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L'analisi del GP di Monaco 2019, dall'impresa di Hamilton alla pazienza di Vettel, partendo dalla foga di due futuri campioni
LA STORIA SI RIPETE La cosa bella della Formula 1 è che, più o meno in ogni epoca, ci sono campioni in grado di emozionare la gente e tenere viva la fiamma della passione anche quando si corre su circuiti dove non è possibile superare, con gomme che non è possibile degradare, su macchine dai valori così definiti che è impossibile immaginare un vincitore diverso dal favorito. Se tra i piloti ancora in attività che più hanno segnato gli anni Dieci del Duemila ci sono i vari Hamilton e Vettel, tra quelli che grifferanno i Venti ci saranno sicuramente Verstappen e Leclerc, quelli usciti probabilmente più "incazzati", passatemi la parolaccia, da questo weekend del Gran Premio di Monaco.
21 ANNI Max e Charles in questi giorni sono stati due esempi di generosità, ci hanno messo l'anima in ogni sessione e ci hanno provato in tutti i modi, anche quando non era utile, non serviva, sembrava stupido farlo. Ma questo è il prezzo dell'età, nonché l’indizio che si ha il DNA del campione: qualche errore lo si commette, figuriamoci, li fanno anche i vecchi leoni... e ogni riferimento a fatti e persone è puramente voluto. Ricordiamoci però che stiamo parlando di due ragazzi di 21 anni (Charles è un mese più giovane), uno dei quali ha avuto la possibilità di debuttare nel mondiale ancora in fasce, e già vanta 87 gran premi in carriera e 5 vittorie, l’altro ne ha completati 60 in meno, e ha dalla sua giusto la vittoria morale del GP del Bahrain.
PROVARCI, SEMPRE Soprattutto Max è maturato infinitamente da quando lo scorso anno, sulle stesse strade del Principato, buttò via l’intero weekend spingendo senza senso nelle FP3 per rispondere ai tempi del compagno Ricciardo, e distruggendo la sua auto a due ore dalle qualifiche. 12 mesi dopo ci troviamo un pilota che è stato in grado, nelle prime sei gare di questo mondiale, di spremere ogni stilla di competitività dalla Red Bull, ottenendo sempre il massimo risultato possibile senza sbagliare una virgola. Tranne oggi, ma almeno ci ha provato, superando Bottas nella corsia dei box – e pagando l’azzardo con una penalità di unsafe release presa in complicità con il team – e attaccando Lewis nel finale di gara. Okay, a tre giri dal termine non serviva perché avrebbe dovuto prendergli 5” di margine per far evaporare la penalità e vincere, il tutto rischiando di rovinare la sua gara e quella di Lewis, ma lui voleva dimostrare di essere il più forte, non vincere. E dopo la bandiera a scacchi sembrava gli avessero rubato dentro casa per quanto era arrabbiato.
TRIPLO SORPASSO La gara di Charles invece è frutto dell’errore strategico in qualifica di cui abbiamo disquisito a lungo. Partendo 15° non poteva far altro che attaccare (d’altra parte l’aveva detto), e attaccare, e ancora attaccare. Dopo una buona partenza, il pilota della Ferrari ha passato Norris (altro bel talentino) all'Hairpin, poi dopo qualche giro anche Grosjean alla Rascasse, firmando uno dei sorpassi più belli fatti negli ultimi anni a Monaco. Il terzo però, ancora lì, con Hulkenberg, non è andato a buon fine. Toccata, foratura, gomma sfilacciata, fondo piatto danneggiato, e dopo tre soste ai box consecutive, gara terminata. Importa poco, lo stesso Leclercha commentato dopo la gara: “Ci sono così tante lezioni da imparare da questo weekend”, e siamo sicuri che il giovane monegasco le stia apprendendo tutte con profitto.
77 BOTTAS? NO LEWIS! A proposito di campioni, parliamo di quelli già affermati. Il Gran Premio l’ha vinto un certo Lewis Hamilton, è stata la 77° vittoria della carriera, la più dura stando alle sue parole (forse non in pista, ma sicuramente per il contorno emotivo vista l'emozione per l'addio a Niki Lauda), ottenuta con una mescola gialla che proprio non andava. Neanche nei primi giri, quando il margine tra la Medium e la Hard montata dai tre inseguitori del trenino di testa avrebbe dovuto garantirgli qualche decimo ogni giro. Lewis è comuque riuscito a completare 66 giri senza una sola sbavatura, e a non farsi sorpassare dal più ispirato “sorpassatore” del mondiale, il Max di cui sopra.
EPC(A)V poi c’è (ancora, citazione dell'analisi di ieri) Vettel, che da pilota navigato qual è, stavolta è stato bravissimo a trarre il massimo da un altro weekend difficile. Il suo merito è quello di essere stato lì dove doveva, quando doveva, con quel che aveva. Ha approfittato della scazzottata ai box tra le auto di Verstappen e Bottas, passando il finlandese grazie alla sosta supplementare di Valtteri, e l’olandese grazie alla penalità che ha dovuto scontare. Un secondo posto che è oro, e che potrebbe rilanciare qualche inopinabile sogno di gloria: alla fine 55 punti di ritardo da Hamilton, a 15 gare dalla fine, non sono ancora una condanna. Ma cos’è che serve per vincere? Ah già... una monoposto competitiva in tutte le situazioni, e purtroppo quella ancora non c’è, sebbene oggi in gara la Ferrari SF90 sia andata sicuramente meglio che in qualifica, e che in Spagna.
È SEMPRE UN... CASINO' Per il resto c’è poco da aggiungere a un GP che ha consegnato il terzo posto a Valtteri Bottas, il quale resta il più accreditato rivale di Lewis per il titolo, il quinto più il giro veloce a un buon Pierre Gasly, che continua a fare qualche passo avanti, il sesto a un Carlos Sainz finalmente ai livelli al quale lo si attende, e un’ottima doppietta a punti, in settima e ottava posizione, alle due Toro Rosso di Kvyat e Albon. Dispiace, infine vedere un cultore della pista di Monaco come Daniel Ricciardo, costretto a lottare per la zona punti (nono), e un Giovinazzi non riuscire a esprimere il suo potenziale tra errori e sfortune. Ma si sa, Monaco è così: vincere o perdere talvolta è una mano fortunata... e se il croupier non ti dà le carte giuste, non ti resta altro da fare che 19 curve, 13 a destra, 6 a sinistra, e ripetere. Per 78 volte, in fila per 4, col resto di 2.