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NICO-2 A riportarci alla normalità delle corse, alla sana vecchia bagarre da social network su chi sia il pilota più forte o sull’errore più o meno evidente degli ingegneri Ferrari, è stato l’uomo che (quasi) non ti aspetti. Quel Valtteri Bottas che vive la carriera oscillando tra l’essere sottovalutato (dagli avversari) al farsi sopravvalutare (dagli opinionisti, principalmente per esigenze sceniche). In realtà, quello che nelle cronache dovrebbe da anni raccogliere il testimone di Nico Rosberg, ci ha già abituati a prestazioni maiuscole negli inizi di stagione e in tutte le gare di scena a Spielberg. In questo caso, la combo micidiale non ha lasciato scampo a nessuno, neppure all’ingombrante compagno di squadra. Veloce, concentrato, cattivo e secondo qualcuno persino smaliziato, Valtteri è salito in cattedra in Q3 prendendosi una prima posizione mai davvero messa in discussione dagli avversari. Nemmeno in gara, neppure nelle quattro partenze ad alta tensione, una da fermo e tre lanciate, di questo afoso pomeriggio austriaco. Durerà per tutta la stagione? Difficile da dirsi, ma è certo che correre di nuovo in Stiria tra sette giorni sarà un vantaggio da non sprecare, se davvero stavolta ci sono velleità di contendere a Hamilton il titolo mondiale.
F1 GP Austria 2020, Red Bull Ring: Valtteri Bottas è il leader del mondiale dopo il Gp Austria 2020
QUALCHE PASTICCIO… Dal canto suo, il Re di questa Formula 1 politicamente impegnata si è (giustamente) preso la scena più a motori spenti che non a visiera calata. Dopo aver dominato le prove libere, Lewis Hamilton ha combinato qualche pasticcio di troppo: a partire dalla Q3, con il primo giro cancellato per infrazione dei track limit e il secondo tentativo macchiato dal mancato rispetto delle bandiere gialle. L’avrebbe anche (ingiustamente) fatta franca, il sei volte campione del mondo, se solo la Red Bull non si fosse impuntata e non avesse protestato formalmente dopo la pubblicazione di unreplay on-board che di fatto lo inchiodava.Partito dalla quinta casella, l’inglese è poi andato all’attacco, ha superato chi di dovere e si è messo a caccia del compagno prima di essere rallentato dai problemi tecnici e anche dalla scelta Mercedes di non cambiare le gomme in regime di Safety Car. Severa, invece, la penalizzazione per il contatto con Alex Albon. Sia chiaro: i cinque secondi ci stanno, ma forse non sono in linea con il trend “let them race” (“lasciamoli gareggiare”, per i non anglofoni) inaugurato la scorsa stagione dopo le aberrazioni viste nei Gp in Canada e Francia. D’altronde, il giovane della Red Bull – a questo punto al secondo podio sfumato per mano di Hamilton,la sua rabbia è comprensibile– non poteva non essere consapevole del rischio di contatto provando a sorpassare all’esterno in curva-4. E non sarebbe stato così scandaloso derubricare la toccata a mero incidente di gara.
F1 GP Austria 2020, Red Bull Ring: l'incidente tra Lewis Hamilton (Mercedes) e Alex Albon (Red Bull)
CAMPANELLI D’ALLARME Li abbiamo spesso elogiati perché capaci di mettere in pista le macchine più veloci, robuste ed esteticamente aggraziate, ma anche per la freschezza di pensiero nella scelta delle strategie di gara. Stavolta, però, è giusto rilevare come la Mercedes vista in Austria sia stata tutt’altro che il panzer cui eravamo abituati. Il primo grosso campanello d’allarme è quello dell’affidabilità della power unit che aveva già lasciato qualche dubbio dopo i test di Barcellona: dapprima sono stati i motori di Lance Stroll e George Russell a lasciare a piedi i legittimi proprietari, ma poi sono state anche le due W11 di Bottas e Hamilton che, pur molto più veloci delle dirette concorrenti, hanno dovuto smettere di spingere a tutta per via del surriscaldamento delle componenti e di un problema – definito “critico” da James Vowles via radio – ai sensori del cambio. Un grosso punto interrogativo che lascia qualche speranza per gli avversari in vista del prosieguo della stagione, ammesso che sia possibile avvicinarsi alle prestazioni delle frecce nere, comunque le più veloci in pista nonostante gli allarmi affidabilità. Altro errore, che sarebbe potuto costare carissimo senza l’incidente tra Hamilton e Albon, è stato poi quello tattico: probabilmente svantaggiati dal timing di ingresso della Safety Car, gli uomini del muretto avrebbero dovuto richiamare ai box almeno una delle due auto, persino nel giro successivo (come fatto dalla McLaren con Sainz): non avremo la controprova ma l’impressione è che la Red Bull, con le Soft appena montate, negli ultimi dieci giri avrebbe potuto addirittura strappare la vittoria a Bottas.
BICCHIERE MEZZO PIENO Esattamente al contrario di quando, nelle scorse stagioni, la Ferrari arrivava favorita e poi non riusciva a raccogliere il bottino pieno, il Gp Austria ha visto la Rossa portare a casa molto di più di quanto non si potesse immaginare prima dello spegnimento dei semafori (e fino a dieci giri dalla fine). Il merito non è certo stato della SF1000 improvvisamente rinata negli ultimi chilometri, ma di un muretto box bravo a richiamare i piloti al pit quando necessario e soprattutto di un Charles Leclerc sontuoso in fase di sorpasso. Forse consapevole di doversi limitare a raccogliere le briciole – in attesa del tanto agognatopacchetto di upgradeche dovrebbe far svoltare la stagione del Cavallino – il principino di Monaco si è messo in attesa, ha corso una gara ordinata provando a restare in scia delle macchine di centro gruppo sorprendentemente veloci come e più della sua. Poi, sul finale, ha annusato la preda ed è passato all’attacco, complice la strategia gomme azzeccata dal muretto. Ha attaccato Lando Norris con un sorpasso pazzesco all’esterno di curva-4 (lo stesso non riuscito all’amico Albon), e infine ha beffato Sergio Perez con una staccata impossibile in cima alla collina. Risultato finale? Un secondo posto difficile da pronosticare e che spiega meglio di mille parole come mai la Ferrari abbia deciso di dare a questo vispo ragazzino di Monte Carlo le chiavi del proprio futuro. Un talento destinato a emozionare nonostante tutta la pressione addosso. Serve però una macchina in grado di lottare, perché è anche chiaro come il podio odierno sia soprattutto frutto del caso, degli incidenti, delle penalità e degli inconvenienti patiti dai rivali. Congiunture astrali che non si può pretendere vengano ripetute domenica dopo domenica.
F1 GP Austria 2020, Red Bull Ring: Sebastian Vettel e Lewis Hamilton dopo la cerimonia antirazzista
TESTACODA E con i problemi della SF1000, lontanissima dalle rivali e in attesa di questo pacchetto di aggiornamenti per l’Ungheria sul quale rischiamo di riporre fin troppe aspettative, arriviamo anche all’altro tasto dolente per gli uomini di Maranello: Sebastian Vettel. Non c’è molto da fare se non rilevare un altro (grave) errore di guida. Il tedesco è andato in testacoda nel tentativo di inserirsi nella lotta tra Leclerc e Sainz dopo la prima ripartenza. Nelle interviste post-gara ha poi anche confessato diessere quasi sorpreso di aver fatto solo un testacoda, per quanto era costretto a guidare al limite e con un posteriore sempre più ballerino. Sicuramente l’errore ha fondamenta di carattere tecnico e in rete ci sono immagini emblematiche di un Seb che rischia, con gomme Medium ancora nuove e ben prima del testacoda, di girarsi in ogni curva. Al di là dello scarso feeling con la monoposto o dei problemi di assetto, certo è che, con un compagno che veste i panni dell’eroe che salva la Patria, il tedesco esce (ancora più) ridimensionato dal primo appuntamento della stagione. Servirà un’inversione di tendenza e forse anche un po’ di quella “cazzimma” mostrata per adesso solo nelle interviste del giovedì. Altrimenti l’ultimo anno in rosso si trasformerà in un doloroso e lungo calvario che non renderà giustizia a un pilota quattro volte campione del mondo e soprattutto a un uomo che in questi anni è stato chiamato a portare, quasi sempre da solo, la croce del Cavallino sulle spalle.
GP Austria 2020, Spielberg: Norris (McLaren), Perez (Racing Point), Leclerc (Ferrari) e Sainz (McLaren)
LA JOYA Siamo andati lunghissimi ma non potevamo non esprimere un pensiero per il primo podio in carriera di Lando Norris. Il ventenne inglese ha conquistato tutti per la simpatia fuori dalla pista, ma ha anche dimostrato di essere veloce e all’occorrenza spietato: ne hanno fatto le spese soprattutto Sergio Perez – la sua Racing Point è, al contrario, la delusione del weekend dopo essere apparsa velocissima nelle prove libere – e Lewis Hamilton. Il primo si è preso una sportellata degna di Max Verstappen nelle fasi finali, mentre il secondo, proprio in seguito a quella sportellata e al giro più veloce della gara segnato proprio sotto la bandiera a scacchi, ha perso il podio per due decimi scarsi. Insomma, avrà anche solo vent’anni, ma Lando corre veloce come un veterano. Nell’attesa, anche lui, di avere a disposizione una monoposto di vertice.