Nel corso del weekend di Spa-Francorchamps abbiamo incontrato Jarno Zaffelli, titolare e fondatore di Dromo Circuit Design, la società italiana leader mondiale in fatto di progettazione e ammodernamento di circuiti motoristici. Nessuno sa farlo, e può farlo, meglio di Dromo, e leggendovi questa interessante chiacchierata in due puntate con l’appassionato e visionario Jarno, ne capirete a fondo il motivo.
Prima puntata: Spa Francorchamps
Dopo aver parlato con Jarno dei lavori eseguiti a Spa Francorchamps per il Gran Premio del Belgio, abbiamo ampliato il discorso agli altri circuiti, soprattutto Zandvoort e Misano dove stanno correndo Formula 1 e MotoGP, viaggiando indietro e in avanti nel tempo nell’attività di Dromo riuscendo a carpire alcuni segreti (uno su tutti) di Dromo Circuit Design.
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Esiste una ricetta per risolvere a monte il problema dei track limits?
La soluzione, da progettisti, è che non ci vuole asfalto dappertutto, ma solo dove serve. Chi progetta dev’essere bravo a dire quando serve e quando no. Non riguarda solo il lavoro che stiamo facendo noi, noi è dal 2013 che la ghiaia la privilegiamo fin da Tarmas de Rio Hondo, i nostri autodromi sono famosi per questo, l’abbiamo messa anche al Paul Ricard (in curva 7 n.d.r.). Dal mio punto di vista sono assolutamente tranquillo del fatto che sappiamo come calcolare dove c’è il miglior compromesso. Non solo: dal punto di vista della progettazione è fondamentale non avere le curve disegnate al computer. Quando sono troppo geometriche, infatti, ecco che emergono i problemi di track limits. Sempre, perché curve così non seguono la fluidità del veicolo. Se progetti una curva devi vedere dove la fai, devi simularla in 3D e tutto il resto, tutto bello a parole, difficilissimo a fatti. Ma non è solo questo...
Ossia?
C’è anche un grande lavoro che andava fatto, che sta facendo la FIA, e che adesso sta dando i suoi frutti, con l’educazione dei piloti. Dopo anni in cui i giovani erano lasciati a briglia sciolta, adesso invece sono più seguiti. La maggior parte di loro veniva mandato in macchina da piccolo e basta, via col cronometro. Non c’era formazione, né spiegazione, una cultura di cosa ti fa andare più veloce e cosa no, di cosa ti mette a rischio e di cosa no.
Spa, Singapore, Silverstone, Zandvoort, Paul Ricard, Mugello, Misano, Imola, Termas, Sepang, Portimao, Istanbul Park… tra tutti questi tracciati di quale sei più soddisfatto?
È facile, quello di cui sono più orgoglioso ovviamente è Zandvoort. Sicuramente Zandvoort è quello dove, data la tanta fiducia accordata, il fatto di averli ripagati così e aver avuto la fortuna di avere un promoter così bravo, sta facendo proseliti. Se tu adesso vai a Zandvoort è una roba che non ci si crede. Dove c’erano due piani l'anno scorso ora ce ne sono quattro. Zandvoort è sicuramente quel posto lì. Un tuo collega mi ha chiesto qualche giorno fa: ma è vero che quest’anno non ci sono modifiche a Zandvoort? No, non ci sono, abbiamo allungato un cordolo di dieci metri perché pestavano la sabbia... adesso la ri-pesteranno. Io sono contro l’allungamento dei cordoli, i cordoli devono essere il meno possibile, però ce l’hanno chiesto e l’abbiamo fatto. Poi abbiamo cercato di ottimizzare la ghiaia, però il resto niente. Vuol dire che il lavoro era perfetto? Perfetto… diciamo che è un buon compromesso, la perfezione è altro.
Cos’è la perfezione?
A Zandvoort abbiamo ottenuto un lavoro bellissimo, ma se devo guardare la perfezione non guardo lì, ma a Silverstone. E allora lì ti dico: dopo che l’abbiamo asfaltato è quattro anni di fila che fanno sorpassi all’esterno, che c’è il 99,9% di soddisfazione del cliente della ‘fanzone’ e di tutte le tribune, mai successa una cosa del genere. Silverstone ha risparmiato 10 milioni di sterline in questi anni solo ed esclusivamente perché non deve più riasfaltare di inverno come faceva tutti gli anni, visto che il 10-15% dell’asfalto doveva rifarlo ogni anno. Siamo quelli che hanno cambiato Silverstone dopo 70 anni e l’hanno resa quella che – nel mio immaginario – era. Poi ogni progetto ha le sue bellezze, le sue peculiarità, le sue sfide. A Spa, come fai a non essere orgoglioso del fatto di aver messo le mani all’Eau Rouge. E non escono più di pista! Ma non abbiamo rifatto tutto Spa, solo qualche pezzo. Non abbiamo potuto mettere le mani come a Silverstone dove abbiamo rifatto tutti i drenaggi, le pendenze laterali…
Nel frattempo passano sullo schermo del motorhome Pirelli le immagini della gara di Formula 2. Jarno si blocca, li guarda e commenta:
“Stanno andando alla 2 intanto, stanno entrando in 45 all’Eau Rouge e al Radillon… e non tagliano più, e non tagliano più! Ti ricordi che l’anno scorso il problema è che alla 4 andavano tutti fuori? Invece adesso stanno lì, non c’è più track limits, è bellissimo. Ma tu per far guidare loro come dei matti devi dargli una pista…
…sicura?
No! Non sicura… consistente! Devi fare in modo che tutti quanti, anche quando sono appaiati, abbiano lo stesso livello di grip e di difficoltà, e non che quando esci di traiettoria ti scappa la macchina. Anche qua, non siamo riusciti a intervenire dappertutto, però guarda Eau Rouge e Radillon!
La curva dell'Eau-Rouge - Spa Francorchamps
Okay, sei giustamente orgoglioso dei lavori fatti a Silverstone, Zandvoort, Spa… ma c’è un tracciato dove vorresti tornare per cambiare qualcosa, per fare delle modifiche?
Misano. Misano è un posto che m’ha lasciato l’amaro in bocca, purtroppo. È una roba da sentimentali eh, non da professionisti, però m’ha lasciato l’amaro in bocca perché nel 2008… il mio secondo vero cliente è stato Misano, il primo è stato Motor City Verona, ma subito dopo Misano. Ho lavorato benissimo là, fino a che abbiamo dovuto fare la riasfaltatura nel 2015. Purtroppo ci sono state delle cose che non sono andate bene e che ci hanno insegnato tanto. Non avevamo il controllo completo di quello che veniva fatto e non ci siamo imposti abbastanza. E quindi è andato a finire che ci sono stati dei problemi, ma non abbiamo avuto la possibilità di riasfaltare noi nel 2020, nonostante avessimo fatto tutto quello che dovevamo fare. Ma hanno risolto il problema del grip e han fatto un buon lavoro. Ovviamente hanno usato le geometrie che avevamo già impostato noi, quindi drenaggi e tutto il resto che avevamo già ottimizzato nel 2015. Si sono limitati a togliere tot e rimettere tot, per dire, ma ci sarebbe piaciuto finire il lavoro. Ormai è stato fatto bene, non come planarità ma come mix, quindi va bene così, sono contento per Misano perché ne aveva bisogno. Però tutta questa storia mi ha lasciato l’amaro in bocca, perché so che se ci avessero lasciato realizzare un mix apposito e l'avessimo controllato, avremmo ottenuto un ottimo risultato, come successo in tutti gli altri autodromi che abbiamo fatto prima, durante e dopo Misano.
I colori del Misano World Circuit - Marco Simoncelli
Cosa è stato migliorato da allora?
A Misano eravamo in tre a seguire il cantiere. A Silverstone, invece, eravamo in nove, e a Spa in dieci. A Mandalika saremo in quindici. È questo quello che abbiamo imparato. Pensa che a Imola e Mugello ero da solo, così come nel 2013 a Termas, anche lì ero solo, poi in 3 a Misano (2015), in 5 a Sepang (2016)… sempre di più e sempre più matti nella ricerca della tecnologia. Abbiamo alzato il livello dell’asfaltatura in una maniera bestiale.
In fondo, che ci vuole a fare una pista? Basta buttare giù un po’ di asfalto... (scherzo)
Appunto. Prima l’asfalto era considerato nero e via. Ma abbiamo sviluppato sistemi e tecnologie che ci permettono di vedere nello stesso giorno i risultati ottenuti in termini qualitativi e quantitativi, inclusa la planarità.
Mi mostra delle foto sul cellulare con una curva e zone in rosse, in blu e in giallo.
Siamo gli unici al mondo che hanno fatto questa cosa qui. Nel 2013 Javier Alonso (ex direttore eventi Dorna n.d.r.) è venuto da noi e ci ha detto: ‘Jarno, se un pilota mi dice che c’è un bump ho bisogno di vedere dov’è, e non lo vedo, vado lì e non lo trovo, però il pilota mi dice che c’è’. Noi avevamo già cominciato a lavorare nel 2008 con i laser, ma fino al 2015 non riuscivamo a capire come tirare fuori il dato. Poi sono riuscito a sviluppare un software con la mia azienda, che ti fa vedere in ogni punto dove hai un bump positivo o negativo. In rosso è positivo, più di 3 millimetri su 4 metri, mentre in blu è negativo, oltre 3 millimetri.
Mi mostra di nuovo l’immagine colorata, simile a questa qui sopra.
Questa è la pezza dell’Eau Rouge dell’anno scorso: era tutto un bump, i piloti lo sentivano. Io grazie a questa immagine riesco a vedere come ha lavorato la vibrofinitrice, riesco a vedere dove c’è una cresta, riesco a vedere se la vibro è storta o dritta. I bump non sono creati dalle auto da corsa, a meno che non ci siano delle condizioni particolarmente calde e un materiale particolarmente morbido. Cioè se un asfalto è fatto bene… il bump lo fa la “vibro”, il rullo, insomma, è l’operatore che lo fa, solo che all’inizio senza questi sistemi non li vedi. Noi li vediamo perfettamente ed è per questo che otteniamo ottimi risultati, perché riusciamo a farli vedere ai contractor e loro, quando lo vedono ci dicono: ‘hai ragione’! Altrimenti dovresti aspettare che ci passano sopra i piloti della MotoGP o di F1 a dirti che c’è un bump. No, io te lo dico la sera stessa, e allora loro riescono a capire, riescono a capire che non lavori contro di loro ma che sei con loro, perché non è una ‘menata’ che ho io, ma è effettivamente così. Lo vedi, e vai lì e glielo fai sentire, misurare. Sai quante volte ci dicono ‘non è vero, non c’è il bump’. Andiamo là... e c’è.
Immagino abbiate usato questo software a Silverstone...
A Silverstone abbiamo abusato di questo software a ogni livello, considera che a ogni strato facciamo questo. E a ogni strato noi sappiamo cosa c’è, lo vediamo. I bump li togliamo man mano che li vediamo, e quindi riusciamo a ottenere le planarità che abbiamo ottenuto a Spa con un solo strato, senza doverne fare due o tre. Spesso gli autodromi si rifanno l'asfalto con oltre due strati, ma perché? Perché gli altri non sono in grado di concepire che si riesca a ottenere un risultato del genere anche solo con uno strato, perché non hanno le tecnologie per farlo. Si tratta di uno sviluppo completo, e i ragazzi della MotoGP con noi non si lamentano più, perché gli diciamo cosa vediamo: “Avete un bump qui, uno qui e uno qui. Lo sapete, ve l’abbiamo detto” E non l’hanno fatto le macchine, c’è dal giorno in cui hanno finito i lavori. Poi può capitare anche l’imprevisto: a inizio settimana ero a Zandvoort perché ci hanno chiamato...
Mi mostra un’altra foto multicolore con una striscia trasversale alla pista.
Questa è la situazione del bump alla penultima curva di Zandvoort, lo vedi com’è fatto? È un rigonfiamento che ha la forma di una crepa sotterranea. Siamo andati lì a piallare, ed è venuto fuori esattamente la forma che il sistema aveva individuato. È la dimostrazione che il nostro software funziona. Altri stanno provando a copiarci, ma questo non l’hanno ancora fatto. E non serve il know-how per ottenerlo. Serve mettere passione in quello che si fa.
Monster Energy, Valencia, 9 dicembre 2019 - Valentino Rossi (Yamaha) e Lewis Hamilton (Mercedes)
Che differenza c’è nell’approcciarsi alla progettazione di una pista per la F1 e di una per la MotoGP, quali sono le differenze basilari?
La Formula 1 ha bisogno di lunghezza, di distendere le gambe, di rettilinei e di rampini. Non tanti, uno ci vuole, forse un paio. Ha bisogno di grandi cambi di direzione, anche stretti. Ha tanto bisogno di grandissime inclinazioni, ce ne siamo accorti, non dappertutto, ma se si può fare si fa. La moto invece ha bisogno di altre cose: ha bisogno di lievi ondulazioni. Ha bisogno di un disegno poco geometrico, molto fluido. Ha bisogno possibilmente di poche curve ma molto veloci e, più delle auto, la moto ha bisogno di un grip particolarmente omogeneo, quindi la pista che ne deriva avrà una lunghezza inferiore. La pista ideale da MotoGP è sui 4,5 km, mentre per la F1 è sui 5,5-5,8 km.
Qual è la tua preferita in Formula 1? Forse Silverstone?
Beh Silverstone è “la pista” in Formula 1, otto team su dieci sono lì. Se ci mettiamo un po’ di patriottismo c’è Monza che è il tempio della velocità. Ma la mia pista preferita è Suzuka, è che purtroppo c’è stato quello che c’è stato (si riferisce a Kato e Bianchi n.d.r.), lì c’è poca via di fuga... ma Suzuka è il capolavoro, senza ombra di dubbio. Se chiedi ai piloti di F1 di scegliere, tra Suzuka o Silverstone, mi piacerebbe sapere cosa ti dicono, ma secondo me vince Suzuka, non con un plebiscito ma vince Suzuka. Silverstone produce più spettacolo, ma da un punto di vista di guida... Il pilota è come un operaio, ha il problema che deve fare sempre le stesse cose, ripetitive. Se tu giri a Silverstone da solo, va bene in gara, ma se tu giri a Suzuka da solo è una cosa diversa. Vuoi la pista per i fan? Vai a Silverstone. Vuoi quella per i piloti? Vai a Suzuka, o a Zandvoort, o a Portimao. Anche quest’ultima, è un miracolo di pista. Il mix che abbiamo fatto lì nel 2020 l’abbiamo chiamato “Milagro”, è la prima volta che facevamo un mix con sole tre componenti, di solito ne usiamo 5-6, ma abbiamo detto: se funziona è un miracolo. Ha funzionato.
Una fase del Gran Premio del Giappone 2019 di Formula 1
UItima domanda: prossimi lavori in agenda? C’entrate qualcosa con il ritorno in calendario (presunto e previsto) del Sud Africa?
Non siamo stati coinvolti nel progetto di Kyalami, anche perché non prevedeva grandissimi lavori, saremmo stati sprecati. In questo momento siamo in gara per il Qatar, non è detto che riusciremo. Stiamo rifacendo completamente Mandalika. Stiamo per iniziare la costruzione del kartodromo internazionale di Silverstone. Stiamo facendo piste in Giordania e in Montana (USA) per privati, e poi lavoriamo su tanti ‘proving ground’. Tutte le produzioni di Stellantis, Pirelli, Ferrari, BMW, Volkswagen, Ford vengono sviluppate su piste che progettiamo e/o manuteniamo noi. Balocco è un caso, Fiorano è nostro cliente, e abbiamo appena finito quello di Piaggio.