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Una gara faticosa e piena di colpi di scena ci ha visto sfiorare di nuovo il podio dopo otto ore tiratissime. Ancora una volta un'esperienza da ricordare.
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SE CAPITA A LUI... Diciamo così, se anche uno come Valentino può essere rallentato dai problemi tecnici perché non dovremmo esserlo anche noi? Per fortuna a noi è andata meglio che al Dottore, non ci siamo giocati la gara anche se torniamo a casa da Albacete con in bocca un sapore dolceamaro. Dolce perché siamo riusciti a finire in ottima posizione una gara davvero lunga e faticosa (ventitreesimi assoluti e quarti di categoria a meno di un minuto dal terzo). Amaro perché, vi dico la verità, ci avevamo preso gusto e a poco meno di due ore dalla fine, quando eravamo diciannovesimi, stavamo quasi pregustando il secondo podio della classe Stock.
PARTITI! (GLI ALTRI) Tutto questo dopo una partenza che definire disastrosa è dire poco (guardate il filmato per rendervene conto). Al via è successo davvero di tutto, compreso un meccanico travolto da un concorrente e finito all'ospedale. Una gara iniziata subito con la safety car in pista, e proprio grazie alla safety car (e alla sfortuna degli altri) siamo riusciti a non perdere troppo terreno dalla concorrenza. Abbiamo poi capito una cosa: le gare di endurance sono lunghissime, infinite, ma poi si risolvono sempre con distacchi ridicoli tra i concorrenti, ogni secondo perso o guadagnato ha la sua importanza e anche una partenza sbagliata si può pagare cara.
SOSTA FORZATA Noi non abbiamo perso secondi ma minuti, sei minuti preziosissimi che ci sono costati 4 posizioni e il podio che avevamo saldamente in pugno. Succede che dopo la "malapartenza" recuperiamo un sacco di terreno, grazie a buoni pit stop ed al bel passo che riusciamo a tenere. Peròdurante il mio turno, in piena piega, la moto si ammutolisce di colpo, un maledetto contatto elettrico causa un breve black out. Mentre procedo a passo di lumaca smadonnando come uno scaricatore per la paura di veder di nuovo sfumare tutto, tento un riavviamento. La moto riparte, si rispegne, riparte di nuovo. Azzardo, continuo e non mi fermo ai box, la moto riprende a marciare come un orologio e nel mio turno riusciamo a recuperare 5 posizioni. Il problema però si ripresenta ad Arnoldi che stava viaggiando come un assatanato. Anche lui la riaccende ma decide di fermarsi ai box.
DUBBIO AMLETICOCosa avreste fatto voi? Vi sareste fermati perdendo un po' di tempo oppure avreste continuato tentando la sorte ma rischiando anche di non finire? Noi ci siamo fermati, abbiamo controllato l'impianto elettrico (ma non c'era niente fuori posto) e ci siamo giocati quei sei minuti che se ci sono costati il podio ma ci hanno però permesso di finire la gara. Se avessimo fatto altrimenti non sappiamo come sarebbe andata a finire. Invece è andata bene, il problema non si è più ripresentato e abbiamo rimontato una posizione finendo la gara come già sapete. Per chi come noi è alla sua prima gara veramente lunga, finire ai piedi del podio non è certo un risultato da buttare, anche perché grazie ai punti incamerati siamo anche quarti nella classifica del mondiale classe stock, ci avreste mai creduto?
CI VUOLE IL FISICO Quanto a me, mai e poi mai avrei pensato di avere un resistenza di questo tipo in sella ad una moto da corsa. Il mese passato tra la gara di Le Mans e questa non è stato certo ricco di allenamenti, anzi è stato l'esatto opposto. E visto che in prova riuscivo a malapena a reggere mezz'ora (anche perché le prove sono di giorno e fa un caldo terrificante) immaginate come potevo sentirmi quando ho saputo che grazie ai consumi ridotti della moto ci toccano almeno due turni di guida da un'ora e dieci a testa. Tradotto: 41 giri da percorrere a cannone in un toboga che non lascia tregua. Stavolta ho paura di finire bollito dopo metà turno, invece l'adrenalina fa guarire tutto: fatica e dolorini muscolari vari.
DAL SOLE AL BUIO Quando faccio il mio ingresso in pista sono le 20 passate, c'è ancora tanta luce e quel sole basso che non ti fa vedere niente. In più devo per forza entrare con la visiera chiara perché il mio turno è proprio a cavallo del tramonto. In un paio di curve almeno non vedo una mazza, gli occhi mi bruciano e non vedo l'ora che quel sole maledetto sparisca all'orizzonte. Tant'è che quando inizia a fare buio giro addirittura più forte che di giorno e il passo è ottimo, circa un secondo più lento che in prova, quasi lo stesso dei miei due compagni, anche se il feeling con la moto non è più lo stesso che avevo durante il warm up.
CAMBIA IL FEELING Una cosa strana, questa, che però rilevano anche i due Ivo, probabilmente perché il warm up si è tenuto alle 2 del pomeriggio (con quindi molto caldo) e la gara in piena notte, con almeno 15 gradi in meno. In condizioni così differenti è anche logico che le sospensioni lavorino in modo diverso. Ecco perché ad ogni sosta ritocchiamo leggermente l'assetto fino a ritrovarne uno valido. Ma sono davvero contento. Sì, insomma, non sono più la "zavorra" del gruppo ma adesso riesco anche a contribuire al risultato mettendoci del mio.
MEGLIO IL BUIO Riesco perfino a divertirmi in qualche bagarre notturna passando più di una superbike. Di notte, in fondo, è quasi più facile sorpassare visto che la luce proiettata dal faro sull'asfalto logora un po' l'avversario che ti lascia presto strada. Le Bridgestone non sono più una sorpresa. Ancora una volta le 002, caldo o freddo che sia, confermano di essere gomme davvero di alto livello consentendoci di tenere un gran passo anche con il pieno, senza metterci mai in difficoltà, sebbene qui al posteriore sia richiesto un superlavoro, viste le tante curve lente dove si spalanca il gas con marcia bassa.
POCO RIPOSOQuando termino il mio primo turno ho male dappertutto, non so come potrò farne un altro anche perché il riposo è veramente limitato. Le due ore e mezza, in pratica si riducono ad un'ora scarsa perché tra il tempo che ci si spoglia, ci si fa una doccia e si mangia qualcosa è già ora di rivestirsi in attesa di ripartire. Eppure quando arriva il tuo momento sei lì, carico pronto a risalire, magia della competizione. Gli altri 40 giri mi sembrano perfino più corti dei primi e il passo non è nemmeno calato di molto. Sono contento, anche se non oso pensare come possa essere una 24 ore.
LA TUTA SCOMPARSA Quando rientro ai box per lasciare la moto ad Arnoldi lui mi si presenta con una tuta Ducati gialla. Ma che diavolo succede? Semplice,qualche simpaticone ha pensato bene di fargli sparire la sua stesa ad asciugare nel camion, ci sarà un Arnoldi in più in giro per la Spagna. Quello originale è tornato a casa con me, pronto per la prossima trasferta di Zolder. Questo mese, giuro, mi alleno.