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Il Cavallino ci prova con Vettel e Leclerc, ma a Baku è sempre doppietta Mercedes: il cuore è requisito necessario ma non sufficiente
PARTENZA RECORD Se non è un colpo del ko, poco ci manca. Giusto e doveroso ricordare che ci sono ancora 17 gare in calendario e che non siamo neppure a un quinto di stagione, ma sarebbe intellettualmente disonesto non riconoscere quanto la Mercedes stia dimostrando la sua forza in maniera totale, anche in circuiti sulla carta più favorevoli alla Ferrari. Così il weekend del Gran Premio d’Azerbaijan, su un tracciato tutto sommato simile a quello del Bahrain in cui le Rosse avevano dominato, si è trasformato in un’altra festa d’argento. E mentre gli uomini di Stoccarda si godono la vittoria di Valtteri Bottas, la quarta doppietta consecutiva e l’ingresso nella storia della Formula 1 – un inizio di stagione così dominante non si era ancora mai visto – il Cavallino si interroga sui perché di un avvio tanto deludente.
REDENZIONE BOTTAS Il vero protagonista del fine settimana azero è stato però lui, Valtteri Bottas. Chissà cosa gli sarà frullato nella mente negli ultimi giri, quando Lewis Hamilton gli mordeva gli scarichi e via radio si limitavano a dirgli che il compagno poteva tentare il sorpasso con il Drs. Nessun ordine di scuderia, nessuna richiesta di mantenere le posizioni e, in più, quella costante vocina nella testa a ricordare com’era finita la gara dell’anno prima, in una via di fuga con la gomma posteriore destra in brandelli quando la vittoria era ormai in pugno. Stavolta non c’è stato però nessuno scossone e il weekend si è concluso in perfetto stile… Rosberg.
PROMESSE FINLANDESI Pole position, partenza perfetta (quella che era mancata in Cina), difesa da manuale sugli attacchi di Hamilton e solidità mentale dal primo all’ultimo giro, nonostante i tentativi Ferrari di disseminare il panico con la “zanzarina” Leclerc . Insomma, una vera e propria redenzione dopo la disfatta del 2018, che permette a Bottas anche di mantenere la promessa fatta in mondovisione sul podio di Shanghai: “Ho perso la leadership del mondiale? Sì, ma la riprenderò la prossima gara”. Uomo di parola, il finlandese. Durerà? Troppo presto per dirlo con certezza, ma certo è che Valtteri avrà solo una strada per pensare di sconfiggere un cagnaccio come il cinque volte iridato, quella cioè di continuare a essere perfetto come a Baku, magari sperando anche (vedi GP Malesia 2016) in qualche aiutino dalla Dea bendata.
FERRARI ALLA FINESTRA La Ferrari? Ancora una volta, come detto, torna a casa da grande sconfitta. L’aspettativa era quella di rivedere in Azerbaijan una Rossa in versione Bahrain, ma le due SF90 sono poi naufragate tra errori dei piloti e un passo gara complessivamente non all’altezza dei rivali. E se in qualifica l’impressione è che Sebastian Vettel avesse l’opportunità di centrare la pole position sfruttando (come hanno fatto in Mercedes) il gioco delle scie in Q3, in gara è stata decisiva la capacità di far funzionare le gomme nella corretta finestra di temperatura. Parliamoci chiaro: tutti hanno sofferto nello stint con le Soft, ma nessuno ha sofferto come la Ferrari, già staccatissima con Seb dopo pochi giri di gara.
IL CUORE C’È… Finestra di temperatura pneumatici a parte, è impossibile imputare alla Ferrari di non averci provato. Per larghi tratti, anzi, Leclerc è stato protagonista di una rimonta emozionante a suon di sorpassi e giri velocissimi. Con gomme Medium, il monegasco è riuscito a ridurre il gap persino dalle Mercedes incollando i ferraristi davanti alla tv. Poi, dopo il primo pit-stop, anche le Frecce d’argento hanno iniziato a volare con le “gialle”, ricucendo il gap e relegando il povero monegasco a mero stopper nel tentativo di consentire a Vettel di rifarsi sotto. Scelta strategicamente giusta – nonostante le legittime perplessità di Charles – ma missione fallita, con il tedesco mai davvero in grado di affondare l’attacco a Hamilton.
…MA NON BASTA Di Baku resterà solo un altro terzo posto e la piccola consolazione del giro più veloce segnato da un Leclerc comunque impalpabile nel suo stint con le Soft. Ma resteranno anche e soprattutto i 34 punti di gap in classifica piloti e i 74 in quella dei costruttori. Mattia Binotto è avvisato: per battere quello che gara dopo gara si sta sempre più confermando come il team più forte della storia della Formula 1, il cuore è una condizione sì necessaria, ma non sufficiente. Già da Barcellona, magari con degli aggiornamenti in grado di creare carico all’anteriore e far funzionare meglio le gomme, servirà una monoposto finalmente all’altezza della sfida.