DALLE STELLE ALLE STALLE Giusto un anno fa, le due piste veloci di Spa e Monza videro Charles Leclerc ottenere due volte la doppietta pole position/vittoria nell'arco di una settimana. Uno scenario completamente opposto a quello di quest'anno, dove la Ferrari può ambire al massimo alla Q2 in qualifica e in gara pare non avere armi per entrare nella zona punti. Una situazione figlia delle indagini sulla discussa power-unit di Maranello, iniziate nell'autunno del 2019 proprio sulla scia delle prestazioni della SF90H nei GP Belgio e GP Italia. A far esplodere le proteste degli avversari, fin lì sospettosi ma senza qualcosa di concreto a cui appigliarsi, fu paradossalmente la vittoria meno dominante del previsto della Rossa nel gran premio di casa.
F1, GP Italia 2019: Charles Leclerc (Ferrari) transita sotto alla bandiera a scacchi
IL TRIONFO BELGA Riavvolgiamo il nastro a 12 mesi fa. A Spa, la Ferrari monopolizzò la prima fila, con Leclerc che inflisse ben 7 decimi di distacco a Lewis Hamilton. Il distacco era figlio del secondo e un decimo che la W10 pagava alla SF90 sui rettilinei, mitigato solo in parte dai 4 decimi recuperati nel tratto guidato centrale. Il monegasco ottenne poi la prima vittoria, comandando la gara con un margine arrivato fino a sei secondi su Hamilton, prima di rallentare nel finale e chiudere con meno di un secondo di vantaggio sul campione del mondo. Un risultato comunque preventivabile, considerando che la Ferrari lo scorso anno aveva presentato una vettura con minor carico aerodinamico rispetto alla Mercedes, ma anche con un vantaggio di potenza del motore stimato in 25cv durante le qualifiche e in generale una bassa resistenza all'avanzamento della monoposto (il famoso drag che invece quest'anno sta affossando la SF1000).
IL SOSPETTO MONZESE Sulla carta, a Monza le caratteristiche della SF90 avrebbero dovuto trovare lo scenario perfetto per venire esaltate al loro massimo. Nonostante il bis di quanto avvenuto in Belgio, il weekend del GP Italia vide invece la Ferrari costantemente braccata dalla Mercedes. In qualifica, Leclerc ottenne la pole staccando di meno di un decimo Hamilton e Valtteri Bottas, i quali in gara passarono alternativamente la maggior parte del tempo a pressare il monegasco, pur senza riuscire a superarlo. La prestazione della Ferrari a Monza venne così analizzata a fondo dagli avversari e l'attenzione si concentrò sul flusso di carburante, regolamentato a 100 kg/h. Un limite che non si può pensare di superare per tutta la durata di un gran premio, considerando il serbatoio da 110 kg. Le eventuali violazioni si dovevano allora concentrare sui tratti in uscita dalle curve, dove si possono trarre i maggiori benefici da un flusso superiore al consentito.
I VANTAGGI DEL FLUSSO DI BENZINA Non stupì dunque quanto mostrarono i dati delle velocità a Monza, in particolare nel tratto tra l'uscita della Parabolica e la speed trap posta alla fine del rettilineo del traguardo: la Ferrari passava da 321,8 km/h a 349,7, la Mercedes da 321,1 a 338,3. Una differenza di incremento di oltre 10 km/h, fondamentale poi la domenica per permettere a Leclerc di difendersi dagli attacchi degli avversari, i quali non sono mai riusciti a superarlo nonostante l'aiuto del DRS. In questo modo si spiegava anche il minor vantaggio della SF90 a Monza rispetto a Spa: il tracciato belga ha più curve dove sfruttare questo ''boost'' rispetto a Monza. Ciò spiegherebbe anche il successo di Vettel a Singapore, su un circuito cittadino ma con tanti rettilinei preceduti da uscite da curve lente. Gli avversari hanno così cominciato a sospettare che il motore di Maranello riuscisse a violare il limite inviando falsi segnali al flussometro. C'era però un ostacolo: il regolamento prevedeva infatti di dichiarare il carburante imbarcato per la gara, in modo che la differenza con la quantità rimasta a fine gara dovesse coincidere con quanto dedotto dal flussometro.
F1 2019: dettaglio zona motore Ferrari
IL CASO DI ABU DHABI L'unico modo per raggirare questa seconda norma era quello di calibrare male l'attrezzatura di misurazione del carburante imbarcato, in modo che mostrasse meno di quanto effettivamente inserito. In novembre, dal GP Stati Uniti, la FIA aveva cominciato a reagire alle proteste degli avversari con le prime direttive tecniche, che non a caso riguardavano il flussometro. Nella gara conclusiva, il GP Abu Dhabi, prima del via venne fatto un controllo a campione sulla benzina dichiarata dalla Ferrari e si scoprì che il team di Maranello aveva dichiarato quasi 5 kg in meno di quanto effettivamente inserito. Per quell'episodio il Cavallino Rampante venne multato di 50.000 euro, ma da solo non bastava a provare che nella stagione 2019 stesse violando il limite del flusso di carburante. La FIA, però, partì dal presupposto che ciò fosse esattamente quello che stava accadendo, emanando nuove direttive tecniche che andavano a colpire proprio questa possibile pratica.
IL CERCHIO SI CHIUDE Di fatto, questo è stato il colpo di grazia per la Ferrari. A febbraio, abbiamo trovato nei test invernali una SF1000 da subito apparsa molto lenta, in particolare sui rettilinei. Al termine delle due settimane a Barcellona, poi, venne emesso il discusso comunicato sull'accordo raggiunto tra FIA e scuderia di Maranello una volta concluse le indagini sulla power-unit italiana, senza renderne pubblici i dettagli. Per il Cavallino Rampante, però, è iniziata una via Crucis da vivere con una macchina progettata sulla base di un motore potente (irregolare?) come quello dello scorso anno e improvvisamente ritrovatasi con un drag troppo elevato per i cavalli che la power-unit 2020, duramente colpita dalle direttive della FIA, è capace di sprigionare. 12 mesi dopo, il cerchio si sta chiudendo con il disastro già visto in Belgio e che, molto probabilmente, vedremo anche questo weekend a Monza.