PER QUALCHE KM IN PIÙ Quando l'autonomia di un'auto elettrica non è più una caratteristica come le altre, e si trasforma in una prova da processo in tribunale. Paese che vai, quadro giuridico che trovi. E in Scandinava, su certi diritti non si scherza. In Norvegia una corte giudica ora Tesla colpevole, in seguito a uno dei suoi abituali aggiornamenti software, di aver limitato la velocità di ricarica e la capacità della batteria. Scatta in automatico la multa.
EFFETTO DOMINO? Salvo che non presenti appello, l'azienda è chiamata a risarcire con 136.000 corone norvegesi, l'equivalente di circa 13.000 euro al cambio attuale, ciascuno dei 30 proprietari firmatari della mini-class action. Solo 30, ma per ora. Perché la grana potrebbe espandersi, visto che sforzi legali simili sono in corso anche in altri Paesi. Un precedente che rischia di generare il classico effetto valanga, insomma.
L'ANTEFATTO Nella maggior parte dei casi, un significativo calo della portata delle batterie si sarebbe verificato nel 2019 in seguto agli aggiornamenti OTA 16.1 e 16.2. Il ''serbatoio'' di energia che perde, ma anche una minore velocità di ricarica rapida CC nelle stazioni Supercharger. A essere interessati dalla querelle sarebbero gli esemplari di Tesla Model S e Model X con pacchi batteria da 85 kWh costruiti fino al 2016. A suo tempo, da Palo Alto risposero alle lamentele spiegando come l'obiettivo dell'aggiornamento fosse quello di ''proteggere la batteria e migliorarne la longevità'' e che l'intervento avrebbe potuto comportare una lieve perdita di autonomia per ''una piccola percentuale di proprietari''. A un manipolo di determinati ''vichinghi'', la spiegazione non è bastata. E dalle lamentele, si è passati alle lettere degli avvocati.