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Abbigliamento obbigatorio: le ultime notizie


Avatar Redazionale, il 01/05/10

14 anni fa - Ancora moto e Leggi: scampato definitivamente il pericolo di una norma sbagliata sull'abbigliamento tecnico, rimangono da valutare alcune proposte, questa volta a favore della moto. A mente fredda, però, forse si è persa una grande occasione...

Ancora moto e Leggi: scampato definitivamente il pericolo di una norma sbagliata sull'abbigliamento tecnico, rimangono da valutare alcune proposte, questa volta a favore della moto. A mente fredda, però, forse si è persa una grande occasione...

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RADIO SENATO "Carissimi motociclisti o appassionati delle due ruote, Voglio informarvi che ho ritirato l'emendamento 20.2 che riguardava l'obbligatorietà delle dotazioni di sicurezza per motocicli e ciclomotori”. Inizia così il comunicato pubblicato sul sito personale del Senatore Marco Filippi, promotore della tanto discussa proposta di legge sull'obbligatorietà dell'abbigliamento tecnico in moto. Il Senatore, nel dare la notizia, argomenta la scelta di ritirare tale emendamento per due motivi: il primo legato al fatto che in termini di sicurezza stradale le priorità sono altre (ovvero la qualità delle strade stesse), il secondo alla consapevolezza che un'imposizione di questo  tipo ha bisogno di maggiore gradualità per essere introdotta.

VITTORIA DI PIRROHa vinto, perciò, il "partito del no” a questo sciagurato emendamento, che ha trascinato con sé anche la proposta fatta da un esponente del Governo – il Senatore Gallo - che mirava a circoscrivere l'obbligo al solo paraschiena, per conducenti e passeggeri di moto con potenza superiore ai 35 kW. Un partito composto da motociclisti, Associazioni di categoria e la quasi totalità della stampa di settore. Ci sarebbe da gioire, quindi, se pensiamo a come l'opinione pubblica sia riuscita, attraverso gli organi di stampa ma non solo, a sollevare un tale moto di protesta da indurre unatanto repentinaretromarcia bipartisan. Tuttavia, allo stato di fatto, alla guida di una moto (o di uno scooter, ovviamente) potremo continuare a vestirci secondo l'estro del momento, senza che quello che indossiamo sia soggetto a omologazione e senza che a tutti sia data indicazione su quale sia una dotazione minima per proteggersi.

BASTIAN CONTRARIO A mente fredda, infatti, i ragionamenti intorno a questa ipotesi di legge aprono alcune questioni non di poco conto. Anche leggendo i numerosi commenti ai nostri articoli e tutto quanto scritto, o detto,  emerge un dato abbastanza preoccupante, riassumibile così: "alla guida di una moto si soffre il caldo ed è scomodo doversi vestire con un abbigliamento adeguato. Per cui, fregandomene bellamente della sicurezza, 'Io motociclista' posso massimizzare il mio senso di libertà adeguando cosa indosso alle condizioni climatiche o al tratto di strada da percorrere”… Bene, senza voler fare di tutt'erba un fascio, forse una legge ben congeniata che obblighi il motociclista a tutelarsi un minimo, sarebbe servita a qualcosa.

VESTITI, PUNTO Parliamoci chiaro. La moto è un mezzo dotato di un equilibrio instabile, per il fatto di utilizzare due soli punti d'appoggio, per cui intrinsecamente (sebbene solo potenzialmente) "pericoloso”. Le strade aperte al traffico sono anch'esse intrinsecamente pericolose e non possono essere progettate e realizzate come circuiti, dove le conseguenze di un incidente o di un errore di valutazione possono essere in parte previste e limitate. Eppure, in pista nessuno si sogna di andar contro l'obbligo di indossare un casco integrale (per di più solo se dotati di chiusura a "doppia D”), una tuta intera (raramente divisibile), guanti, stivali e paraschiena. Senza contare che in pista (generalmente) si cade in curva, spesso a velocità comparabili a quelle possibili anche su strade normali, non quando si sfreccia a oltre 200 orari in rettilineo…

PIEDI PER TERRA È incredibile, quindi, come alcuni pensino ancora – o dichiarino – che l'abbigliamento tecnico possa essere un'eventualità legata al clima o all'esperienza di chi guida. Ciò nonostante, non sempre il tono delle proteste al famoso emendamento ha riguardato il merito della questione, preferendo uno sterile borbottio sul mito della libertà individuale. Al riguardo una cosa è certa: ognuno è libero di mettersi nei guai quando e come vuole, ma lo Stato (a prescindere dal "colore” di chi governa) non può, e non dovrebbe, dimenticare il suo ruolo di garante della legalità e di promotore di regole, anche di quelle impopolari, purché nascano da esigenze o problematiche reali e siano formulate per non essere inutilmente vessatorie.

IL PROBLEMA C'E' La mortalità e le invalidità dovute agli incidenti stradali sono una realtà.
Triste quanto si vuole, ma che vede l'Italia fra le nazioni messe peggio. Pochi ricordano l'obiettivo comunitario di ridurre del 50% (sulla base dei dati del 2000) le vittime sulle strade entro il 2010: bene, pochi Paesi si sono avvicinati al risultato, ma il "Bel Paese” è fra quelli che meno hanno fatto al riguardo (-33%, contro il -53,9 del Lussemburgo, il -52,9 del Portogallo, il -50,2 della Lettonia, il -47,1 della Francia, il -46,3 della Spagna e il -40,3 della Germania). Per cui, purtroppo in moto si va all'altro mondo e purtroppo si rischia, come minimo, invalidità più o meno gravi: perché chi ci governa non dovrebbe tentare di limitare il più possibile il fenomeno? Dovrebbe solo cercare di farlo nel modo migliore, cosa che, nel caso del famoso emendamento 20.2 (e 20.3), non è successo.

EPPUR SI MUOVE La buona notizia, tuttavia, è che non tutto è perduto e ci sono almeno due possibilità all'interno del lavoro dei legislatori che potrebbero andare a favore dei motociclisti. Nel DDL 1720, infatti, c'è una previsione di norma che imporrebbe, qualora venisse approvata, una redistribuzione degli introiti delle multe a favore degli investimenti per le infrastrutture. Le novità sono inserite nell'emendamento 28.100 (giunto alla terza revisione di testo) e prevedono percentuali definite del totale incamerato con le sanzioni applicate dal Codice della Strada da destinare: "per la realizzazione degli interventi previsti nei programmi annuali di attuazione del Piano nazionale della sicurezza stradale; una quota non inferiore a un quarto delle risorse di cui alla presente lettera è destinata a interventi specificamente finalizzati alla sostituzione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione della segnaletica stradale; un'ulteriore quota non inferiore a un quarto delle risorse di cui alla presente lettera è destinata, ad esclusione delle strade e delle autostrade affidate in concessione, a interventi di installazione, di potenziamento, di messa a norma e di manutenzione delle barriere, nonché di sistemazione del manto stradale”.

ITER COMPLICATO Purtroppo l'iter approvativo di questo provvedimento ha già alcuni ostacoli da superare, primo fra tutti un parere contrario dellaquinta Commissione bilancio del Senato, per cui i prossimi giorni saranno nuovamente decisivi. Entro il 4 maggio, poi, si voterà anche su un'ulteriore proposta di legge" che da circa due anni aspetta di essere approvata. Si tratta del DDL 116, proposto dal Senatore Cutrufo e volta alle:modificazioni al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, finalizzate all'incentivazione della mobilità con motocicli”. La cosa si fa interessante…

SOLDI AGLI ENTI LOCALI Riassumendo, il DDL proposto da Cutrufo parte dal presupposto che i veicoli a due ruote sono ormai diventati una reale alternativa all'auto. Da qui la nascita di una nuova categoria di utenti - quelli delle due ruote -  per la quale questo Senatore vuole creare un fondo apposito, il cui scopo sarebbe proprio la promozione dell'uso della moto. Questo fondo di 30 milioni di euro, quindi, tenderebbe a coinvolgere gli enti locali e stimolarli alla creazione di progetti volti alla risoluzione di problematiche sul territorio che possano avere delle conseguenze sugli utenti delle due ruote.

CARRELLI E TANGENZIALI L'istituzione di detto fondo, poi, rientra in un elenco di norme a favore del motociclista, che vanno dalla depenalizzazione del divieto di sosta per le moto alla libera circolazione sulla corsia d'emergenza in caso di coda; dalla possibilità di omologare i carrelli appendice anche per le moto all'allargamento ai mezzi a due ruote come veicoli utilizzabili per il servizio taxi. Infine, con questa proposta di legge si vorrebbe permettere l'accesso alle autostrade e alle tangenziali dei veicoli a due ruote superiori ai 100 cc e risolvere un "buco” legislativo, secondo il quale ai neopatentati per la patente "B”, ma in possesso della patente "A” da più di due anni, vengono raddoppiate le sanzioni e la decurtazione dei punti patente, come accade ai neo-patentati con la sola patente per l'auto.

INCROCIAMO LE DITA
Come si intuisce, sono norme il cui impatto è molto variabile e sulle quali alcune remore rimangono. Trovo, infatti, che depenalizzare il divieto di sosta o permettere la marcia libera sulla corsia d'emergenza sia eccessivo, oltre a sollevare alcuni dubbi sull'eguaglianza fra i cittadini e sulla pericolosità di alcuni comportamenti. Quello che conta, invece, è la finalità del "Fondo per il sostegno alla mobilità motociclistica”, le cui risorse, stando alla proposta di legge, dovrebbero andare a progetti che incentivino: "la sicurezza stradale; "l'educazione stradale all'uso del ciclomotori e del motociclo; l'educazione ambientale, con particolare attenzione ai metodi di riduzione delle emissioni e del consumo di carburante; gli usi socialmente utili di ciclomotori e motocicli; la promozione di eventi sportivi motociclistici; la mobilità urbana motociclistica; il turismo motociclistico”. Si vota entro il 4 di maggio: incrociamo le dita…


Pubblicato da Michele Losito, 01/05/2010
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