COUNTDOWN La deadline è quella del 31 dicembre. Sarà data spartiacque: dentro o fuori, non c'è via di mezzo. E tra un'ipotesi e quella opposta, corrono fiumi di denaro. A sole 15 settimane dalla fine del periodo di transizione della Brexit, i leader europei dell’industria automotive uniscono ora le forze nel chiedere che Gran Bretagna e Unione Europea si assicurino un accordo di libero scambio senza ulteriori posticipi. Perché in caso contrario, i danni sarebbero incalcolabili. Anzi, un calcolo è già stato fatto. Ed è tutt'altro che ottimistico.
CORO UNANIME ''I negoziatori di entrambe le parti - recita un comunicato congiunto di ACEA (Associazione europea dei costruttori di autoveicoli) e CLEPA (Associazione europea della componentistica automotive), insieme a 21 associazioni nazionali comprese l’associazione inglese dell’automotive (SMMT), l’associazione dell’industria automotive tedesca (VDA), il comitato dei costruttori di auto francese (CCFA) e la Plateforme automobile francese (PFA) - devono ora fare tutto il possibile per evitare un’uscita senza accordo al termine della transizione, che, secondo gli ultimi calcoli, costerebbe al settore pan-europeo dell’automotive qualcosa come 110 miliardi di euro di perdite a livello commerciale nei prossimi cinque anni, mettendo a rischio posti di lavoro in un settore che garantisce occupazione a 14,6 milioni di persone, cioè un posto di lavoro su 15 sia in UE che in UK. Al di là e al di qua della Manica, l'economia rischia un secondo devastante colpo, che andrebbe ad aggiungersi ai circa 100 miliardi di euro di valore della produzione persi finora, quest'anno, a causa della crisi dovuta al Coronavirus''.
CONSEGUENZE Senza un accordo al 31 dicembre, Unione Europea e Regno Unito sarebbero costrette a commerciare secondo le cosiddette regole non preferenziali dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), tra cui un dazio del 10% sulle auto e fino al 22% su veicoli commerciali leggeri e autocarri. ''Queste tariffe doganali - lamentano i rappresentati dell'industria -, molto più alte dei ridotti margini della maggior parte dei produttori - dovrebbero quasi certamente essere trasferite sui consumatori, rendendo i veicoli più costosi, riducendo le possibilità di scelta e incidendo sulla domanda. Inoltre, anche i fornitori automotive e i loro prodotti saranno colpiti da queste tariffe, che renderanno la produzione più costosa, oppure porteranno ad un aumento delle importazioni di componenti da altri Paesi competitivi.
LA PROPOSTA Il raggiungimento di un accordo di libero scambio tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea, con disposizioni specifiche per il settore automotive, viene dunque visto come fondamentale . ''Qualsiasi accordo - conclude ACEA - dovrebbe includere tariffe e quote zero, regole di origine adeguate sia per i veicoli con motore a combustione interna che per i veicoli ad alimentazione alternativa, oltre a componenti e propulsori, e un quadro regolatorio per evitare divergenze normative. E’ fondamentale che le imprese abbiano informazioni dettagliate sulle condizioni commerciali concordate che dovranno affrontare dal 1 gennario 2021, per potersi preparare. Questo, unito a un sostegno mirato e a un adeguato periodo di introduzione graduale che consenta un maggiore utilizzo di materiali stranieri per un periodo di tempo limitato, garantirà alle imprese la possibilità di far fronte alla fine del periodo di transizione''.