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Lewis Hamilton è uno dei piloti più attivi per promuovere tematiche sociali. Fino alla scorso anno era spalleggiato da Sebastian Vettel, ma il quattro volte campione tedesco non è più nel circus, ed è rimasto solo lui a tenere alta questa bandiera in un mondo che, dopo aver mostrato sprazzi di inclusivita negli scorsi anni, sembra aver cambiato strada. Arcobaleni, magliette nere e piloti in ginocchio sembrano poter diventare un pallido ricordo, ed è questo che preoccupa il sette volte iridato britannico, che dall'alto del suo status, vorrebbe continuare a fare di più per tanti temi che gli stanno a cuore, razzismo su tutti,
NUOVE REGOLE La FIA, però, ha introdotto nei nuovi regolamenti per il 2023 che impediscono ai piloti di esprimere opinioni personali su tematiche non concordate, pena ingenti sanzioni ma anche - nei casi più estremi - l'esclusione dalla griglia di partenza. Su questo Hamilton si è espresso molto duramente nel corso del giovedì del Bahrain, prima giornata dedicata alla stampa di questa nuova stagione di Formula 1 al via domenica con la gara di Sakhir: ''Al 100% stiamo andando nella direzione sbagliata, è in contrasto con ciò che ho cercato di fare con la mia squadra negli ultimim anni. Ci sono ancora persone che non credono e che non capiscono l'importanza di avere un ambiente inclusivo, e penso che il nostro lavoro nell'evidenziare gli aspetti positivi che ciò può avere non possa essere fermato''.
NON MI FERMO Lewis ha annunciato che continuerà in ogni caso a fare le sue battaglie con le iniziative private Mission 44 e Ignite, ma non solo. La protesta del campione è indirizzata verso un organo preciso, la FIA, e non verso la Formula 1, anzi. Lewis ci ha tenuto a sottolineare che Stefano Domenicali è un grande leader, comprensivo e orientato alla famiglia, e che con lui sarà possibile trovare una giusta direzione. Lo stesso CEO della Formula 1 ha spiegato che nessun pilota che avrebbe scelto di esprimersi sarebbe stato ''imbavagliato'', e che correre in posti come il Bahrain, il Qatar e l'Arabia Saudita, sotto la lente d'ingrandimento per la violazione dei diritti umani, è utile proprio perché obbliga questi stati a confrontarsi con un mondo più aperto del loro.
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MEDIO ORIENTE Su questo secondo aspetto, però, Lewis Hamilton non è del tutto d'accordo con Domenicali. Egli stesso si è impegnato in prima persona per difendere i diritti della comunità LGBTQ+ e si è battuto contro la pena di morte in occasione dei suddetti appuntamenti, ma c'è ancora tantissimo lavoro da fare: ''Non saprei dire se da quando la Formula 1 frequenta questi posti la situazione sia migliorata o peggiorata. Per quanto mi riguarda sono negli ultimi anni ho iniziato a capire sempre di più le difficoltà che le persone comuni affrontano in paesi come il Bahrain e l'Arabia Saudita''.
SENSIBILIZZARE ''Penso che la Formula 1 abbia una responsabilità, e se andiamo in questi paesi abbiamo il dovere di sensibilizzare e cercare di lasciarvi un impatto positivo. Questa visione non è sempre stata condivisa all'interno dello sport, sia che si tratti di team, sia di persone in posizioni di potere, ma occorre sicuramente fare di più, senza dubbio. Come, ce lo dirà il tempo''. A domanda diretta se ha preparato qualcosa per questo weekend, pronto a incassare eventuali multe, Lewis ha poi chiuso: ''Vedrete, sapete chi sono...''