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Formula 1

Maldonado: i contatti con la Ferrari e il no alle passeggiate della domenica


Avatar di Luca Manacorda, il 08/05/20

4 anni fa - Il venezuelano ha ricostruito gli anni cruciali per la sua carriera

Maldonado: dalle trattative con la Ferrari al no alla Sauber
Ospite di RadioBox, Pastor Maldonado ha ricostruito quanto avvenuto dietro le quinte negli anni cruciali per la sua carriera in F1

TALENTO IRREQUIETO La fama di Pastor Maldonado è legata soprattutto ai tanti incidenti che lo hanno visto protagonista, ma il venezuelano è comunemente riconosciuto dagli addetti ai lavori come un gran talento, in grado di vincere il titolo della GP2 prima di approdare in F1 e giusto con questo 'piccolo' problema della propensione alla carneficina in pista. Lo scorso anno, l'ex pilota di Williams e Lotus aveva confidato di aver avuto delle discussioni con la Ferrari circa un suo possibile approdo a Maranello negli anni in cui debuttarono i nuovi motori ibridi. Nel corso dell'ultima puntata del nostro podcast RadioBox, abbiamo chiesto a Maldonado di ricostruire come andarono le cose.

F1 2013: Pastor Maldonado (Williams)F1 2013: Pastor Maldonado (Williams)

ANNI RIVOLUZIONARI È doveroso ricostruire prima la situazione di quegli anni. La Williams nel 2013 sta vivendo un'annata molto negativa, nella quale conquisterà solo 5 punti. Maldonado inizia a valutare l'addio al team di Grove. È l'ultima stagione prima dell'introduzione del nuovo regolamento tecnico che porterà alle power-unit ibride e all'inizio del dominio Mercedes. La Red Bull è la scuderia da battere e completa facilmente per la quarta volta consecutiva la doppietta di titoli iridati, mentre alle sue spalle crescono proprio le Frecce d'Argento che si piazzano al secondo posto della classifica Costruttori, davanti alla Ferrari e alla Lotus. L'anno successivo, questo gioco di forze si ribalterà: Mercedes dominante, Williams a contendere il ruolo di seconda forza alla Red Bull, Ferrari e Lotus in netto calo. In questo scenario, si svolgono i contatti tra Maldonado e il team di Maranello, il quale nel 2014 visse una vera e propria rivoluzione: dentro Kimi Raikkonen al posto di Felipe Massa, girandola di team principal con Stefano Domenicali che in primavera lascia il posto a Marco Mattiacci il quale a fine anno verrà rimpiazzato da Maurizio Arrivabene e storico cambio al vertice del Cavallino Rampante, con la presidenza che passa da Luca Cordero di Montezemolo a Sergio Marchionne. Ultima ma non ultima, la sostituzione a fine stagione di Fernando Alonso con Sebastian Vettel.

LA VERSIONE DI PASTOR Fatte le dovute premesse, ecco la ricostruzione che Maldonado ha fatto nel corso del nostro podcast: ''È stato un momento molto positivo nella mia carriera. Nel 2012 ho vinto la mia prima gara, ero appena al mio 24esimo Gran Premio di F1. La vittoria è arrivata molto presto, se guardiamo anche ad altri campioni che sono stati in F1. Diciamo che ero il pilota giovane che aveva vinto, tra quelli nuovi di allora e si cominciava a vedere qualche problema in Williams, mentre il mio nome era gettonato. Tanti team erano intessati a parlare con me e il mio entourage, magari non per l'immediato, dato che tutti sapevano che avevo un contratto a lungo termine con la Williams. Si cominciava a parlare con altri team e uno di questi era la Ferrari: abbiamo parlato a lungo, ma c'è stato allora un grande cambiamento a Maranello. Era uscito il presidente Montezemolo, poi Stefano Domenicali, che erano i leader. Il team era un po' alla deriva allora, sono arrivati i nuovi capi e tutto si è fermato in quel momento. In più, vedendo questo, non penso fosse il momento giusto per andarci, quando c'era una Lotus che nel 2013 arrivava davanti costantemente e che qualche gara la vinceva''.

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2014 DA INCUBO Il team di Enstone fu però protagonista di un'annata pessima, tra problemi di inaffidabilità e primi scricchiolii a livello economico che porteranno, al termine della stagione 2015, alla cessione della squadra alla Renault: ''Era la seconda forza della F1 in quel momento, solo che quando sono arrivato lì è cambiato completamente il regolamento, sono arrivati i motori ibridi e il team economicamente ha iniziato a stare male, perdendo tanti sponsor - ha ricordato Maldonado - Avevamo scelto Renault come power-unit e per metà stagione il motore si rompeva già nei box, abbiamo finito la prima gara dopo metà campionato credo. Così non abbiamo neanche sviluppato la macchina, perché non si girava, tutto andava male''. 

IL NO ALLA SAUBER Parallelamente al crollo della Lotus scesero anche le quotazioni di Maldonado. Il venezuelano ha disputato la sua ultima stagione in F1 nel 2015, ma le offerte per le stagioni successive non mancarono. Il problema è che arrivavano da altre scuderie con situazioni molto traballanti: ''Si era parlato con Ferrari, con altri team, già nel 2013 vedendo la situazione che si viveva in Williams si provava a vivere una nuova opportunità - ha aggiunto il vincitore del GP Spagna 2012 - Dopo il 2015 c'è stata l'opportunità di rientrare con la Sauber. Dopo che vinci e dopo aver convinto me stesso che ero in grado di battere tanti altri piloti, avevo bisogno di un team che mi supportasse e mi desse l'opportunità di lottare non per fare un punto e neanche per vincere il Mondiale, ma almeno per lottare costantemente per la zona punti. Non abbiamo visto mai questa possibilità nei team che erano disponibili in quel momento lì e allora siamo passati oltre''.

Pastor Maldonado alla 24 Ore di Daytona con il team DragonSpeedPastor Maldonado alla 24 Ore di Daytona con il team DragonSpeed

''FARE IL FIGO AL BAR'' Da allora, Maldonado ha preferito dedicarsi ad altre competizioni, in particolare le gare endurance, con due partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans e il successo del 2019 nella 24 Ore di Daytona, categoria LMP2. Il venezuelano ci ha spiegato di aver preferito rinunciare a una carriera da comparsa in F1: ''Col senno di poi è facile dire che cambieresti tante cose, il bello è cambiarle mentre ci sei dentro. Come detto prima, ero molto limitato in quello che potevo fare. Nelle categorie precedenti potevo essere me stesso e per quello sono arrivati tante vittorie e momenti belli. Ci sono tante cose che si sarebbero potute fare in meglio, ma te ne rendi conto solo dopo. Quando sei lì hai tanta pressione e non hai tempo di pensare, il ritmo è molto serrato. Solo quando vedi lo sport da fuori ti rendi davvero conto di com'è. Ci sono milioni di cose che puoi fare diversamente, ma dipende dalla prospettiva con cui vedi le cose: o vai in F1 per fare una passeggiata la domenica e per farti vedere in tv e fare il figo al bar, un bel casco, una bella tuta, tanti sponsor, oppure lo prendi seriamente e fai un altro sport, ti misuri con i più forti. Il mio approccio è sempre stato quello di misurarmi con quelli più forti. È andata tante volte bene, è andata tante volte male. L'approccio vuol dire tanto: ci sono piloti che sono in F1 ma non si conoscono, non vedi sulle tribune nessuna bandiera col loro nome. Non è l'essere in F1, alla fine è una macchina da corsa per noi piloti. Si tratta di essere lì per fare bene e fare meglio. Io purtroppo non ho avuto l'opportunità di avere un team per fare bene. Detto questo, dopo ti rendi conto di tante cose che succedono in F1. Io vengo da un paese dove la F1 è uno sport molto visto, ma senza passione. Molto visto perché ci corre un venezuelano, ma non perché storicamente abbiamo un grande tifo per una squadra nostra, che non esiste, o per un nostro pilota che per tanti anni non c'è stato. Ti rendi conto che diventi attrattivo commercialmente parlando e questo era difficile per me. Ero lì, mi davo da fare, facevo parlare tutti voi (giornalisti), ma il perché di tante cose l'ho capito dopo''.


Pubblicato da Luca Manacorda, 08/05/2020
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