MICROCHIP, MACRO GUAI Non bastasse il Covid, ora anche altre grane si mettono in mezzo. Che in realtà, col Covid e la crisi produttiva e commerciale da esso indotta, sono strettamente imparentate. Si parla ormai da settimane del problema, che interessa tutti i Costruttori auto, degli approvvigionamenti di microprocessori, cioè di componenti tanto minuscoli, quanto essenziali per l'ecosistema elettronico dei nuovi modelli. Che come sappiamo, di elettronica si nutrono sempre più voracemente. Dal Gruppo Volkswagen a Stellantis, da Toyota a General Motors: tutti quanti in balia dei capricci della catena di fornitura di questi benedetti microchip. Ma anche della fornitura di acciaio e di materie plastiche, e hai detto niente. Una panoramica su cause e conseguenze.
LE RAGIONI Per farlo, riprendiamo il grido d'allarme della stessaAnfia, a testimonianza di come anche la filiera automotive italiana inizia a risentire dei disagi. Tra i fattori che Anfia ipotizza possano essere alla base di questa tendenza, in primis sarebbe ''l’assorbimento di grossa parte delle disponibilità mondiali di materia prima da parte della Cina'', cioè di un mercato che si trova, in questo momento, a dover integrare le scorte prima dell’ormai imminente chiusura per il Capodanno cinese. Sempre guardando all'Estremo Oriente, ''è probabile che contribuisca a determinare questo problema anche l’attuale indisponibilità di container, in numero insufficiente a causa di una ripresa generale del commercio oltre le aspettative in alcuni Paesi'', vedi la Cina stessa. Infine, cita Anfia, ''la precedente cancellazione, da parte degli operatori logistici, degli ordini di nuove unità nella prima metà del 2020, il periodo dei lockdown''. E nello specifico dei semiconduttori, ''il ridimensionamento dei volumi produttivi di un’azienda leader di settore nel Far East''.
GLI EFFETTI Sta di fatto che la carenza di offerta ha già costretto sia diverse Case auto, sia fornitori di primo livello, al fermo produttivo di alcuni stabilimenti in Europa. ''Laddove questa circostanza dovesse prolungarsi, il rischio - avverte Anfia - di un impatto negativo sulla filiera automotive europea in termini occupazionali è molto alto e andrebbe a sommarsi alle criticità già in essere in questa delicata fase di gestione della pandemia da Covid-19''. Traduzione: ritardi biblici nelle consegne di esemplari già ordinati dai clienti, cassa integrazione o addirittura licenziamenti per quanto riguarda il lato della produzione.
SOS ACCIAIO Microprocessi, dunque, ma anche altre materie prime. ''Sia per l’acciaio, sia per le materie plastiche, pur trovandoci di fronte ad un fenomeno che lo squilibrio tra domanda e offerta lasciava presagire già a fine 2020, a preoccupare - lamenta Anfia - sono le proporzioni acquisite nelle ultime settimane, in cui la scarsa disponibilità dei materiali in questione sta facendo pericolosamente allungare le tempistiche di consegna, in alcuni casi addirittura triplicate''. Nel caso dell’acciaio europeo, poi, ''si è assitito, tra giugno 2020 e gennaio 2021, ad aumenti di prezzo di oltre 300 euro a tonnellata, con previsioni che non sembrano in diminuzione''. Fondamentale allora, chiede a gran voce l'associazione, ''scongiurare il prolungamento delle misure di salvaguardia sulle importazioni di determinati prodotti di acciaio in UE, introdotte nel 2018 in risposta ai dazi USA e in scadenza il 30 giugno 2021''. Seguiremo gli sviluppi dell'ennesima complicazione di un settore che sta già stringendo i denti.