare in un cerchio fatto di fiumi di benzina e olio motore, di cui alcune moto vanno particolarmente ghiotte. In una marea di moto a 2 tempi che bruciano miscela, scorgo nella fitta nebbiolina azzurrina numerose arancioni figure, ferme a ingurgitare quantità esagerate di lubrificante. Sono inconfondibilmente loro: le KTM 690 Euro4 prodotte dal 2012 al 2016. Il motore monocilindrico più potente e grande del mercato regala prestazioni uniche, perché è pieno di coppia ai bassi e non disdegna la zona alta del contagiri. Nelle sue due declinazioni (Duke o SMC) strizza l’occhio agli smanettoni che vogliono divertirsi e fare chilometri di strada in monoruota. Peccato che il motore non percorra tanta strada prima di doversi fermare ai box per un rabbocco d’olio. Il 690 lo conosco bene - è stata la moto che ho usato di più in vita mia - ma sebbene io resti lì a fissarlo, fa finta di non conoscermi. Non mi saluta nemmeno perché è troppo impegnato a strafogarsi di Motorex 10W50. Negli ultimi dieci anni, non ho mai visto un motore mangiare chili e chili di olio come quell’LC4. Per fortuna che KTM, con l’aggiornamento del 2016, ha risolto in gran parte quel “vizietto” (così come tanti altri problemi di affidabilità). Uscito da questo cerchio, mi sa che se strizzo la maglietta faccio il pieno alla moto…
4° CERCHIO: AVARI E PRODIGHI – BMW R 1250 RT
BMW R 1250 RT, la prova del model year 2021
La moto, diciamocelo, è un lusso. Se uno ha bisogno di spostarsi da un punto A ad un punto B e può permettersi un solo mezzo, solitamente predilige l’auto oppure uno scooter. Il bello del mercato motociclistico è che ci sono tantissime proposte per (quasi) tutte le tasche e le necessità. Alcune hanno prezzi anche concorrenziali per quello che offrono, altre partono da una base piuttosto bassa “nascondendo” un ricchissimo catalogo di optional dal quale è impossibile non attingere. Chi più esemplifica questo mondo fatto di manopole riscaldabili, cromature, pezzi in ergal o ricavati dal pieno, carene e sistemi audio, è senza dubbio la R 1250 RT. L’ho provata recentemente e me ne sono assolutamente innamorato: con lei puoi fare davvero tutto, non ha niente che non va. Tranne un dettaglio: il prezzo. Come altre BMW, la moto full optional è – ahime - lontana da quella “standard”. La distanza esatta, in questo caso, sono 6.000 euro. Sì perchè la RT da me provata costava in realtà poco meno di 27.000 euro, mentre la versione standard a 20.800 è un po' avara di contenuti, inducendo quindi in una ''tendenza a spendere'' definibile come “prodigalità” . Un peccato vedere la RT qui sotto perché, per quello che è in grado di offrire, lei starebbe bene su in paradiso…
5° CERCHIO: ACCIDIOSI E IRACONDI – MAICO 700 2 TEMPI
Maico 700 2 tempi
Ci sono moto che mostrano sin da subito la loro voglia di strapparti le braccia e – se possibile – lanciarti a terra, come se fossero arrabbiate con te. Nella memoria motociclistica della generazione precedente alla mia c’era la Kawasaki 500 Mach III, che coniugava al motore 3 cilindri due tempi una ciclistica che definire “non all’altezza” era un complimento. Nel 5° cerchio Dantesco c’era una fonte d’acqua bollente che scendeva fino alla palude, dove gli iracondi (e gli accidiosi) si ritrovavano sommersi da questo fango dal quale non potranno mai uscirne. Ecco, c’è una moto che è talmente cattiva e “ignorante” che sarebbe in grado di uscire in impennata da quella fangosa palude: la Maico 700 2 tempi. Una moto di cui tutti abbiamo sentito parlare ma che – apparentemente – nessuno ha mai visto, men che meno guidato. Probabilmente, non esiste persona che sia riuscita a scampare alla sua forza bruta… Prodotta in Germania attorno al 2010, questa moto era disponibile sia come motard sia come enduro/cross. Il suo propulsore monocilindrico da 685 cc era capace di erogare fino a 82 CV per un peso di soli 111 kg. 5 marce, raffreddamento ad aria e tante cattive intenzioni. Meglio non scherzare con lei, conviene darsela a gambe prima che sia troppo tardi!
6° CERCHIO: ERETICI – HARLEY-DAVIDSON LIVEWIRE
Harley-Davidson LiveWire
Andare contro la filosofia costruttiva di una casa motociclistica, di solito, può essere visto come controproducente ed “eretico”. Proprio come lo è la LiveWire, la prima moto elettrica di Harley-Davidson. Insomma, cosa c’è di più eretico di una moto naked elettrica per un’azienda che ha solo prodotto roboanti custom con enormi motori termici? Continuo a sostenere fermamente che la LiveWire sia in grado di offrire una bella esperienza di guida, tant’è che di lei ho un piacevole ricordo. Senza dubbio, tra le elettriche, è quella che più mi ha stupito. Purtroppo viviamo in un momento in cui l’elettrico è sì il futuro, ma non fornisce una valida alternativa di una moto a combustione interna. Soprattutto se si considera il prezzo, la ricarica e l’autonomia. Come Farinata degli Uberti, anche la LiveWire vive lo stesso problema di una “vista difettosa”: può guardare al futuro, ma non appena le cose si avvicinano, il suo intelletto diventa vano, rendendola così lontana dalle vicende attuali. Dunque, solo in un futuro fatto di infrastrutture e ricarica rapida si può ovviare alla ridotta autonomia della H-D elettrica.
7° CERCHIO. VIOLENTI – DUCATI SCRAMBLER 450
Ducati Scrambler 450
Ci sono moto “arrabbiate” e iraconde come la Maico 700 2 tempi, e poi ci sono le moto violente nel vero e proprio senso della parola. La violenza di cui parlo non è psicologica, ma fisica come nel caso della Ducati Scrambler 450, arrivata negli anni ’70 al fianco delle più piccole 350 e 250. I suoi 27 CV non incutevano terrore, ma lo faceva il rapporto di compressione elevato (9,3:1) che rendeva pericolosa l’accensione a pedivella. Si dice che il contraccolpo che tirava quando si “spedivellata” era talmente forte e violento che molti hanno subito lesioni importanti al tendine d’Achille. Accenderla a spinta? Praticamente impossibile. Una moto apparentemente innocua che cela un’indole così violenta, non penso sia mai esistita. Di fianco a lei, mi sembra di scorgere anche una Streetfghter 848 prima serie, che cerca di nascondere in fretta e furia i suoi problemi alla ciclistica. Non sono moto di molte parole, per questo proseguo il mio cammino…
8° CERCHIO. INGANNATORI: MV AGUSTA RIVALE 800
Avvicinandosi sempre di più alla parte finale dell’Inferno Motociclistico, la temperatura si alza come quella dell’acqua di qualsiasi MV Agusta intrappolata nel traffico estivo. Casualmente, in questo enorme (e penultimo) cerchio trovo proprio una delle moto della Casa di Schiranna: la Rivale 800. Come tutte le MV, anche lei è dannatamente bella e, con il suo motore tre cilindri da 125 CV, prometteva faville. Peccato che, guidandola, regalava emozioni tutt’altro che positive: il manubrio basso e la sensazione di avere la ruota anteriore quasi sotto le gambe rendevano tutto davvero complicato. Sotto questo aspetto, le MV Agusta attuali sono decisamente migliorate e più user friendly (come la Superveloce 800 e la Brutale 800 Rosso), ma 10 anni fa erano moto scorbutiche e tutt’altro che facili da guidare. Il risultato è una moto dalla grande personalità, ma il suo look incredibile “ingannava” su quello che potevano essere le doti dinamiche. Un prezzo che la Rivale 800 ha pagato caro nel duello con la sua acerrima rivale: la Ducati Hypermotard.
9° CERCHIO. TRADITORI VERSO CHI SI FIDA: DUCATI MONSTER 2021
Ducati Monster 2021: la discesa in piega è fulminea
L’Inferno Motociclistico non è composto solo da moto “brutte e cattive”, ma è pieno – come abbiamo visto – di esemplari dalle grandi doti dinamiche, bellissime, altamente tecnologiche e moderne. Nel 9° cerchio della Commedia c’è Lucifero, l’angelo che ha tradito Dio e – per questo – è stato gettato sulla Terra. Il mondo motociclistico vive di passione che, talvolta, sfocia in una religione alla quale si fa affidamento, con il pensiero che la propria “Casa del cuore” sia la migliore in assoluto. Senza dubbio, Ducati ha una schiera di sostenitori molto coriacei ed altrettanto legati ad alcuni aspetti delle moto Made in Borgo Panigale quali passione, sportività e tradizione. Ecco, come vi sentireste – se non traditi – nello scoprire che uno dei capisaldi del vostro “credo” viene completamente distrutto? È esattamente quello che hanno provato i Ducatisti nel vedere il nuovo Monster senza telaio a traliccio. Non importa che il front frame sia lo stesso della Panigale V4, che abbia la piattaforma inerziale IMU, che sia più potente e più leggera. Lei non è più un Monster, è venuta meno alla tradizione: una moto così bella prima, al cospetto del “Sommo traliccio”, e così brutta ora… merita la punizione massima. Nel vedere il nuovo Monster provo una sensazione di paura e sconforto: perché considerare l’evoluzione una forma di tradimento? È forse giusta questa pena? Perché limitarsi a giudicare una moto per quello che offre è così lontano da quello che deve per forza rappresentare? Sta di fatto che, nella sua caduta agli Inferi, il Monster ha scavato un buco dal quale poter uscire e puntare dritti al Purgatorio.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.