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Geopolitica

Von der Layen e l'inchiesta Ue sulle auto elettriche cinesi. Cortocircuito?


Avatar di Lorenzo Centenari, il 14/09/23

1 anno fa - E se alzare barriere doganali fosse un'azione controproducente?

Von der Layen e l'inchiesta Ue sulle EV cinesi: cosa può succedere
L'area di libero scambio più grande del mondo ora medita di imporre dazi doganali per difendersi dall'industria cinese. A chi giova?

Libero mercato, sì, ma solo fino a quando il libero mercato ti conviene. Se realizzi che le regole del gioco favoriscono il rivale, alzi barriere doganali? Così è facile. Ma è facile, così, che si scateni pure quella guerra commerciale a tutto campo che non gioverebbe né al consumatore, né in realtà all'industria che stai difendendo. Non in un mondo globale, benché avviato - sotto certi aspetti - a una deglobalizzazione che sul breve termine potrebbe tuttavia causare scosse sismiche potenti. Von der Layen annuncia l'indagine sui prezzi delle elettriche cinesi che raggiungono l'Europa, inchiesta caldeggiata dalla Francia e ''raffreddata'' da altri Stati membri come la Germania. Quali conseguenze e, soprattutto, quali rischi-benefici, se l'iter prosegue?  Il tema è complicato e delicato e non abbiamo la pretesa di conoscere la formula vincente. Proponiamo però alcune riflessioni.

''ALLUVIONI'' I Costruttori auto europei che devono far fronte alla concorrenza al ribasso da parte dei rivali cinesi sembra dunque abbiano ottenuto di convincere l’UE ad avviare un’indagine commerciale che interessi i veicoli elettrici della Repubblica Popolare, cioè prodotti il cui prezzo mediamente più ridotto, ritiene Bruxelles, stia distorcendo il mercato comunitario e minacciando la leadership dei marchi del Vecchio Continente. L'inchiesta è stata annunciata il 13 settembre nel corso del discorso sullo Stato dell'Unione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. La quale Von der Layen sostiene come il settore delle auto elettriche sia un enorme bacino di opportunità per i produttori europei, ma anche che “i mercati globali sono ora inondati da auto elettriche cinesi più economiche”, i cui costi vengono mantenuti artificialmente bassi da “enormi sussidi statali”.

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NON FARMI MURO Ora: nel caso in cui l’indagine venisse effettivamente aperta, qualora inoltre avvalorasse l'accusa di concorrenza sleale, allora il regolamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio consentirebbe ai Paesi UE l’imposizione di dazi sull'importazione. Dazi in grado di riequilibrare artificialmente il mercato, ma anche in grado di rendere l’acquisto di auto cinesi più costoso per il consumatore finale. Questo senza calcolare il peggioramento delle relazioni diplomatiche tra Cina ed Unione Europea, oltre che tra i Costruttori occidentali e l'industria cinese, mondi sempre più intrecciati a doppio filo tramite joint venture produttive e accordi commerciali di varia natura.

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PUNTI DI VISTA Se da par suo la Francia esulta, non è forse insomma una sorpresa che la notizia dell'indagine ''anti dumping'' della Commissione (oltre ad aver già scatenato le dure reazioni delle istituzioni cinesi, per ora solo verbali) non sia stata accolta con scroscianti applausi da altri membri dell'Unione. Tipo la Germania. Secondo alcuni rapporti, il cancelliere tedesco Olaf Scholz affermava la scorsa settimana che “la concorrenza dovrebbe spronarci, non spaventarci”. Pare che in particolare Scholz abbia respinto l'idea di un atteggiamento ostile nei confronti delle auto cinesi vendute in Europa: “Negli anni ’80 - avrebbe commentato Scholz - si diceva che le automobili giapponesi stavano invadendo tutti gli altri mercati. Vent'anni dopo, erano le auto prodotte in Corea. Oggi, la storia si ripete con le elettriche cinesi”. Più vicino alla posizione UE il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck, che ha parlato esplicitamente di ''concorrenza sleale'' da parte cinese e della necessità di indagare. Ad avviare una guerra commerciale con la Cina sembra semmai poco propensa l’industria automobilistica tedesca stessa, con la VDA a suggerire ai politici UE di concentrarsi maggiormente sulla definizione di un percorso sostenibile verso la transizione all'auto elettrica, nonché a vedere la Cina come a un'opportunità.

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FREE TRADE Anche nel Regno Unito, la Society of Motor Manufacturers and Traders ha reagito all'eventualità di un'indagine in modo tutt’altro che entusiasta. ''Monitoreremo la situazione e valuteremo attentamente il potenziale di qualsiasi impatto sulla Gran Bretagna'', afferma l'ad Mike Hawes. “La nostra industria è impegnata a favore di un commercio globale libero ed equo ed è su su questa base che ha avuto successo”.

CONTRADDIZIONI? Dal Governo italiano non giungono al momento espliciti contributi al dibattito. Giusto un post sui social - dal sapore polemico - del ministro dei Trasporti Matteo Salvini: ''La Lega denuncia il rischio di invasione di auto cinesi da anni, dove era l’Europa? Ora la domanda che mi e vi faccio è: sono distratti, incompetenti o complici?'', scrive Salvini. Puntuale, invece, giunge l'approfondita analisi di Roberto Vavassori, presidente Anfia. Un intervento tutt'altro che ottimista. Una considerazione generale, ora la formuliamo noi. Dapprima, l'Unione Europea costringe i Costruttori a convertirsi in tempi rapidi all'elettrico. Salvo poi accorgersi di aver così fornito un assist al bacio a una concorrenza, quella del Dragone, assai difficile da misurare, contenere, contrastare. Il libero mercato è fatto così: non riconosce le bandiere, non si ferma alle dogane, non guarda in faccia a nessuno. Lascia che a spostare gli equilibri sia il consumatore. E sacrificare il consumatore per salvare l'industria (e solo nel breve periodo) è un principio che rischia di generare un pericoloso cortocircuito.


Pubblicato da Lorenzo Centenari, 14/09/2023
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