NUMERI E PARALLELISMI Cinque anni in pista, sei stando ai freddi numeri su quei contratti che ne contengono altri di numeri, più importanti, e sui quali Sebastian Vettel e la Ferrari non sono riusciti a mettersi d'accordo. Tanto è durato (e durerà, Covid-19 permettendo) il matrimonio tra il campione tedesco e la scuderia italiana, con una data di scadenza ormai ben chiara: fine 2020. Ma non è su un balletto delle cifre (peraltro non ancora del tutto chiarito) che va ricercato il vero motivo del divorzio, bensì nel costante ripetersi, anno dopo anno, di disillusioni e delusioni sempre maggiori, che hanno portato Seb a ripercorrere le orme di un altro fenomeno approdato a Maranello lo scorso decennio senza riuscire a portarsi a casa il titolo: Fernando Alonso. Ma i paragoni tra il tedesco e lo spagnolo finiscono qui. Paradossalmente la storia ci riconsegna un tedesco molto più emotivo rispetto a uno spagnolo quasi glaciale, chirurgico nel suo essere pilota Ferrari, dentro e fuori dalla pista. E forse tutto ciò è accaduto perché Seb ha sempre dato la sensazione di amare davvero quella macchina che stava guidando e i colori per cui correva, sentendone ogni grammo della pressione. Il rammarico più grande resta proprio quello umano, al margine di un matrimonio che non ha dato grossi frutti né, dunque, mantenuto le sue promesse.
ESORDIO POSITIVO Seb è sempre stato un pilota che per rendere al meglio, ha avuto bisogno di sentire il sostegno incondizionato della sua squadra, esattamente ciò che gli è mancato nell'ultimo periodo in Ferrari, e che invece aveva trovato nel 2015, appena arrivato. Vettel giunse a Maranello al termine di una delle stagioni più difficili della sua carriera (durante la quale, dopo quattro titoli consecutivi vinti, si sentì messo in disparte in Red Bull dall'approdo dell'effervescente Daniel Ricciardo), e qui ritrovò il sorriso smarrito. Il 20 novembre 2014, all'inizio dell'ultimo weekend iridato ad Abu Dhabi, venne annunciato l'accordo tra lui e la rossa, e dopo appena cinque giorni il tedesco era a Fiorano a provare una vecchia F2012 riadattata: tanta era la voglia di voltare pagina e cominciare un nuovo capitolo. Il primo anno in rosso è - a tratti - entusiasmante. Il primo podio arriva con l'esordio di Melbourne, la prima vittoria con la seconda gara di Sepang, poi ancora tre podi nei quattro GP successivi. Siamo agli albori dell'epoca Mercedes, ma i segnali lanciati da Vettel e dalla Ferrari per il futuro sono positivi. A fine stagione Seb può contare altre due vittorie, a Budapest e a Singapore, 278 punti, 13 podi e un terzo posto iridato dietro al duo Mercedes, Hamilton e Rosberg, annichilendo il compagno Kimi Raikkonen con cui è però amico e continua a mantenere un'ottimo rapporto.
ANNO NATO MALE Nel 2016 arrivano i primi problemi. La SF16-H non mantiene le promesse, nonostante un buon avvio di stagione e un primo GP in Australia che avrebbe potuto regalargli una sorprendente vittoria, non fosse stato per la bandiera rossa derivata dallo spettacolare incidente tra Alonso e Gutierrez. Finì terzo, mentre alla gara successiva in Bahrain neanche corse a causa di un problema al motore durante il giro di formazione.Vettel si riscattò in Cina con un bel secondo posto, poi arrivò il ritiro di Sochi in un weekend che lo aveva visto secondo in qualifica ma retrocesso in griglia a causa della sostituzione del cambio. Partendo settimo venne centrato dal ''Torpedo'' Kvyat alla prima curva e dovette arrendersi. Nel frattempo Hamilton aveva infilato quattro vittorie su quattro e dichiarato il mondiale di Seb già sostanzialmente chiuso. Alla gara successiva, il GP di Spagna, le due Mercedes si buttano fuori pista dopo il via e il tedesco sembra avere tutto per vincere, ma una strategia sbagliata lo condanna a lottare con Ricciardo per il terzo posto, mentre il suo compagno Raikkonen veniva beffato dall'astro nascente Verstappen, vittorioso al debutto con la Red Bull (al posto proprio di Kvyat, che dopo Sochi fu retrocesso in Toro Rosso). Il resto del mondiale è una via crucis. Seb lotta nelle tre gare successive, giungendo quarto a Monaco e due volte secondo in Canada e a Baku, ma sono gli ultimi lampi di stagione. Nelle 13 gare rimanenti i rivali prendono il sopravvento e arrivano solamente altri due terzi posti per lui, a Monza e nella gara conclusiva di Abu Dhabi: troppo poco anche solo per mantenere la terza posizione in classifica, superato da Daniel Ricciardo, e tallonato dalla stellina Max Verstappen, giunge quarto.
LA GRANDE OCCASIONE Dopo un'annata senza vittorie, il 2017 sembra essere di tutt'altro tenore per Vettel e per la Ferrari. Lewis Hamilton è ancora un po' suonato dal mondiale perso all'ultima gara con Nico Rosberg, e la Mercedes non ha ancora sviluppato del tutto il suo gioiello. A Maranello invece, visto il campionato già ampiamente perso nelle prime gare della stagione 2016, tutti gli sforzi si sono concentrati anticipatamente sulla nuova SF70H, che si rivelerà complessivamente la miglior macchina che Vettel abbia avuto tra le mani. Il tedesco parte forte, riprendendosi in Australia la vittoria smarrita l'anno prima e dopo le prime sei gare vanta altri due successi (in Bahrain e Monaco) e tre secondi posti (Cina, Russia, Spagna). Sembra l'anno buono, e dopo la doppietta rossa di Monte Carlo (era dal GP di Germania 2010 che due Ferrari non chiudevano ai primi due posti di una gara) guida la classifica con 129 punti e 25 di margine su Hamilton. Nelle tre gare successive cominciano però gli scricchiolii: in Canada si tocca on Verstappen; a Baku perde la pazienza e tampona volontariamente Hamilton durante la Safety Car ricevendo (fu graziato) uno stop & go e gettando alle ortiche una probabile vittoria; in Austria si prende un bel secondo posto beffato da Bottas. I punti di margine sono ancora 20, ma in Gran Bretagna giunge settimo a causa di una gomma forata (non avrebbe comunque vinto) e torna a sentire il fiato sul collo del rivale, vittorioso e distante un solo punto. A Budapest Vettel bissa il successo del 2015 e torna a +14 su Hamilton, mantenendo la vetta anche nel GP del Belgio dove è secondo dietro al britannico. Il sorpasso arriva a Monza, con Lewis primo e lui terzo ma è solo nelle tre gare successive che Seb getterà la spugna. A Singapore è coinvolto nel famoso incidente a tre al via con Verstappen e Raikkonen ed è costretto al ritiro, poi giunge quarto a Sepang e arriva un nuovo ritiro a Suzuka per problemi tecnici: il mondiale è andato. Nelle ultime quattro gare vincerà in Brasile e conquisterà altri due inutili podi, che lo condurranno comunque al secondo posto iridato, ma distante 46 punti da Hamilton.
LA SECONDA GRANDE OCCASIONE Nel 2018 Vettel ci riprova e inizia di slancio la stagione vincendo sia in Australia che in Bahrain. La SF71H è una buona macchina, che sembra fatta su misura per lui, ma già nel terzo GP cominciano i problemi. Il tedesco scatta in pole a Shanghai, commette qualche errore in avvio e si tocca con Verstappen al giro 43, finendo ottavo e con la macchina danneggiata. Hamilton riprende la vetta iridata con le vittorie a Baku e Barcellona, dove Seb è due volte quarto, ma stavolta non molla, e giunge davanti al britannico a Monaco (2°) e a Montreal, dove vince la terza gara stagionale riportandosi in vetta per un punto (121 a 120). Vettel esce dal triplo back-to-back successivo con la vetta della classifica ancora in tasca per 8 punti, giungendo quinto in Francia, terzo a Spielberg (dove Hamilton esce) e vincendo a Silverstone, ''a casa loro'', come sottolineerà in italiano nel team radio celebrativo. È l'apice della carriera di Seb in rosso, da qui in poi Lewis si travestirà da moderno Michael Jordan, e risponderà in pista alla sua provocazione, diventando quasi imbattibile. Due settimane dopo arriva il primo di una serie di errori che caratterizzeranno la carriera successiva di Vettel, con il tedesco al comando del GP di casa a Hockenheim che commette un errore e si insabbia al Motodrom. Hamilton vince, e farà così anche in Ungheria, portando il vantaggio nel mondiale a 24 punti. La vittoria di Spa-Francorchamps, con il bel sorpasso al primo giro proprio su Lewis, sarà una sorta di placebo per Sebastian, la sua 13° in rosso, al pari di Alberto Ascari. A Monza Seb si toccerà proprio con Hamilton, girandosi e concludendo quarto in rimonta dalle retrovie, con Hamilton indisturbato vincitore in Italia e nelle successive tre gare, dove Seb raccoglierà due terzi posti e un sesto, in Giappone, con tanto di testacoda alla spoon nel tentativo di passare Verstappen. Anche questo mondiale è andato. Non arriverà più alcuna vittoria per il tedesco, solo due secondi posti (Messico e Abu Dhabi), qualche altro errore di frustrazione e la piazza d'onore in classifica, a ben 88 punti dal rivale della Mercedes.
L'ANNO PIÙ DIFFICILE I tanti errori del 2018 iniziano a pesare sulla fiducia di Sebastian Vettel, con la Ferrari che toglie dal suo fianco il fido (e regolarmente battuto) Kimi Raikkonen, e gli piazza il giovane astro nascente proveniente dal vivaio, il monegasco Charles Leclerc. Un ennesimo motivo di pressione per il pilota tedesco, che parte comunque con i gradi di caposquadra. La stagione però si rivelerà ben più dura del previsto, e dopo poche gare è stato subito chiaro che il titolo fosse una questione praticamente già chiusa a favore del solito Hamilton. Vettel riuscirà a tenere a bada il suo compagno giusto fino all'estate (con sei podi ma nessuna vittoria), mollando quasi definitivamente di testa dopo il Gran Premio del Canada, che ha concluso al primo posto davanti a Hamilton, ma salendo sul secondo gradino del podio per via di una controversa penalizzazione. Celebre rimarrà la sua immagine in cui inverte i pannelli con il numero 1 e 2 davanti alla sua auto e a quella di Lewis in segno di protesta con la decisione presa dalla Direzione Gara. Sarà il penultimo sussulto del campione in rosso. L'ultimo arriverà un po' fortunosamente a Singapore, sua 14° (sin qui) affermazione con la Ferrari, avvenuta dopo la sorprendente doppietta di Charles Leclerc tra Spa e Monza. In quella gara la squadra favorirà Seb ai box, privando di fatto Charles della tripletta, ma i rapporti tra i due si erano già deteriorati a Monza, quando Leclerc non gli aveva restituito il gioco di scie in qualifica tenendosi la pole, e lui era stato protagonista alla domenica dell'ennesimo testacoda. Lì qualcosa si è rotto, e ha finito di rompersi a Interlagos, quando frustrato per il sorpasso appena subito da Leclerc, non ha fatto nulla per evitare il contatto con il compagno nelle ultimissime fasi di gara: un patatrac che, se la stagione 2020 non dovesse ripartire a causa della crisi sanitaria globale, rischia di rimanere l'ultima nitida, infelice (e ingiusta) immagine del Vettel ferrarista.