Il secondo round del World's Fastest Gamer su iRacing si è tenuto ad Austin, sul difficile Circuit of The Americas
A STELLE E STRISCE Nemmeno il tempo di gioire dei risultati ottenuti sull'ottovolante di Suzuka che è stato subito il momento di prepararci per la seconda sfida del World's Fastest Gamer sul simulatore iRacing. Stavolta siamo scesi tra i cordoli del difficile Circuit of The Americas, ad Austin: lungo 5,513 km, presenta 20 curve che seguono l'andamento naturale della zona circostante dove sorge con dislivelli veramente spettacolari.
ADATTAMENTO DIFFICILE Proprio per questo motivo il nostro adattamento alla pista statunitense non è stato privo di problemi. Dal momento che avevamo come metro di riferimento la velocissima Suzuka, sul COTA abbiamo percepito immediatamente delle difficoltà nel regolarci con alcune delle staccate più furiose che lo caratterizzano. Quella della prima curva tutta in salita ci ha mandato in testacoda sia in ingresso che in uscita, mentre quella della curva 12, posta al termine del lungo rettilineo di 1 km sul quale si raggiungono velocità superiori ai 330 km/h, ci ha portato in tantissimi casi al bloccaggio, con conseguente perdita di decimi preziosi sul tempo finale.
FRENO A MANO TIRATO Trovato il giusto compromesso per quanto riguarda il set-up da gara, un po' più reattivo in fatto di sospensioni ma anche a livello dei settaggi dell'elettronica di bordo, ci siamo buttati immediatamente nella mischia con la nostra prima gara. Ma se in prova avevamo un ritmo, durante i 18 giri di corsa la nostra fiducia si è praticamente azzerata: i nostri tempi medi erano di qualche secondo più alti e anziché lasciar scorrere la nostra monoposto tenevamo un piede sempre puntato sul pedale del freno nei punti più critici della pista. Il nostro risultato finale? Solamente un sesto posto sotto la bandiera a scacchi, che si è ripetuto nella seconda manche di giornata dove la nostra voglia di riprovare a fare qualcosa di meglio è stata influenzata da una McLaren fin troppo propensa alla perdita di aderenza e al sottosterzo.
OCCASIONE MANCATA Nella terza gara sul Circuit of The Americas avremmo potuto lottare per la vittoria... se non fosse che i problemi cronici della nostra MP4-30 si sono manifestati tutti in un colpo. Dalla terza posizione in qualifica siamo partiti bene ma abbiamo deciso di aspettare qualche giro prima di attaccare gli avversari davanti a noi. Poi, sul più bello... un testacoda improvviso al termine delle “esse” del primo settore. Non ci siamo persi d'animo, siamo ripartiti e alla fine avremmo potuto conquistare la medaglia d'argento: purtroppo siamo arrivati tardi a ridosso del secondo classificato e a nulla è servita la tattica “tutto o niente” dell'ultima curva, nella quale ci siamo buttati letteralmente verso la bandiera a scacchi “accontentandoci”, in ultimo, del gradino più basso del podio.
FINO ALLA FINE Nelle ultime due gare ad Austin abbiamo capito che, per questo appuntamento, avremmo dovuto giocare in difesa portando a casa dei preziosi piazzamenti che fanno punteggio e, soprattutto, esperienza. La penultima corsa siamo scattati con il coltello tra i denti, ma la prima curva è diventata come la via principale di una metropoli nell'ora di punta: qui siamo stati centrati da un paio di avversari, siamo riusciti a ripartire e abbiamo chiuso con il quarto posto al traguardo a pochi secondi dal terzo classificato. Guardando le condizioni della nostra McLaren ai box, abbiamo poi capito quanto siamo stati fortunati: l'alettone anteriore era mezzo rotto e tutta la monoposto tendeva verso destra, e questo ha sicuramente inficiato un podio che era probabilmente alla nostra portata.
FUMO DALLE ORECCHIE E così siamo giunti al nostro ultimo appuntamento sul COTA statunitense: partiti alla grande dalla terza posizione in griglia, stavamo tenendo un buon passo nei primi giri, quando, come al solito... bè lo sapete, ormai. Purtroppo né noi né la nostra McLaren abbiamo granchè digerito questo circuito, visto che in quasi tutte le occasioni siamo rimasti vittima di alcune importanti perdite di aderenza al retrotreno che hanno condizionato le nostre prestazioni. Quando in quest'ultimo appuntamento siamo finiti per l'ennesima volta in testacoda a causa del sottosterzo il fumo ha cominciato a uscirci dalla orecchie, ma alla fine un incoraggiante quarto posto sotto la bandiera a scacchi ci ha ripagato dei nostri sforzi. Avremmo voluto fare di più, ma il nostro feeling con la pista di Austin non è mai stato ottimale, nonostante il nostro fine lavoro di set-up e la nostra guida che è gradualmente migliorata di gara in gara. Ora, però, ci aspetta la terza tappa, che prenderà il via sull'Autodromo di Monza. Riusciremo a recuperare la competitività mostrata sull'ottovolante di Suzuka?