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Editoriale

"Case auto peggio dei colossi del petrolio". Un po' come dire che...


Avatar di Lorenzo Centenari, il 09/10/22

2 anni fa - Sullo studio che "smaschera" i dati reali sulla CO2 nel ciclo vita

Da industria auto più CO2 che da estrazione petrolio? Un commento
Qualche riflessione sullo studio che "smaschera" i dati reali sulle emissioni nel ciclo vita dei veicoli. Accanimento ecologista?

Il petrolio inquina, ma l'auto di più. Gli e-fuel? Un bluff. Di report su decarbonizzazione del settore auto e temi affini, la letteratura ormai abbonda. Alcuni studi sono tuttavia più singolari di altri: a catturare la nostra attenzione è stata, i giorni scorsi, una relazione a firma Transport & Environment, organizzazione che a chiamarla critica verso tutto ciò che non funzioni a batterie, rischi di commettere un errore per difetto. Talmente critica verso le auto, da preferire addirittura una categoria, le compagnie petrolifere, che nell'immaginario sono l''anti-green'' per definizione. Ma andiamo con ordine.

CO2 NEL MIRINO Confezionato da T&E in partnership con Legambiente, il rapporto (che trovate anche in formato PDF in calce all'articolo) ha come oggetto l''imbroglio'' che le Case auto giocherebbero al momento di dichiarare le emissioni nell'intero ciclo vita dei propri modelli, innescando quella che lo studio, rivolgendosi ai potenziali investitori, definisce una autentica ''bomba climatica a orologeria''. In estrema sintesi: le emissioni CO2 globali reali di un'auto sarebbero generate per il 98% dall'utilizzo anziché dalla produzione. Non solo: le stesse emissioni indirette che si verificano lungo l'intera catena del valore, dette anche emissioni di ''Scope 3'', supererebbero mediamente del 50% i volumi dichiarati, con Gruppo Stellantis (+149%), Hyundai-Kia (+116%), Gruppo BMW (+81%) a guidare l'elenco dei Costruttori meno virtuosi, ma con Toyota (+69%), Mercedes (+62%), Renault-Nissan-Mitsubishi (+61%) e Gruppo Volkswagen (+58%), a loro volta, bocciate senza appello.

UN GIOCO AL RIBASSO La discrepanza registrata da T&E deriva dal fatto che le emissioni totali rese note dalle Case auto verrebbero calcolate incrociando tra loro fattori come dimensioni del veicolo, luogo di utilizzo, durata media del ciclo di vita. Dati, sostiene il report, elaborati e raccolti secondo ''criteri discutibili e finalizzati a determinare numeri più bassi''. Viene citato l'esempio di BMW, le cui stime sulle emissioni medie dei propri veicoli si basano sull'ipotesi di una percorrenza lifecycle di non più di 150.000 km. ''Un dato che non corrisponde alla realtà'', lamentano T&E e Legambiente.

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OIL VS CAR E arriviamo così alla tesi ''choc''. Evidenzia la ricerca come in alcuni casi l’intensità di carbonio degli investimenti nelle aziende automobilistiche sia addirittura superiore a quella associata alle operazioni finanziarie nell'industria petrolifera. Ai prezzi odierni, ad esempio, un milione di euro investito nella Exxon Mobil finanzierebbe circa 2.000 tonnellate di CO2 equivalente, mentre dallo stesso importo diretto al settore auto uscirebbe un volume medio di oltre 4.500 ton., con picchi di 7.000 tonnellate per gli investimenti Honda e di quasi 10.000 ton. puntando su Alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi.

CORRERE AI RIPARI! In ultima analisi T&E, la cui ostilità - in un report immediatamente successivo, che commenteremo semmai in un'altra puntata - non risparmia nemmeno gli e-fuel (''nel 2035 potranno alimentare non più del 2% delle vetture europee'', titola lo studio), esorta gli asset manager di istituti bancari e fondi di investimento a ''disinvestire dai Costruttori che non hanno un piano aggressivo di riduzione delle emissioni''. Entro la fine del 2022 - riferisce Morningstar - circa il 50% di tutti i nuovi prodotti finanziari venduti sul mercato saranno basati su criteri ESG, ovvero ambientali, sociali e di governance: ''Possedere azioni, obbligazioni o prestiti col settore auto - avverte T&E - per il bilancio del carbonio degli investitori sarà un vero e proprio disastro”.

BUSINESS, NON ONLUS Giusto un paio di considerazioni. Pur riconoscendo agli autori del report la pazienza di raccogliere una miriade di dati e statistiche, e da essi riuscire a giungere a una conclusione a supporto di teorie di deindustrializzazione del settore auto, in favore di una idilliaca visione fatta di spostamenti a piedi, al massimo in e-bike o in monopattino, al tempo stesso non si può non invitare gli autori a riconoscere lo sforzo profuso dalle Case auto nell'obbedire ai ''diktat'' delle istituzioni, nell'ammettere implicitamente il proprio ruolo nel processo di riscaldamento del pianeta, infine convertire il proprio intero business in favore di una mobilità a basse emissioni. E in questo modo, spesso loro malgrado, avventurarsi in un percorso incerto, attirarsi l'antipatia di gran parte della propria clientela storica (che i soldi per un'auto elettrica non li possiede, ma che per raggiungere l'ufficio, all'auto non vorrebbe onestamente rinunciare), pagare in sostanza un prezzo non proporzionato alle proprie eventuali colpe climatiche. I Costruttori non sono Onlus, sono aziende il cui scopo primario è quello del profitto. Che va raggiunto in modo etico, d'accordo. E in questo senso, quanti passi avanti sono stati mossi? Questo accanimento non sarà forse eccessivo e sterile? Dove vogliamo andare a parare? 

METAFORICAMENTE Un'ultima riflessione, a più ampio spettro. Qualsiasi dato o insieme di dati, torturandolo abbastanza, finirà per supportare la tua causa. Proporre un parallelismo tra Costruttori auto e colossi del petrolio non è forse dissonante? Non è come dire che, investendo nell'industria dei dolciumi, non si contrastano diabete e malattie cardiovascolari, mentre investire nel settore della raffinazione dello zucchero è lievemente più coscienzioso? O che investire nelle piantagioni di tabacco sia più ''green'' che non nell'industria delle sigarette? Che senso ha? Per screditare l'auto, se ci si mette d'impegno, qualsiasi argomento o ragionamento - così sembra - torna buono.


Pubblicato da Lorenzo Centenari, 09/10/2022
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