Dopo 28 anni di onorata carriera scompare una delle sportive made in England più amate e criticate della storia. Raggiunti circa 15mila esemplari costruiti, la Lotus Esprit va in pensione. Fu disegnata da Giorgetto Giugiaro negli Anni 70 ed è stata immortalata anche in alcune pellicole cult.
I suoi più accaniti estimatori, la ricorderanno in "costume" bianco mentre dopo un tuffo in acqua, fa due passi sulla battigia nelle mani dell’agente segreto più celebre al mondo, al secolo James Bond.
No, non stiamo parlando di Ursula Andress, frenate gli spiriti. Bensì, di una delle tante supercar sedotte e abbandonate dalla celebre spia al servizio di Sua Maestà. Una piccola parentesi della lunga carriera vissuta, tra alti e bassi, dalla Lotus Esprit.
Correva l’anno 1975 quando la prima Esprit assumeva le sembianze definitive. Quelle che ne avrebbero contraddistinto l’abito, pur con severe modifiche, per poco meno di un trentennio. Un’auto nata in un momento travagliato della Casa britannica - la crisi petrolifera si faceva sempre più strada - per mano però di un genio del design di casa nostra: Giorgetto Giugiaro.
Ora basta. E’ arrivata l’ora del meritato riposo. Ancora 50 esemplari destinati al mercato Usa e poi la pensione. A coronamento di una carriera senza dubbio lusinghiera per un’auto che ha fatto storcere il naso a tanti puristi al momento della nascita. Dov’era finito il tanto decantato teorema della "leggerezza" predicato da patron Colin Chapman?
Fino ad allora, erano state ben poche le Lotus a fermare l’ago della bilancia in zona 1.000 kg, e di quelle dimensioni. Certo, restavano la scocca in compositi e il telaio monotrave, ma il capitolo fondamentale della produzione della factory di Hethel, nelle campagne di Norwich, vacillava. E poi, quanta scomodità nonostante i 4,19 m di lunghezza e i 1,86 di larghezza. Il carattere, in principio, non era poi certo degno di una sportiva di razza…
Con un "cuore" di soli due litri a 4 cilindri e 16 valvole (la potenza erogata era di 160 CV), la prima Esprit aveva prestazioni e doti di guidabilità piuttosto deludenti. Tuttavia, quell’apparizione nella celebre pellicola "La spia che mi amava", le valse un ottimo successo anche nelle vendite Oltreoceano: 580 esemplari consegnati negli States nel 1977. Un record tuttora imbattuto dalla Casa inglese.
L’anno seguente segna il debutto della S2. Giusto per raddrizzare il tiro. Per farla piacere (e… andare) di più. I primi due esemplari vanno a due celebri piloti dell’epoca: Mario Andretti e Ronnie Peterson. Proprio i portacolori della "John Player Special" e della Lotus nella F1. Le prestazioni della Esprit migliorano di quel po’. A fine anno un’edizione speciale con i colori della monoposto di Andretti, viene presentata a Birmingham per celebrare il successo iridato del pilota italo-americano.
Altri due anni (siamo al 1980) e arrivano la 2,2 litri aspirata e turbo. La supercar, oltre che nelle forme - spuntano spoiler di qua e di là - acquista sostanza. La variante sovralimentata arriva a duecentododici cavalli, che le consentono di impiegare 5,6 secondi per scattare da 0 a 100 all’ora. Ma non è stato soltanto il motore a cambiare: debuttano pure un nuovo telaio, un retrotreno inedito e, appunto, un’aerodinamica più spinta.
Nel 1981 un’altra apparizione tra le mani di James Bond, in "Solo per i tuoi occhi" ribadisce il successo di questa sportiva. Le evoluzioni si susseguono negli anni (tra le altre, S3, SE, S4) e vedono lievitare ulteriormente la potenza (sino a 306 CV), insieme a prestazioni e prezzi del bolide ormai solo con "cuore" sovralimentato.
Bisogna attendere però il decennio seguente per decretare la raggiunta maturità. Ancora un’apparizione cinematografica sottolinea che la Esprit è iscrivibile di diritto a ruolo di starlette: nel 1990 un esemplare della berlinetta si fa ammirare nella pellicola "Pretty Woman". Al volante si alternano Richard Gere e la più abile Julia Roberts, che dà qualche lezione sull’utilizzo del… cambio.
La rivoluzione più importante nella saga della Esprit avviene però nel 1996, quando sotto il cofano posteriore viene trapiantato un potente motore V8 di 3,5 litri, abbinato a due turbine (la potenza supera i 350 CV, la velocità massima oltrepassa i 282 km/h). Siamo negli anni immediatamente dopo le grandi rivoluzioni.
La Lotus è appena passata dalle mani della GM a quelle dell’industriale italiano Romano Artioli prima di diventare proprietà dei malesi della Proton. Tutto questo accade quando un fiocco rosa, battezzato Elise, riporta la factory inglese a navigare in acque chete, grazie al ritorno alle origini: la "leggerezza".
Le casse si rimpinguano e si va avanti. Anche la Esprit, nonostante l’età, continua a essere prodotta. L’ultimo capitolo della sua storia è quello del restyling dello scorso anno, che ha reso ancora attuali gli ultimi esemplari prodotti di questa GT: il capo del design Lotus, Russell Carr, le dà un’ultima mano di vernice, proponendo la coda con fanalini tondi – tipo Elise – e il frontale che ribadisce qualche particolare della gloriosa Sport 350. Cosa di meglio come canto del cigno?
Di un’eventuale erede, ancora nulla è dato sapere. Il progetto "M250", rivelato nel 1999 al Salone di Francoforte, giace in qualche cassetto a prender polvere in quel di Hethel. Questione di budget, mormora qualcuno…